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8 Ago

Le mostre da vedere quest’estate in Sardegna

Rende omaggio a una delle figure più rappresentative dell’arte del secondo Novecento italiano lo Spazio Ilisso di Nuoro, che ripercorre la carriera di Maria Lai, approfondendo anche il suo legame con il paese natale di Ulassai. In città c’è spazio anche per riflettere sul rapporto tra visione e percezione, tra arte e neuroscienza, al MAN. Mentre vale la pena spingersi fino a Nivoli per appassionarsi all’epopea americana di un’altra personalità chiave dell’arte sarda (e nazionale):Costantino Nivola. A Sassari riparte a pieno la programmazione culturale del Museo Sanna, che vede lo stilista Antonio Marras nel ruolo di curatore di un interessante progetto etnografico; mentre la Galleria Civica di Cagliari dedica una mostra alla figura della donna nell’immaginario degli artisti del Novecento sardo. E a Sant’Antioco si riflette sull’ingiustizia delle guerre. Questi e altri spunti per trascorrere le vacanze sull’isola tra mare e cultura.

Maria Lai, Trattato Borges, 1979, carta, stoffa, filo e foglie, ©Archivio Maria Lai by Siae 2022

1. MARIA LAI E L’ARTE DEL SECONDO NOVECENTO ALLO SPAZIO ILISSO
Dall’informale all’opera corale è il titolo della mostra cheSpazio Ilisso dedica alla personalità artistica di Maria Lai (Ulassai, 1919 – Cardedu, 2013), fino al 27 novembre. Una retrospettiva sull’artista sarda sostenuta dalla collaborazione con l’Archivio Maria Lai, la Fondazione Maria Lai, la Stazione dell’Arte di Ulassai e Magazzino Italian Art di New York, che ha reso possibile riunire a Nuoro una settantina di lavori fondamentali per comprendere il ruolo centrale di Lai nella storia dell’arte novecentesca. La sua prima personale, alla galleria L’Obelisco di Roma, nel 1956, apre un periodo di ripensamenti che la vede molto vicina al mondo della letteratura e della poesia dell’epoca, fino all’esposizione dei primi Telai (1971, alla galleria romana Schneider) che segneranno i suoi Anni Settanta in nome dell’Arte Povera. Gli Ottanta sono il momento chiave dello sviluppo di quell’arte relazionale, che, chiamando in causa i fruitori dell’opera, si sostanzia a partire dall’operazione corale Legarsi alla montagna (Ulassai, 1981), raccontata in mostra attraverso gli scatti di Piero Berengo Gardin e il video di Tonino Casula. Gli interventi di arte pubblica reiterati nell’ultimo decennio del XX secolo rinsaldano il legame dell’artista con il suo paese natale, trasformando Ulassai in un museo a cielo aperto. Allo Spazio Ilisso sono esposti i primi lavori polimaterici, i telai, le tele cucite e i pupi di pane caricati di un’aura sacrale; e ancora le pagine sciolte di un diario autobiografico e i libri cuciti.

Liu Bolin, Soft Drinks, 2013

2. SENSORAMA. IL PIACERE DELL’INGANNO AL MAN DI NUORO
Visione e percezione: come si relazionano l’una con l’altra? Sensorama, progetto in scena al MAN di Nuoro fino al 30 ottobre, a cura di Chiara Gatti e Tiziana Cipelletti, indaga gli inganni dello sguardo ripercorrendo un secolo di storia dell’arte, da Magritte alla realtà aumentata. Nel 1957, il regista statunitense Morton Heilig ideava la macchina ribattezzata Sensorama, con l’obiettivo di testare esperienza sinestetiche nel suo cinema d’esperienza; e a questo approccio si ispira la mostra del MAN, che esplora la complessità dei fenomeni cognitivi a confronto con opere d’arte e materiali audiovisivi (tra cui film del passato), chiamando in causa le neuroscienze. Fino a evidenziare il piacere dell’inganno, secondo lo schema quanto mai radicato che fa dell’illusione la nostra realtà. Il progetto è figlio dei tempi che stiamo vivendo (la pandemia, l’interruzione forzata delle relazioni, il ricorso crescente alla realtà virtuale), ispirato però da riflessioni che da sempre affascinano il mondo intellettuale e quello dell’arte. Si passa così dalle provocazioni di Magritte alle tavole ottico-cinetiche di Alberto Biasi, alle sperimentazioni di Marina Apollonio sulla fruizione dello spazio, fino ai trompe-l’oeil umani di Liu Bolin. C’è spazio anche per il cinema, in quanto “fabbrica delle illusioni”, da George Méliès ai lavori influenzati dalle avanguardie artistiche. Tra le installazioni site-specific, l’opera di Felice Varini, la stanza magica di Denis Santachiara e la grotta di libri di Marco Cordero.

