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18 Mag

I promessi sposi: itinerario di gusto tra Lecco, Milano e Monza

I promessi sposi raccontano una storia che è anche un itinerario. Quello di due giovani che, separati, percorrono strade diverse per poi tornare a incontrarsi, e quindi tornare al proprio lago. L’azione si svolge, fondamentalmente tra Milano e Lecco, con una piccola deviazione oltre l’Adda, verso Est. Un itinerario semplice da seguire, da ripercorrere cercando quell’ingenua meraviglia con cui Renzo ammira Milano. Tutta la città oggi è una «gran macchina», non solo il Duomo, ed è cuore di una regione sempre più all’avanguardia, che però conserva tesori di paesaggio, di storia e di sapore da scoprire e riscoprire, a partire da quelli racchiusi sulle sponde dei suoi laghi. Forse anche per questo la gita nei “luoghi manzoniani” è un classico per i lombardi e per chiunque voglia immergersi nelle atmosfere del romanzo. Proviamo a seguire i due promessi sposi, ricreando un itinerario fatto di cose da vedere, certo, ma anche da assaporare.

Itinerario manzoniano: sulle orme di Renzo e Lucia, ristoranti compresi

«Quel ramo del lago di Como». L’incipit più conosciuto della prosa italiana è un’indicazione geografica. E un percorso lungo i luoghi descritti dal romanzo non può che partire da qui, da «quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi». Non ci sono parole migliori di quelle del Manzoni per descrivere il punto in cui il lago di Lecco torna a essere fiume «e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni». Qui inizia la storia, e qui inizia il nostro itinerario tra luoghi manzoniani e ristoranti.

A Lecco c’è tanto da vedere per gli appassionati di Manzoni. Si parte con la casa di Lucia o, meglio, con le case di Lucia, perché sono due i luoghi identificati come possibili abitazioni della protagonista: uno a Olate e uno ad Acquate. Quest’ultima ospita oggi un’osteria, dove è possibile mangiare piatti tradizionali calandosi interamente nel tessuto del romanzo. Ad Olate si trova anche l’edificio identificato come il Palazzotto di don Rodrigo, il cui aspetto, rispetto alla struttura secentesca, è stato modificato significativamente nel Novecento. La tradizione attribuisce poi alla chiesa dei Santi Vitale e Valeria ad Olate il ruolo di “chiesa di don Abbondio”, quella in cui Renzo e Lucia finalmente si sposano, ma anche in questo caso l’identificazione è contesa, questa volta con la duecentesca chiesa di San Giorgio Martire ad Acquate.

Si va sul sicuro, invece, quando si parla del convento di fra Cristoforo. In questo caso le indicazioni sono molto precise: «Il sole non era ancor tutto apparso sull’orizzonte, quando il padre Cristoforo uscì dal suo convento di Pescarenico, per salire alla casetta dov’era aspettato. (…) Il convento era situato (e la fabbrica ne sussiste tuttavia) al di fuori, e in faccia all’entrata della terra, con di mezzo la strada che da Lecco conduce a Bergamo». Andiamo dunque a visitare la chiesa dei santi Lucia e Materno: dell’antico convento di Cappuccini restano solo tracce, nel cortile e sul portico.

Del resto chi cerca le tracce di I promessi sposi non può non dedicare una tappa a Pescarenico,  «una terricciola, sulla riva sinistra dell’Adda, o vogliam dire del lago, poco discosto dal ponte: un gruppetto di case, abitate la più parte da pescatori, e addobbate qua e là di tramagli e di reti tese ad asciugare». Quello del lago, su entrambe le sponde, è ancora un “piccolo mondo antico” dove, nella bellezza del paesaggio, la tradizione sopravvive nei gesti della vita quotidiana. Forse non vedremo più le reti dei pescatori stese ad asciugare, ma la cultura della pesca sopravvive nella tradizione, soprattutto in quella culinaria: risotto con il pesce persico, lavarelli alla salvia, patè di cavedano, trote grigliate, alborelle fritte o in carpione. Sono tra i piatti tipici della zona, senza dimenticare i caratteristici “missoltini”, agoni salati, essiccati e pressati nella misolta, il barile, serviti con l’immancabile polenta.

