Dopo la mostra Raffaello e Baldassare Castiglione, il Palazzo Ducale di Urbino dedica una nuova rassegna di alto profilo a un maestro del Rinascimento italiano, Pietro Vannucci detto il Perugino (Città della Pieve, 1448 circa – Fontignano, 1523), con la mostra Perugino, il maestro di Raffaello. L’esposizione celebra la sua arte raffinata, che seppe fondere con straordinaria armonia le migliori prerogative della pittura centro-italiana della seconda metà del XV secolo ed esercitò una grande influenza sul giovane Raffaello.
«Continua il centenario raffaellesco (1520) mentre ci si avvia al centenario di Perugino (1523). A Urbino, in Palazzo Ducale, nel nome del padre Giovanni Santi, si celebra il maestro di Raffaello, che fu appunto il Perugino. Ma si illumina soprattutto, attraverso alcuni capolavori, quel momento, fra 1470 e 1500, in cui, dopo l’arrivo della Pala di Piero della Francesca per la Chiesa di San Bernardino, mausoleo dei duchi, gli artisti tra Umbria, Marche e Toscana cercano una strada nuova, una lingua di emozioni e sentimenti che nessuno saprà interpretare meglio di Raffaello. Ma a ispirarlo e a indirizzarlo fu proprio Perugino», evidenzia Vittorio Sgarbi, curatore della mostra.
Frutto della collaborazione tra la Regione Marche e il Comune di Urbino, curata da Vittorio Sgarbi e organizzata da Civita Mostre e Musei e Maggioli Cultura, la mostra completa idealmente le celebrazioni per il quinto centenario della morte di Raffaello e anticipa il quinto centenario della morte di Perugino che si celebrerà nel 2023.
La mostra affronta, attraverso una ventina di opere, uno dei momenti più alti nella storia dell’arte rinascimentale. Perugino è uno dei maggiori maestri del suo tempo e dopo aver guidato il cantiere della Cappella Sistina, è in assoluto il più quotato. Ma la mostra intende cogliere un momento particolare della sua vicenda artistica, quando gli equilibri del Quattrocento sono ormai alle spalle e Perugino è all’apice della carriera, quando emerge nella sua stessa bottega il genio precoce del giovane Raffaello.
La rassegna si apre con le opere di alcuni artisti umbri e marchigiani, tra cui Giovanni Boccati e Bartolomeo Caporali, per richiamare il contesto figurativo del secondo Quattrocento, dove si sentono ancora i bagliori del tardogotico e nel quale si muove la prima formazione artistica di Perugino. Ma il suo orizzonte si sposta presto a Firenze, nella bottega di Andrea del Verrocchio, a quel tempo frequentata dai talenti più promettenti della pittura fiorentina, tra cui Leonardo, Botticelli e Ghirlandaio. Fu proprio in virtù di questo prestigioso apprendistato che Perugino acquisì quell’invidiabile scioltezza del disegno che sarà poi alla base della sua arte. A Firenze era inoltre possibile ammirare i capolavori dei più celebrati maestri fiamminghi, che Perugino tentò sempre di emulare, specialmente nei suoi paesaggi luminosi e smaltati. Non meno importante per la sua formazione fu l’incontro con Piero della Francesca, che gli trasmise un più misurato senso compositivo e una perfetta competenza prospettica. Nel 1481 fu chiamato a dirigere, insieme ad altri artisti, la decorazione della Cappella Sistina, un’impresa che segnerà un punto di svolta decisivo per la sua carriera. Il maestro riuscì a godere per almeno due decenni di un successo incontrastato e ad attirare commissioni da ogni parte d’Italia, al punto da tenere ben due botteghe a Firenze e a Perugia.
La rassegna, con prestiti dalla Galleria Nazionale dell’Umbria, dal Museo di Arte Antica e di Arte Sacra di Sutri, dal museo del tesoro della Basilica di San Francesco di Assisi e dalla Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, si snoda in un percorso narrativo articolato in sezioni allestite nelle Sale del Castellare. La sezione iniziale, dedicata agli artisti che hanno preceduto Perugino, mette in evidenza la straordinaria unità di linguaggio artistico tra i due “versanti” dell’Appennino umbro e marchigiano, segno di un tempo in cui la montagna non era una barriera ma piuttosto un fattore di unità nell’arte e non solo. Nella seconda sala espositiva l’opera di Perugino viene evocata attraverso le opere di suoi “colleghi” come Giovanni Santi, Bartolomeo della Gatta, Pinturicchio e Signorelli, questi ultimi in parte anche suoi allievi. La terza sezione presenta il nucleo più importante delle opere di Perugino, realizzate tra il XV e il XVI secolo, prima che Raffaello si trasferisca a Firenze e per Perugino inizi invece una stagione più ripiegata verso il suo territorio. La sala finale è dedicata all’eredità di Perugino e quindi agli artisti che hanno interpretato la sua lezione dando vita ad una maniera che si è diffusa anche oltre i confini umbro marchigiani. Perugino ha infatti creato un linguaggio nazionale (anticipando in questo Raffaello e per la prima volta dopo Giotto) da cui deriva una sorta di “manierismo” peruginesco che determina la sua fortuna “italiana”.
Il percorso narrativo è arricchito da due contributi video.
Il primo filmato mette a confronto lo Sposalizio della Vergine di Perugino, dipinto nei primi anni del Cinquecento per la cattedrale di Perugia e oggi nel Musée des Beaux Arts di Caen in Normandia con lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, la tavola dipinta nel 1504 per la chiesa di San Francesco a Città di Castello e oggi nella Pinacoteca di Brera. Partendo dalla Consegna delle chiavi, affrescata da Perugino nella Cappella Sistina tra il 1481 e il 1482 e dagli affreschi nel Collegio del Cambio di Perugia, il filmato mette in luce il “debito” verso Perugino e nello stesso tempo il “sorpasso” già compiuto dal giovane Raffaello. Un secondo video consente ai visitatori di ripercorrere la produzione artistica della maturità di Perugino attraverso una selezione di venti capolavori.
La mostra è infine accompagnata da un catalogo scientifico edito da Maggioli Cultura.
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