3. COSTANTINO NIVOLA, OLIVETTI E NEW YORK
C’è tempo ancora fino al 29 agosto per visitare la mostra (Nivola & New York. Dallo showroom Olivetti alla Città incredibile) che il Museo Nivola di Orani dedica al rapporto dell’artista sardo con gli Stati Uniti, dove emigrò nel ‘39 perché antifascista. Oltreoceano, lo scultore avrà modo di collaborare con i più importanti esponenti del Modernismo, e sarà figura chiave per le relazioni tra Italia e America. Snodo centrale fu, nel 1954, il rilievo per lo showroom Olivetti di New York sulla Fifth Avenue, realizzato dallo studio BBPR: la vicenda, che diede slancio all’architettura italiana nel Dopoguerra, è indagata in mostra attraverso una ricostruzione fedele in scala 1:1 dello spazio, resa possibile da tecnologie di visual computing, stampa 3D e di videomapping. Lungo 23 metri e alto 5, il monumentale fregio semiastratto di Costantino Nivola (Orani, 1911 – New York, 1988), eseguito con la tecnica del sand casting, era l’elemento centrale di un’installazione che simboleggiava il cielo, il mare e la spiaggia mediterranei. Dopo la chiusura del negozio Olivetti nel 1969, fu ricollocato nel 1973 nello Science Center dell’Università di Harvard, per volontà dell’architetto Josep Lluís Sert. L’esposizione procede in ordine cronologico fino al progetto per la Combined Police and Fire Facility del 1984, passando per l’operazione urbanistica della Stephen Wise Recreation Area, che negli Anni Settanta vide Nivola coinvolto nell’Upper West Side, all’opera su un grande graffito murale, delle sculture, una fontana e un playground con un gruppo di cavallini in cemento stilizzati (ricreati dalla designer Monica Casu nel parco del museo di Orani). In mostra anche disegni e dipinti dell’artista ispirati da New York.

Regina José Galindo, La Sombra, 2017 Palais Bellevue ©ReginaJoséGalindo

4. L’INGIUSTIZIA DELLA GUERRA SULL’ISOLA DI SANT’ANTIOCO
Sulla punta più a nord dell’isola di Sant’Antioco, il borgo di Calasetta accoglie una collettiva che riunisce artisti impegnati sul fronte politico e sociale. Dolce è la guerra per chi non l’ha vissuta è la mostra a cura di Efisio Carbone promossa da Fondazione MACC in collaborazione con Prometeo Gallery Ida Pisani, visitabile fino al 25 settembre presso il Museo di Arte Contemporanea dell’isola. Il progetto ha coinvolto autori come Filippo Berta, Zehra Doğan, Regina José Galindo, Edson Luli, Rosanna Rossi e Santiago Sierra, i cui lavori dialogano qui con le opere provenienti dalla Collezione Alpegiani di Torino (da Rosanna Rossi a Eva Fischer). Il titolo traduce il motto attribuito allo scrittore dell’Antica Roma Vegezio – “dulce bellum inexpertis” – per stigmatizzare prese di posizione tranchant sulla necessità delle guerre che tuttora continuano a stravolgere il mondo. Perché la guerra giusta, come sosteneva Erasmo da Rotterdam nei suoi Adagia, semplicemente non esiste. Si riflette su questo assunto davanti ai video di Filippo Berta (Homo Homini Lupus del 2011 e Gente Comune del 2021), o al cospetto dei dipinti sulla femminilità “armata” di Zehra Doğan, e con le fotografie di Regina José Galindo, che esplorano le discriminazioni di genere e razziali. In esposizione anche le Rose (2007) di Maria Lai e Le Parche di Carol Rama.

Daniela Frongia, Un altro luogo, 2022, Organica Museo di Arte Ambientale

5. IN VISITA AL MUSEO DI ARTE AMBIENTALE AL PARCO DI LIMBARA
Non distante da Tempio Pausania, il Parco di Limbara accoglie da qualche tempo un Museo di Arte ambientale, inaugurato nell’estate 2021. Le attività espositive, nel bosco di Curadureddu e negli spazi del CEDAP, si raccolgono sotto il cappello del progetto curatoriale Organica, diretto da Giannella Demuro. Le novità dell’estate 2022 sono l’installazione Un altro luogo di Daniela Frongia (San Gavino Monreale, 1981) e la personale della fotografa e psicoanalista tedesca Annemarie Kroke (1947), intitolata Specchi d’acqua. La prima invade lo spazio interno del museo con una trama di fili in cotone, che escono all’esterno, a circondare l’edificio. La seconda espone scatti che indagano l’acqua, la vita che ospita, i riflessi che genera in superficie