Un indirizzo sicuro dove provare non solo il pesce di Lago, ma anche gli altri piatti tipici, i formaggi delle valli e i vini del territorio è l’Osteria Sali e Tabacchi a Mandello. Non si può lasciare il lago senza aver visitato Villa Manzoni, casa di famiglia dello scrittore, dove oggi ha sede il Civico Museo manzoniano. E dopo aver scoperto il fascino del lago dobbiamo, come Lucia, dire addio ai monti, che nelle sue acque si specchiano, e continuare il nostro viaggio.

Tappa obbligata è il castello dell’Innominato, a una manciata di chilometri da Lecco, a Vercurago: i resti della roccaforte dominano un paesaggio mozzafiato.

Punto di passaggio tra la campagna e la grande città, Monza segna una svolta narrativa nel romanzo, ed è il luogo dove le strade dei due promessi sposi si separano. Arrivati in questo «borgo antico e nobile», Renzo, Lucia e Agnese si fermano in un’osteria per rifocillarsi e riposare, quindi Renzo si separa dalle donne e si avvia verso Milano. Madre e figlia, seguendo le indicazioni di fra Cristoforo, vanno al convento dei Cappuccini: dove sorgeva il monastero, oggi si trova solo una targa in cui si legge «Questo luogo già convento dei Cappuccini fu immortalato dall’arte di I promessi sposi. Rifugio di deboli, difesa di oppressi, esaltazione di umili su prepotenze e tempi vindice la benefica fede ai trionfi avvezza». Ma soprattutto Monza è legata, nell’immaginario di tutti alla Signora, suor Virginia Maria, la Monaca di Monza. La vicenda è nota a tutti. Meno noto è il luogo dove il dramma si è consumato: l’antico monastero di Santa Margherita, risalente al XIII secolo, è stato in larga parte demolito, sostituito via via da altre costruzioni, ma restano la chiesa, oggi San Maurizio, adiacente il convento, e la piazzetta che conserva il nome del precedente complesso. Rimane anche il portone che si apriva sul convento e che oggi introduce in un edificio privato.

Se i protagonisti del libro si sono ristorati in un’osteria di Monza, a maggior ragione chi visita la città oggi si potrà concedere una pausa gastronomica in uno dei tanti locali della città. Indirizzo consolidato è il Derby Grill, dove gustare piatti creativi o classici locali come il risotto con la luganega, la tipica salsiccia monzese. Luganega che si può gustare in versione hot dog anche a Il Circolino by Sadler: gli amanti delle tipicità potranno scegliere il menù degustazione C’era una volta Il Circolino.

La Monaca di Monza olio su tela Giuseppe Molteni

La Monaca di Monza, olio su tela, Giuseppe Molteni Molteni Motta/Getty Images

Il nostro tragitto segue quello di Renzo e arriviamo a Milano. Un luogo da visitare è la chiesa di San Fedele: si trova nel cuore della città, a due passi dal Duomo e da piazza della Scala, accanto a quello che oggi è considerato il retro di Palazzo Marino, ma che in origine ne era la facciata. Lì, al piano nobile della sede municipale, lungo il corridoio che conduce all’ufficio del sindaco, nacque Marianna de Leyva y Marino, divenuta suor Virginia Maria e passata alla storia come la Monaca di Monza. Facile dunque immaginare che Alessandro Manzoni, qualche domenica, andando a messa, abbia alzato lo sguardo verso le finestre di quella che era stata la casa di uno dei grandi personaggi del suo romanzo. Del resto don Lisander abitava nel palazzo che oggi porta il suo nome (Casa Manzoni), in via Morone 1, a pochi passi dalla chiesa, ed era solito seguire lì le celebrazioni religiose. Lo fece anche il giorno dell’Epifania del 1873, quando, uscendo da messa, cadde sui gradini che conducono al sagrato procurandosi una ferita alla testa. Un trauma cranico da cui non si riprese più. Dopo mesi di sofferenze e di progressiva perdita di lucidità, il 22 maggio morì per una meningite contratta a seguito del durissimo colpo subito. Per questo, proprio davanti alla chiesa, nel centro di piazza San Fedele, sorge il monumento bronzeo che lo ritrae, eretto nel 1883 ad opera dello scultore Francesco Barzaghi. Ancora più importante per celebrare la memoria dell’autore di I promessi sposi è però un altro monumento: la sua sepoltura. Le spoglie di Alessandro Manzoni riposano al centro del Famedio del Cimitero Monumentale, dove sono conservati i resti di tutti i grandi Milanesi.

