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6 Giu

L’arte della moda al Museo Civico San Domenico di Forlì

La moda dipinta, ritratta, scolpita, realizzata dai grandi artisti. L’abito che modella, nasconde, dissimula o promette il corpo. L’abito come segno di potere, di ricchezza, di riconoscimento, di protesta. Cifra distintiva di uno stato sociale o identificativa di una generazione. La moda come opera e comportamento. L’arte come racconto e come sentimento del tempo.

Come in uno specchio, l’esposizione forlivese del 2023 mette in rapporto l’arte con la moda: dalla Rivoluzione Francese alla Pop Art, fino alla nostra contemporaneità. Oltre 200 capolavori d’arte e 100 abiti dialogano in una mostra imponente, con un allestimento unico al Museo Civico San Domenico di Forlì fino al 2 luglio 2023.

Ritratto della Signora Speranza - 1899, olio su tela. Collezione privata - Courtesy Enrico Gallerie d'Arte - Giovanni Boldini

Ritratto della Signora Speranza – 1899, olio su tela. Collezione privata – Courtesy Enrico Gallerie d’Arte – Giovanni Boldini

La sintesi tra opera d’arte e moda l’ha definita Oscar Wilde: «O si è un’opera d’arte o la si indossa». Tutta l’arte ha sottolineato l’intimo legame che da sempre c’è con la moda, entrambe sono unite dalla volontà di riformare la natura e trasformare il reale.

Abito da giorno “Linea Assira” - 1961,shantung di seta.
Collezione privata, courtesy Archivio Germana Marucelli
 - Germana Marucelli

Abito da giorno “Linea Assira” – 1961, shantung di seta.Collezione privata, courtesy Archivio Germana Marucelli – Germana Marucelli

Se il legame tra abito e ruolo sociale è proprio di tutte le civiltà organizzate, il principio di cambiamento costante della moda è l’effetto di un lungo processo storico e segna l’avvio della modernità. Mostrare i segni della ricchezza e del potere, farsi vedere ed essere visti assume già con l’Ancien Régime e poi, con le Rivoluzioni nell’età borghese, un significato programmatico e comunicativo. La moda si colloca al centro del potere e della sua comunicazione, della società e dei suoi segni simbolici. Sinonimo di lusso e seduzione, essa è specchio delle contraddizioni contemporanee, travestimento e arte dell’apparire, ma anche maschera e riflesso della crisi dell’io.

Ritratto di Adolfo Belimbau - 1897,olio su tela.
Courtesy Società di Belle Arti, Viareggio
 - Vittorio Corcos

Ritratto di Adolfo Belimbau – 1897,olio su tela.Courtesy Società di Belle Arti, Viareggio – Vittorio Corcos

Cambiano gli stili e cambiano i materiali. Si aprono nuove produzioni. La ricerca dei materiali rivoluziona il mondo produttivo e quello commerciale fino alle attuali soluzioni tecnologiche. E con la diffusione cambiano i linguaggi e la comunicazione.

Ma è proprio la diffusione della moda che crea socialmente e culturalmente quella sua caratteristica bipolare che la caratterizzerà di lì in poi. Si tratta di elementi qualificanti che nelle forme dello stile sottolineano continuamente il passaggio tra trasgressione e omologazione, rottura e consenso, lineare e sontuoso, policromo e monocromo, natura e artificio, organico e inorganico, superfice e profondità, differenza e identificazione, per riprendere alcune delle antinomie di pensatori come Georg Simmel e Walter Benjamin.

 

L’arte ne è lo specchio e l’ispirazione, l’espressione e la diffusione dei modelli. Spesso la creazione stessa. Dalla fine dell’Ottocento e per tutto il Novecento il rapporto tra artisti e moda si fa più intenso: artisti che oltre a ritrarre l’eleganza, disegnano abiti e gestiscono la comunicazione della moda, stilisti che collezionano opere d’arte e ne fanno oggetto di ispirazione o il simbolo della propria contemporaneità.

Tirassegno - 1958,décolleté in camoscio e applicazioni in capretto.
Firenze, courtesy Museo Ferragamo
 - Salvatore Ferragamo

Tirassegno – 1958, décolleté in camoscio e applicazioni in capretto.Firenze, courtesy Museo Ferragamo – Salvatore Ferragamo

Il rapporto tra arte e moda va da quel momento incrementandosi in un gioco delle parti che porterà la moda stessa a diventare un’arte, uno sguardo sulle cose del mondo come la filosofia, la letteratura, il cinema, e a ispirarsi all’arte stessa, in rimandi che dal secondo Novecento fanno dell’intera storia dell’arte, un riferimento costante, imprescindibile, soprattutto per il made in Italy.

Come ha sostenuto Mondrian, “La moda non è soltanto lo specchio fedele di un’epoca, bensì anche una fra le espressioni plastiche più dirette della cultura umana”.

Gilet - Panciotto di Marinetti - 1923 - 1924,tarsia di stoffe colorate in panno di lana.
Torino, Collezione Ugo Nespolo
 - Fortunato Depero

Gilet – Panciotto di Marinetti – 1923 – 1924,tarsia di stoffe colorate in panno di lana.Torino, Collezione Ugo Nespolo – Fortunato Depero

Ideata e realizzata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì in collaborazione con il Comune di Forlì e il Museo Civico San Domenico, la mostra diretta da Gianfranco Brunelli e curata da Cristina Acidini, Enrico Colle, Fabiana Giacomotti e Fernando Mazzocca, si avvale altresì del lavoro del prestigioso comitato scientifico presieduto ad honorem da Antonio Paolucci e composto da Marco Antonio Bazzocchi, Silvia Casagrande, Simona Di Marco, Fabriano Fabbri, Mario Finazzi, Gioia Mori, Francesco Parisi, Paola Refice, Giorgio Restelli, Stefania Ricci, Ines Richter, Chiara Squarcina, Ulisse Tramonti.

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