6. SULLE TRACCE DI CLEMENTE, CON ANTONIO MARRAS A SASSARI
Nel giugno 2021, la riapertura del Museo Nazionale Archeologico ed Etnografico Giovanni Antonio Sanna di Sassari era propiziata dalla mostra Sulle tracce di Clemente, a cura dello stilista e designer algherese Antonio Marras. Di fatto nuova linfa per la sezione etnografica del museo, con l’inedito allestimento nel Padiglione Clemente (dal nome dell’ebanista sassarese Cav. Gavino Clemente, che donò il primo nucleo della collezione) di una selezione dell’immenso patrimonio di abiti, vestiti, gioielli, manufatti artistici conservati dall’istituto. In dialogo, in occasione della mostra, con reperti archeologici e opere di arte moderna e contemporanea. Operazione che ha avuto successo, e continua ad accogliere visitatori, dopo la proroga della mostra fino al prossimo 30 settembre. Lungo il percorso narrativo immaginato da Marras per muoversi avanti e indietro tra passato e presente, si è accompagnati dalle musiche di Paolo Fresu e dalle voci dei più importanti esponenti del mondo letterario sardo contemporaneo, da Elvira Serra a Bianca Pitzorno e Marcello Fois. Le altre aree del Museo Sanna, oggetto di un approfondito ripensamento degli spazi, hanno riaperto al pubblico lo scorso 3 agosto, restituendo alla città di Sassari un polo culturale strategico.

7. SASSARI FUCINA DI ARTE CONTEMPORANEA

Pino Squintu, Tardo pomeriggio, 1992

Si concentra sull’evoluzione della scena artistica contemporanea locale la mostra promossa dalla Pinacoteca Nazionale di Sassari, visitabile fino al prossimo 9 ottobre. Ritorno al futuro. Avanguardie artistiche a Sassari alla fine del XX secolo è un percorso che coinvolge dodici artisti (per circa quaranta opere) per esplorare la giovane arte sassarese, capace di guidare un rinnovamento espressivo che nell’ultimo scorcio del XX secolo ha finito per influenzare l’intera scena sarda. Obiettivo comune: superare il folclorismo che troppo a lungo ha costretto la creatività sarda alla reiterazione di modelli stanchi e anacronistici. In mostra lavori di Danilo Sini, Josephine Sassu, Pier Giovanni Deliperi, Giorgio Urgeghe, Pino Squintu, Pastorello, Leonardo Boscani, Marco Moretti, Aldo Tilocca, Pinella Marras, Gianni Nieddu e Giulia Sale.

8. I RITRATTI DI ANNA CABRAS BRUNDO A CAGLIARI
Nota principalmente come scultrice, Anna Cabras Brundo (Cagliari 1919-2008) si è dedicata anche alla pittura, con particolare interesse per il genere del ritratto, realizzato su commissione su grandi tele a olio dall’impostazione formale, o in quadretti più intimi e sperimentali che immortalano gli affetti familiari. A questa produzione si aggiunge quella, intensa, degli autoritratti. Si concentra sul tema la mostra Volti riflessi, al Centro Comunale d’Arte e Cultura Il Ghetto di Cagliari fino al 2 ottobre. Curata da Marta Cincotti e Simone Mereu, l’esposizione mette in relazione i lavori dell’autrice con una serie di autoritratti di artisti contemporanei sardi, da Francesco Amadori a Giulia Baita, Mariano Chelo, Francesco Cogoni, Giorgio Corso, Mara Damiani, Simone Dulcis, Maria Grazia Medda e molti altri.

Stanis Dessy, Zia Remondicca, 1928, Collezione Sarda, Galleria Comunale d’Arte di Cagliari

9. LA DONNA VISTA DAGLI ARTISTI SARDI DEL XX SECOLO
Madre, contadina, santaLa donna sarda vista dagli artisti attivi sull’isola nel primo Novecento è protagonista del progetto esposto alla Galleria Comunale d’Arte di Cagliari fino all’11 settembre. Sono una cinquantina le opere selezionate dalla curatrice Tiziana Ciocca per tracciare l’evoluzione dell’immaginario legato alla figura femminile nel corso del XX secolo. Tra queste, lavori di Biasi, Delitala, Dessy, Mura, Ciusa, Romagna, Melis, Marini, Marras. Ne emerge l’immagine di una donna idealizzata, talvolta confinata in stereotipi e ruoli tradizionali di cui ha dovuto farsi carico. Quelle rappresentate sono donne che praticano mestieri a loro riservati, panificano, pregano o sono colte in contesti di socializzazione. A partire da La madre dell’ucciso, scultura presentata da Francesco Ciusa alla Biennale di Venezia del 1907.

Livia Montagnoli

Da Artribune

 

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