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1 Dic

VISSANI NON LE MANDA A DIRE

Vissani: "Adesso parlo io, il Che Guevara della cucina italiana"

Gianfranco Vissani con il figlio Luca, in una foto tratta dal loro sito

L’intervista tosta che ha rilasciato a Guido Barendson di Repubblica.


Tsunami Vissani: è irresistibile e prorompente il Maestro di Baschi. Fiumi di parole, parolacce, risate, momenti di riflessione, l’occhio ai due cellulari che prendono poco. Così chiacchieriamo, mentre il sole tramonta sul lago e la luce d’autunno accarezza il dolce foliage umbro, e dalla nebbia emerge il profilo del gigante della Cucina Patria. Al di là del vetro si agitano attorno ai fuochi i profili di tante figurine.

Il relais è mobilitato. Si celebra il compleanno di Gianfranco e tutto dev’essere impeccabile. Sediamo ad un tavolo al centro della ordinata confusione e lui si prepara ad accogliere tanti Potenti d’Italia che tra poco lo raggiungeranno per festeggiare. Difficile calibrare il placement di tanti ospiti importanti, da qualche politico di spicco della Prima Repubblica (sì, c’è anche quel comunista del risotto da Bruno Vespa) a una miriade di vecchi e celebri amici, di cui siamo impegnati a non fare il nome. E lui li piazza uno ad uno.

Vissani: "Adesso parlo io, il Che Guevara della cucina italiana"

Una delle sale del ristorante, dal sito

E’ un compleanno tondo, occasione ideale per tentare un bilancio col cronista che lo conosce da quando portava i pantaloni corti. Gianfranco, tu sei un vecchio brontolone: vogliamo partire da qua? “Eh no eh. Io nun so’ brontolone, siete voi della critica che me state sempre a maltratta’”.
Guarda che così partiamo male, anzi malissimo. “Dimme ’na cosa, Gui’: quanti ce ne stanno de ristoranti come questo?”. Dimmi tu piuttosto: “Perché ti ostini a sfoggiare le scarpette rosse?”. “Contro il malocchio!”.

O perché credi di essere il Papa della Cucina… Ride, e cerca lo sguardo complice e rassicurante di suo figlio Luca, figura discreta e professionale, che gestisce con intelligenza questa lussuosa locanda di campagna, carica di gloria grazie al ruolo determinante della zia, geniale cerbero d’ogni piatto. “Macché Papa! Io sono un outsider. Non ce n’è per nessuno. Più parlano di me, più si gonfia lo tsunami che mi porta in alto. Sono il più amato di tutti, m’invitano dappertutto a intervenire su qualsiasi cosa. Ma tu non la guardi la televisione? Vado da Vespa, da Ballarò, alla 7, alla Vita in diretta. E parlo di tutto. Di politica…”.

“Cuoco, gastronomo, scrittore, ristoratore, critico gastronomico, conduttore televisivo. E’ autore di numerosi libri sulla cucina e di ricette”, dice di te Wikipedia.
“Dici che me sto a allarga’ ? Ma io sono il Che Guevara della cucina! E molto di più. Sono l’uomo della ‘spaccatona’ : ho avuto il coraggio di dire che tante volte sono le ragazzine che provocano gli uomini, che i vegani come tutti quelli di tutte le sette vanno eliminati. Ho detto sì all’olio di semi e basta col pomodoro dappertutto! Hai visto che casino ogni volta. Ma io sono sereno”.

Vissani: "Adesso parlo io, il Che Guevara della cucina italiana"

Un piatto del menu di Casa Vissani

Burbero e benefico. Ogni tanto però guarda i camerieri che apparecchiano attorno a noi e abbaia ordini secchi. “E poi io sono un portafortuna, e riempio le piazze, da Nord a Sud, dal Trentino a Ortigia passando per Foligno, quattro, cinque, seimila persone ogni volta. Scaramantico? Moltissimo. Guai se aprono un ombrello qua dentro. E se un gatto nero m’attraversa, dormo dentro la macchina finché non passa qualcuno”.

Sembri quasi napoletano. “Quanto mi piace Napoli, e le napoletane poi… L’ultima volta un’amica cara m’ha portato giù a Marechiaro, da Cicciotto. Certo, una trattoria, piena de bardasci (ragazzi, n.d.r.), ma che posto e tutti così simpatici! No, non mi far parlare delle ragazze e dell’amore, non c’ho voglia. Anzi, dimme che te voi magna’”, finge di chiedermi, avendo già deciso.Lo stuzzichino è naturalmente spettacolare: un cubetto di manzo di Kobe con uovo di quaglia. Non faccio in tempo ad assaggiare il secondo appetizer, che irrompe: “Lo senti quanto è delicato il tartufo bianco? E’ come la scoreggia di un bambino, per quanto è leggero”.

