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24 Set

Ciammarughi, non si può vivere senza musica

Acuto, eppure sensibilissimo. Luca Ciammarughi è un meraviglioso pianista, un intellettuale libero e un raffinato curiosone. Concertista, conduttore radiofonico su Radio Classica, autore di saggi ha pubblicato “Gli indispensabili: 30 capolavori per pianoforte da ascoltare almeno una volta nella vita” (Ponte alle Grazie). L’eclettico artista racconta «Suono in pubblico con continuità da più di 20 anni: ciò richiede studio costante, ma non mi ritengo un “pianista puro”. Suonare è la cosa che amo maggiormente: suonando esprimo la mia anima».

Bambino come si sarebbe immaginato da grande?

«Ero un bimbo sereno e nostalgico, con la tendenza a guardare al passato più che al futuro. Non sognavo una professione precisa, ma adoravo leggere, scrivere. La musica è venuta dopo, anche se sentivo qualcosa che “cantava dentro me”: melodie interiori che creavo senza esternarle».

E poi cos’è successo?

«Fino ai 25 anni sono stato incerto fra la strada letteraria e quella musicale. Poi l’imprevisto: ho iniziato a fare radio. L’essere ogni giorno in diretta ha spezzato la timidezza che m’inibiva anche nella vita, ho iniziato a esternare ciò che avevo tenuto a lungo nascosto e a vivere più nel presente».

Quando ha capito che sarebbe stato un pianista?

«Dopo il diploma di pianoforte, il mio maestro Paolo Bordoni, sempre esigentissimo, mi disse “chapeau” per l’esecuzione della “Sesta Partita” di Bach: ho sentito che dovevo continuare. Le reazioni positive della critica al mio primo cd, in cui temerariamente avevo inciso la “Sonata D 960” di Schubert, mi hanno molto rassicurato. ».

Ripensamenti?

«No. Ma vorrei dedicare maggior tempo alla scrittura, e più avanti affrontare la narrativa, oltre alla saggistica».

Come ha selezionato i brani suggeriti ne “Gli indispensabili”?

«In parte istintivamente, ma soprattutto per il loro ruolo nella storia del pensiero e della società».

Davvero, secondo lei, non si può vivere senza musica classica?

«Senza musica in generale. Mi affascina il mondo degli aborigeni australiani raccontato da Chatwin nelle “Vie dei canti”: per loro, le cose – quell’albero, quella roccia – non sono definite da una parola ma da una melodia. Il canto crea il mondo. La nostra società relega la dimensione musicale a “piacevole accessorio”; anche se siamo circondati da musica, rischiamo di perdere la sensibilità uditiva in favore di quella visiva. L’eccesso di musica causa un’assuefazione dannosa. Non sopporto le colonne sonore pervasive. Malle in “Au revoir les enfants”, inserisce pochi minuti musicali che diventano lancinanti per la connessione con la fotografia e l’azione, li ascolti e non li dimentichi più: è il secondo dei “Moments musicaux” di Schubert».

Perché la classica in Italia è poco ascoltata?

«Per ragioni culturali. Toscanini raccomandò al giovane Gian Carlo Menotti di andare a studiare in America perché da noi c’era troppo provincialismo (e si parlava di Milano!). L’Italia ha sempre brillato per individualità, per l’abbondanza d’artisti e organizzatori geniali, eppure a livello popolare, a parte la lirica, la classica non ha mai avuto successo. Sicuramente un certo culto del divertimento facile e immediato, trionfante negli anni Ottanta, ha peggiorato la situazione. La musica classica richiede introspezione e lunghi tempi di “assimilazione” interiore».

Quanto l’essere scrittore dà all’interpretazione e viceversa?

«Dà e toglie. Per scrivere saggi bisogna studiare, documentarsi, imparare cose nuove: questo è linfa anche per l’esecutore. Talvolta, però, riflettere troppo sull’interpretazione può far perdere freschezza. Al pianoforte non voglio dimostrare di aver ragione o convalidare una teoria estetica. Amo la fisicità del suonare: per me è una specie di atto erotico, con una componente irrimediabilmente irrazionale».

Se potesse esibirsi davanti a un pianista del passato da chi vorrebbe essere ascoltato?

«Dino Ciani, per la sua apertura mentale e umanità».

Il prossimo progetto?

«“PianoSofia”, festival di musica e pensiero di cui sono direttore artistico con Silvia Lomazzi, (nda alla Casa degli Artisti di Milano 2-11 ottobre 2020). Inaugura il grande pianista francese Jean-Marc Luisada; ci saranno anche importanti filosofi, come Carlo Sini. La musica, oltre a essere un piacere sensibile, è legata al nostro modo di pensare e “sognare” una diversa società».

 

Chi è. Ha studiato pianoforte presso il Conservatorio Verdi di Milano, diplomandosi con il massimo dei voti e la lode nella classe di Paolo Bordoni e ottenendo poi, con menzione d’onore, il diploma accademico in musica vocale da camera nella classe di Stelia Doz. Come pianista concertista ha suonato per il Festival dei Due Mondi di Spoleto, Mito Settembre Musica, Taormina Arte, La Verdi, Mantova Chamber Music Festival, Società dei Concerti di Milano, Spoleto Festival USA di Charleston, Festival Guadalquivir in Spagna, European Union Youth Orchestra, Salle Cortot di Parigi, Piano City Milano e molte altre istituzioni. Le sue incisioni delle Sonate D 894 e D 960 di Schubert hanno ricevuto il plauso unanime della critica. È stato più volte ospite a Radio Tre Rai, eseguendo in diretta un ampio repertorio, da Rameau fino a Reynaldo Hahn. Da dieci anni è quotidianamente in onda su Radio Classica: la sua trasmissione “Il pianista” è divenuta un riferimento nel panorama divulgativo italiano. Collaboratore della rivista Musica, è inoltre direttore editoriale del network ClassicaViva. Ha scritto trenta voci per la Guida alla musica da concerto di Zecchini Editore e ha pubblicato per LIM di Lucca il volume monografico Le ultime sonate di Schubert – Contesto Testo Interpretazione, oltre a saggi sulla liederistica di Schumann e le mélodies di Poulenc e Debussy. Ha composto le musiche per i cortometraggi Elsa’s kitchen e Anna e Marcel, proiettati al Centre Pompidou di Parigi.

Grazia Lissi, fotografa e giornalista, inizia a lavorare a Parigi, effettuando reportage e ritratti di personaggi, attori, scrittori, artisti. Sue le foto del libro Diario di bordo di Vasco Rossi (Mondadori). Ha realizzato la mostra fotografica e il volume L’ora della luce. La preghiera dei monaci (Ancora). Con il biblista Bruno Maggioni ha pubblicato il libro Solo il necessario. Per Longanesi ha pubblicato Il coraggio di restare. Storie di imprenditori italiani che ancora scommettono sul nostro Paese, vincitore premio Circolo dei Lettori al Premio Biella Letteratura Industria 2016. Collabora con diversi periodici e con Qn-Il Giorno, Treccani Atlante, ilsole24ore.com. È nata a Como dove vive.

 

In copertina: Luca Ciammarughi (foto di Grazia Lissi)

 

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