La statua di Alessandro Manzoni in piazza San Fedele Milano

La statua di Alessandro Manzoni in piazza San Fedele, Milano  REDA&CO/Getty Images

Milano però non si limita a ospitare strade, piazze e palazzi legati alla vita di Manzoni. In città è possibile ritrovare anche le tracce dei luoghi che hanno fatto da sfondo ad alcune importanti pagine del romanzo. Per restare in centro, appena usciti dalla Galleria e imboccato corso Vittorio Emanuele II, ci si trova nel punto dove sorgeva il Forno delle Grucce: la rivendita di pane (i milanesi direbbero il prestinaio) dove Renzo assiste all’assalto della folla inferocita per il rincaro del prezzo in una città stremata dalla carestia e dalla peste. Il forno, secondo le ricostruzioni più attendibili, aveva sede in corrispondenza dei numeri 3 e 5 di corso Vittorio Emanuele, giusto alla sinistra del Duomo.

Un poco più in periferia, fra corso Venezia e viale Majno, in quella che oggi è piazza Eleonora Duse, sorgeva invece il convento dei Cappuccini che Renzo voleva raggiungere su indicazione di fra Cistoforo. Appena arrivato in città chiede a un passante la strada per arrivare al convento. Renzo punta verso Porta Venezia e, fino a qualche anno fa, proprio sull’ultima casa di corso Venezia era murata una targa che ricordava come Renzo fosse passato da lì.

E dalle indicazioni fornite dal passante si può comprendere che Renzo si avviava verso il centro lungo quello che oggi è corso Buenos Aires: «In pochi minuti» gli dice lo sconosciuto, «arriverete a una cantonata d’una fabbrica lunga e bassa: è il lazzaretto; costeggiate il fossato che lo circonda, e riuscirete a porta orientale». Eccoci dunque al Lazzaretto. Costruito tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500 era collocato fuori città. Appena al di là di quella che oggi è Porta Venezia: un quadrilatero di quasi 400 metri di lato, che occupava l’area oggi delimitata da via San Gregorio, via Lazzaretto, viale Vittorio Veneto e corso Buenos Aires. All’interno, lungo lo stesso perimetro, si sviluppava un’area coperta, a logge. Gli appestati erano ospitati in 280 camere, munite ciascuna di un camino e di due grandi finestre: una con inferriate sull’esterno, verso il fossato, e una verso l’interno. Il complesso venne abbattuto fra il 1882 e il 1890, per fare posto a nuove costruzioni della città in espansione.

La gita a Milano passa, come è naturale, anche per i luoghi del gusto. Il pane, in primo luogo, filo conduttore delle avventure di Renzo in città. A Milano il pane per antonomasia è la michetta, anche se ai tempi del romanzo non era ancora in voga. La potete trovare in alcuni panifici della città, come il forno di via Commenda, altro punto di riferimento nella panificazione milanese è il panificio Davide Longoni, mentre per un pranzo tipicamente lombardo si può scegliere il ristorante Piazza Repubblica, dove gustare il pesce di lago (e si ritorna al Lario) o i classici come il risotto e la cotoletta. Una dedica a Manzoni è nel nome stesso di uno tra i locali più noti della città, il ristorante Don Lisander.

I Promessi Sposi

Alessandro Manzoni (1785-1873).DEA / G. BERENGO GARDIN/Getty Images

Daniela Guaiti
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