“Guarda ‘sto locale: quanti ce ne stanno come questo in giro? Guarda ‘sto menu. L’ho appena rifatto: l’Emozione, i Sapori d’Autore e la Stagione. E la carta dei vini? Pop, Rock, Jazz e Classici? Spendi da 50 a 250 euro”. Credi di essere il migliore? Sogghigna: “Io sono un leone che non s’addormenta mai. Non mi accontento e non mi soddisfa quello che fanno in giro. Io sono un outsider. Cavalco lo tsunami. Penso di aver dato molto al nostro Paese: il mio gusto, il mio lavoro, i miei soldi. E in cambio ho avuto la felicità degli altri”.

Chiedo a Luca di passare dallo champagne ad un rosso piemontese, perché a forza di chiacchierare mi si sta seccando il palato. Assaggiamo un felicissimo Barbaresco di Gaja. Gianfranco: “Lo senti quant’è buono, la senti la merda di chioccia?”. La merda di chioccia te la bevi tu! “Ma non mi dire che non la riconosci! E’ quella che una volta le contadine che avevano il seno piccolo se la spalmavano per farsi crescere le tette. E’ il massimo che c’è”.

Arriva un ex ministro democristiano, un galantuomo d’altri tempi, accompagnato da una signora di rara eleganza. Eppure Vissani non si arresta. Prima dice che avrebbe tranquillamente votato Trump, poi si lancia in una disamina delle materie prime e contro la globalizzazione: “Il nostro prodotto è sacro e non si fa abbastanza contro gli Ogm. Prendi la Manitoba, una farina americana e canadese che oggi trovi ovunque: è una farina chimica, aiuta a far lievitare ma ti spacca le membrane”.

Vissani: "Adesso parlo io, il Che Guevara della cucina italiana"

La brigata del ristorante di Gianfranco Vissani

Sia pure con uno stile diverso, mi par di sentire echi lontani delle parole d’ordine di Slow Food, ma quando una timida camerierina dall’ovale mediceo ci serve uno spaghetto al dente con ventresca di tonno, seguito da un risotto semplice-semplice, burro e parmigiano, l’’uno-due’ mi prende alla gola e non riesco più a seguirlo sul terreno della politica.

Ti batti come se fossi il vendicatore della salute a tavola. Ma questo lo fanno in tanti oggi, da Heinz Beck a Massimo Bottura. “Nun me parla’ pure tu de Bottura: è sopravvalutato”, sbotta mentre lo affianca Luca, un po’ preoccupato che il padre spari a palle incatenate sui colleghi. Ma tu non pensi che ci sia spazio per tutti? Se tu qui mi offri uno spaghetto al tonno, una triglia alla livornese e contemporaneamente un soufflé di lingue di pappagallo su un letto di caviale di lumaca del Kazakistan, perché non dovrebbero andare bene gli altri, sia chi spinge sull’innovazione sia chi si batte per difendere al meglio l’eredità culinaria – anzi le nostre formidabili tante eredità regionali ? “La mia cucina è intrigante, spazia senza limiti, e non è mai ruffiana”.

Gli outsider, per definizione, giocano da soli. Ma in testa al campionato della Serie A chi ci metti? Bottura? “Vabbè Bottura lo salviamo perché te piace a te”. Cracco? “E’ un bravo ragazzo, è odiato per la parte che deve fare a Masterchef”. Crippa? “Un po’ troppo orto”. Niko Romito? “Un bluff. Ricordo un uovo cotto 72 ore. Che sperava che ci fosse, un pulcino?”. Uliassi? “Ma lassa perde’”. Gianfranco, mi sa che lo tsunami lo stai scatenando tu contro i migliori cuochi d’Italia. Possibile che non salvi nessuno? “Cuttaia, sì Cuttaia è bravo, e poi Ciccio, quell’altro siciliano, Ciccio Sultano. E non te dimentica’ Vittorio, i Cerea, a Bergamo”. E a Roma? “Me sta simpatico Massimo Riccioli, anche se mi ricordo una volta che aprimmo due bottiglie di Montrachet – bottiglie da 400 euro l’una – ed erano fottute, andate. Ma mica era colpa sua”. Posti nuovi? “Ma lo vedi questo Zuma come è fatto? Questi pensano al design, mica alla cucina”.

Con l’arrivo dei dolci e della piccola pasticceria Tsunami Vissani pare placarsi. Un occhio vigila sui preparativi della sua festa di compleanno, l’altro sui cellulari. Uno è dedicato alle ragazze? “Io non mi devo vantare. La mia popolarità è a mille. Anche con le ragazze…”.
Ecco i primi invitati, che passeranno la notte nel relais, e mi congedo. Luca mi scorta alla macchina. E tu ce l’hai una novità da provare? “Uno del quale sentiremo parlare molto è mio cognato, Gennaro Amitrano, che ha appena aperto un piccolo ristorante a Capri”. Questa però è un’altra storia.

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