Roberto Capucci è universalmente noto come lo scultore della seta. E visitando la mostra che gli dedica la Triennale di Milano con Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte – Metafore. Roberto Capucci: meraviglie della forma, dal 17 novembre 2021 al 9 gennaio 2022, curata da Gian Luca Bauzano, in collaborazione con la Fondazione Roberto Capucci e la manifattura di ceramiche Rometti – appare chiara e tangibile la ragione.
I suoi abiti sono forme ardite che sfidano le convenzioni del vestire borghese per proiettarsi idealmente in una dimensione onirica, sospesa tra architettura e arte. Hanno una presenza materica che lascia stupefatti. Non a caso sono arrivati nei musei e nelle istituzioni d’arte più importanti – dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma alla Schauspielhaus di Berlino, da Palazzo Strozzi a Firenze al Kunsthistorisches Museum di Vienna, fino alla Biennale d’Arte di Venezia. Ora, negli spazi della Triennale, la creatività dei vestiti di Capucci dialoga con i disegni, con i bozzetti (uno più bello dell’altro) e con la collezione di venti coloratissime sculture in ceramica da lui create e realizzate dalla Manifattura Rometti, eccellenza artigiana italiana, nel 2021.

Disegni di Roberto Capucci
L’occasione della mostra è il doppio anniversario che ricorre nel 2021: i 70 anni dalla prima sfilata di moda italiana, avvenuta a Firenze il 12 febbraio 1951, ma anche quelli dal debutto di Roberto Capucci, oggi novantenne, che ha esordito a Firenze lo stesso anno.
Incontrarlo è incontrare la storia della moda italiana. Mite, attento osservatore e ancora in attività nel suo atelier romano, lamenta però la fine di un’epoca, quella dei guardaroba da lui creati per le signore dell’alta società dotate di gusto, denaro e voglia di stupire con abiti diversi da tutti gli altri. “Mi sono rimaste poche clienti affezionate: vedi quella signora bionda?”, mi dice, indicando una elegante presenza di età non definita, alta e affascinante. “Ho vestito anche sua madre e sua figlia. Loro sono tra le fedelissime”. Autografa il catalogo, che comprende tutti gli abiti, i disegni e le ceramiche in mostra, con calligrafia sicura, elegante e autorevole.

Roberto Capucci. Foto Alfonso Catalano Sgpitalia
ome spiega Bauzano, che da anni da anni si dedica allo studio dell’opera del Maestro realizzando mostre e pubblicazioni di grande valore documentario, il suo spirito innovatore ben si dipana nelle opere esposte in Triennale, anche perché esse ben illustrano la continua sperimentazione con i materiali: si va dalle sculture/architetture in tessuto ispirate dal mondo dei minerali, come “Diaspro”, realizzato per la Biennale di Venezia nel 1995, alle creazioni con i plissé, quelle che il critico d’arte Carlo Bertelli definisce come “esplosione di forme liberate” (e vedere dal vivo la marsina rossa ferma il fiato per la maestria che trasuda); c’è poi l’abito dalla linea a scatola o quello in seta e plastica realizzato a Parigi nel 1966; infine, ci sono vestiti che evidenziano l’utilizzo di materiali all’epoca inediti come corda e sassi, bambù e ottone, elementi che lo ricollegano alle opere dell’Arte Povera, coeve. Dello stesso periodo fa parte anche il candido cappotto oggi conosciuto come “Omaggio a Burri”, realizzato proprio negli anni in cui Burri metteva mano ai suoi Cretti – un opera il cui rimando è evidente.

Dalla collezione di ceramiche di Capucci per Rometti. Foto Monica Spezia
Arte, dunque. Ma anche sublime artigianato che sfiora vette inusitate di glamour. Lo evidenzia, in un testo del catalogo, anche l’architetto Stefano Boeri: “Al di là della patina di sogno hollywoodiano e delle leggende del jet-set internazionale, risulta evidente la grandezza di Capucci e delle tante mani intelligenti che hanno contribuito a plasmare i suoi abiti visionari. Per farci meravigliare e al contempo farci riflettere, ancora una volta, sulla eccezionale ricchezza dell’alto artigianato italiano”. Un valore da preservare a tutti i costi.
Da Vogue
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