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18 Mar

Architettura contemporanea post-covid

Cosa hanno in comune un colorato ed innovativo complesso di residenza culturale polivalente realizzato nell’isola di Hormuz, nel Golfo Persico a sud dell’Iran, un campus creativo di undici ettari sovrastato da una torre spettacolare ad Arles nel sud della Francia e un grattacielo con grandi terrazze a verde nel Central Business District di Singapore?

Singapore. 18 Robinson ©Tim Griffith

Niente, se non che si tratta di tre interessanti interventi di architettura contemporanea che ci ricordano il ruolo importante di una scienza che, per definizione, si fonda sull’arte di realizzare, attraverso mezzi tecnico-costruttivi, spazi fruibili ai fini dei bisogni umani. Una definizione asciutta e calzante che continua ad essere valida ieri, oggi e domani. Per dirla con le parole di Hashim Sarkis, l’architetto di origini libanesi che cura la Biennale di Architettura di Venezia (posticipata di un anno, si terrà dal 22 maggio al 21 novembre 2021), per la quale ha scelto il titolo “How will we live together?”, l’architettura ha un’importanza fondamentale per l’essere umano in quanto invita a “immaginare degli spazi nei quali possiamo vivere generosamente insieme”. Ecco, appunto “insieme”. Una parola che oggi, a causa della pandemia di covid, suona quasi trasgressiva ma, grazie all’architettura che continua a progettare spazi da condividere con altri esseri umani – la famiglia, i colleghi, gli amici, i conoscenti, gli estranei – riprende il suo valore fondante che è alla base della comunità e ci fa immaginare luoghi e dimensioni possibili da vivere e partecipare, al più presto.

Lo studio di progettazione iraniano ZAV Architects, che ha realizzato il progetto Presence in Hormuz, di cui il Majara Residence (che si è aggiudicato il Golden Award al Taipei International Design Award 2020) è il fulcro pulsante, ha un forte impatto visivo: coloratissime cupole dall’apparenza primordiale, realizzate dalla popolazione locale (è stata utilizzata la tecnica ‘superdobe’, creata dall’architetto iraniano Nader Khalili, invece della classica terra battuta,) ma in realtà avveniristiche, si stagliano a poca distanza dall’azzurro del mare. Il progetto si pone come attività di cambiamento dove gli abitanti stipulano con proprietari del suolo, turisti ed istituzioni un patto di architettura sociale, basato sulla fiducia reciproca, dove gli attori principali sono, oltre appunto agli abitanti, i proprietari dello scalo di Bandar Abbas e alcuni investitori di Teheran.

Francia. LUMA tower © Hervé Hôte

Ad Arles, in Francia, a migliaia di chilometri da Hormuz, sarà inaugurato a giugno 2021 un campus creativo di 11 ettari con al centro una torre dall’aspetto straordinario, ideata dall’architetto statunitense Frank Gehry. Il LUMA-Arles è un edificio di 15mila metri quadri che al suo interno custodirà sale espositive, gallerie per progetti in loco, centri di ricerca e gli archivi della Fondazione Luma.

Porta invece ‘l’impronta’ della determinazione di Maja Hoffmann (erede del colosso farmaceutico Hoffmann-La Roche), collezionista d’arte svizzera, produttrice di documentari, imprenditrice, fondatrice e presidente della Fondazione LUMA (che si occupa di arte e cultura, ambiente e diritti umani, istruzione e ricerca), il campus di Arles. Nel team di questo grande progetto altre firme internazionali, come quelle del Selldorf Architects, studio newyorchese fondato da Annabelle Selldorf, che si è occupato di trasformare quattro ex stabilimenti ferroviari in spazi modulabili per esposizioni e performance artistiche; l’architetto paesaggista Bas Smets di base a Bruxelles sigla i giardini e il parco circostante, che sono perfettamente in sintonia con il progetto generale.

Iran. Presence in Hormuz © Tahmineh Monzavi

Intanto in Oriente, lo studio d’architettura americano KPF, Kohn Pedersen Fox Associates, ha progettato il grattacielo 18 Robinson nel Central Business District di Singapore, dove le richieste dell’amministrazione pubblica erano, ancora una volta, rivolte al pieno gradimento della collettività, alla quale lo spazio verde sottratto dalla costruzione veniva ‘restituito’ sotto forma di grandi terrazze a verde a cielo aperto e giardini accessibili a tutti, nel rispetto del patto tra cittadini e architettura, in cui la qualità dell’ambiente urbano circostante costituisce elemento primario. L’ottica di base è un’urbanistica sostenibile nel rispetto dei termini della Landscape Replacement Area, cui Singapore si attiene dal 2014.

 

 

2 Comments
  • Natalia Bonasi

    Interessante articolo godibile nella chiarezza e nella sua veloce fruibilità

    23/03/2021 at 07:06 Rispondi
  • Markambro

    Siamo ormai abituati da un po’ di anni a leggere articoli che parlano di architettura contaminandola con le varie tendenze…le varie mode… errore quanto mai grossolano. Ma ormai nessuno più osa rivendicare l essenza stessa di una disciplina. A partire dalle università. Pee non parlare delle cosiddette “archistar” altro termine modaiolo. Ma vuoto. Molto Interessante in questo articolo la relazione che si vuole instaurare con la funzione sociale propria dell architettura. Da un po’ di anni dimenticata o relegata a mero scenario “decorativo”. Complimenti Claudia.

    26/03/2021 at 17:31 Rispondi

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