Dopo il successo delle monografiche dedicate a Eve Arnold e Dorothea Lange, la mostra estiva di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia ha come protagonista un’altra grande fotografa, l’americana Margaret Bourke-White (dal 14 giugno al 6 ottobre 2024). Nel corso della sua carriera Bourke-White ha collezionato numerosi podi, dalla copertina del primo numero della leggendaria rivista “LIFE”, fino agli iconici ritratti a Stalin e a Gandhi. La sua importanza non è tuttavia da ricercarsi solamente nel suo essere stata la ‘prima’, superando con determinazione barriere e confini di genere, ma piuttosto nell’altissima qualità delle immagini da lei realizzate, in grado di raccontare la complessa esperienza umana attraverso le pagine dell’editoria popolare.
Le trasformazioni del mondo sono il cuore della ricerca entusiasta e incessante di Bourke-White. Nata a New York nel 1904, studia biologia alla Columbia University e frequenta per alcune settimane il corso di fotografia tenuto da Clarence H. White. Trasferitasi alla Cornell University, inizia a vendere le fotografie che realizza all’interno del campus per mantenersi durante gli studi. Nel 1926 si stabilisce a Cleveland e apre un piccolo studio fotografico. Di giorno immortala architetture e giardini, guadagnando il necessario per comprare attrezzature e materiali che utilizza di notte per ritrarre le grandi acciaierie della città. Nel 1929 l’editore Henry Luce la invita a New York per contribuire alla nascita della rivista illustrata “Fortune”. Da questo momento la carriera di Bourke-White è in continua ascesa: pubblica celebri reportage sulle industrie americane e viaggia in Unione Sovietica per documentare lo sviluppo del piano quinquennale, promosso da Stalin per trasformare il paese in una grande potenza industriale.
In questo periodo si stabilisce in uno degli ultimi piani del Chrysler Building: in una delle immagini più note che la ritraggono è accovacciata su uno dei grandi gargoyle dell’edificio mentre, senza nessuna protezione, fotografa dall’alto il brulichio della città sottostante.
Il 23 novembre 1936, con una tiratura di 380.000 copie, esce il primo numero di “LIFE”. La copertina è di Bourke-White e ritrae la diga di Fort Peck, in Montana. Il suo stile si adatta perfettamente agli intenti propagandistici della rivista, il cui scopo sottinteso è annunciare al mondo la riuscita del New Deal e con essa la rinascita degli Stati Uniti. I suoi scatti di questo periodo sono una delle più significative testimonianze del trionfo della cosiddetta “età delle macchine”, e le valgono al contempo la fama di fotografa eroica, disposta ad accettare ogni condizione e ogni pericolo pur di portare a casa una buona immagine.
Nel 1936 pubblica anche il libro fotografico “You Have Seen Their Faces” con i testi del marito, lo scrittore Erskine Caldwell, denunciando la situazione di povertà e di segregazione razziale del Sud degli Stati Uniti.
Durante la Seconda guerra mondiale realizza reportage in Unione Sovietica, nel Nord Africa, in Italia e in Germania, seguendo l’entrata delle truppe statunitensi a Berlino e documentando gli orrori dei campi di concentramento. Dopo una carriera di reportage indimenticabili, nel 1957 è costretta ad abbandonare la fotografia a causa dei sintomi del morbo di Parkinson, dedicandosi alla scrittura della sua autobiografia “Portrait of Myself”, pubblicata nel 1963. Nel 1971 muore a causa delle complicazioni dovute alla malattia.
La mostra, curata da Monica Poggi, si compone di 150 immagini in grado di raccontare il lavoro e la vita straordinaria di Bourke-White, e presenta anche una ricca selezione delle riviste su cui sono apparsi i principali servizi da lei realizzati. In quest’occasione verrà pubblicato anche un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore.
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