E anche il 7 dicembre 2020 ovvero la prima della Scala è passato. “A riveder le stelle” si rivelato uno spettacolone per tutti, prodotto dai Rai Cultura, trasmesso da Rai 1, Rai Radio 3 e in mondovisione, per chi l’avesse perso si può recuperare su Rai Play. Tanti gli appassionati che si sono collegati, i dati del giorno dopo confermano: 2.608.000 spettatori con 14,7% di share. Il regista Davide Livermore conosce perfettamente la macchina teatrale e televisiva e crea uno spettacolo nazionalpopolare e non è difetto. Il regista e il suo team hanno dato una drammaturgia alla serata ricordando che il teatro musicale ha sempre espresso – e sempre lo farà – contenuti sociali, civili, politici, didattici. Difficile crederlo in un Paese che spesso dimentica la cultura e chi vi lavora. Ad apertura serata tutti i lavoratori del Teatro, rigorosamente distanziati, cantano sul palco l’Inno di Mameli, preceduti dalla registrazione di “Io son l’umile ancella” da Adriana Lecouvreur, cantata da Mirella Freni, la voce unica di Mirellina evidenzia le immagini che i droni hanno ripreso di Milano e dall’alto la città che quest’anno ha così sofferto appare ancora più magica. Gli attori fanno da filo rosso al concerto declamando versi di Victor Hugo da “Le Roi s’amuse” e frasi di Antonio Gramsci, fra gli attori spiccano Caterina Murino, Laura Marinoni e Massimo Popolizio. Ottimi gli spazi dedicati alla danza, la Scala resta fra i grandi teatri d’opera europei che ancora ha un eccellente corpo di ballo con ottimi primi ballerini che potrebbero diventare étoile: dallo Schiaccianoci, il pas de deux con Nicoletta Manni e Timofej Adriajashenko sempre bravissimi; i “ballabili” di Verdi, spesso tolti dall’opera ed eseguiti in concerti sinfonici, come per il brano di Cajkovskij sono diretti dal brillante Michele Gamba. Sulle coreografie di Manuel Legris per “Verdi Suite” ecco in un armonioso intreccio i primi ballerini, Martina Arduino, Virna Toppi, Claudio Coviello, Marco Agostino, Nicola del Freo. Nella storia della danza la Scala ha contribuito a scrivere pagine di bellezza formando étoile e talenti. È un assolo astratto e affascinante quello che l’étoile Roberto Bolle propone, essenziale e minimalista, il “danseur noble” più amato al mondo catalizza lo sguardo delle ammiratrici e degli ammiratori, compresi i melomani. Il 7 dicembre significa lirica, con la direzione entusiasta e accurata
di Riccardo Chailly ecco le grandi star dell’opera, tutte, o quasi, con interpretazioni memorabili. Al Preludio di Rigoletto segue Luca Salsi che, in perfetto stile verdiano, lancia anatemi ai cortigiani senza cadere nell’enfasi. Salsi sa arrivare dritto al cuore. Grigolo fa Grigolo in “La donna è mobile”. Dal vagone zarista di “Tamerlano” di Haendel, Ildar Abdrazakov è il sofferente e splendido Don Carlo. Ludovic Tezier è sempre elegante e impeccabile; Elina Garanca, Elisabetta, è brava e sfuggente come un’eroina di Hitchcock. Lisette Oropesa fa rimpiangere la Lucia di Lammermoor non andata in scena. Kristine Opolais è una “Madame Butterfly” sempre interessante. Raffinata, ironica e dalle infinite coloriture Rosa Feola è di nuovo Norina in “Don Pasquale”; speriamo di risentirla presto ne “Il Turco in Italia” andato in scena alla Scala solo il 22 febbraio prima del lockdown. “Una furtiva lacrima” non poteva che essere cantata da Juan Diego Florez; Aleksandra Kurzak con “Signore ascolta” precede Marianne Crebassa in “Habanera” in una Carmen seducente che ammalia. Piotr Beczala, Don Josè in Carmen e Calaf in Turandot è impeccabile. Un trio magistrale per “Un ballo in maschera” con Eleonora Buratto al suo splendore, hai sempre voglia di risentirla, è folgorante. George Petean voce grossa, buona tecnica è, forse, un po’ intimidito dalla Scala.
La voce meravigliosa di Francesco Meli rivela intelligenza, ogni sua interpretazione seppur breve ha spessore, il tenore sa costruire con maestria il personaggio e lo rende suo, quindi indimenticabile. Di classe e profondità il giovane Benjamin Bernheim propone “Werther” e con lui non è un azzardo. Carlos Álvarez è un artista fuori dal comune, per carriera e ruoli, qui con “Otello” racconta il suo Jago che brama potere, spezzato dall’invidia, sullo sfondo il Palazzo della politica brucia. Plácido Domingo per la decima volta partecipa a un’inaugurazione della Scala: il tenore è storia della lirica, generoso e immenso ogni volta calca la scena, qui in “Nemico della Patria” da Andrea Chènier, il pubblico da casa ringrazia. “La mamma morta” di Sonya Yoncheva è ottima, più ovvio “E lucevan le stelle” di Roberto Alagna. Marina Rebeka, strepitosa Violetta alla Scala mesi fa, canta la drammaticità di “Un bel di vedremo”. Livermore costella di citazioni iconografiche ogni brano, trae spunto dal cinema di Fellini e dalle spiagge di Van Gogh, richiama gli “Uccelli” di Hitchcock e “Tutti gli uomini del Presidente” di Alan Pakula; lo spettacolo avvince e credo che per capire l’operazione bisogna parlare o seguire le chat di chi alla Scala non è mai andato e che dell’opera “conosce solo qualche aria”. Per una sera su Rai 1 è andata in scena la lirica, si sono esibite 24 fra le migliori voci al mondo e gli spettatori sono rimasti tre ore felici davanti alla televisione ad ascoltare come non accedeva da tempo. Gran finale, “Tutto cangia” dal “Guglielmo Tell” con Buratto, Feola, Crebassa, Flòrez, Salsi, Palazzi commuove come un sogno lontano. Per una sera la Rai ha puntato i riflettori sull’opera, il teatro popolare italiano, il servizio pubblico ha ricordato che i nostri compositori raccontavano il mondo ed è ora di ricominciare a interrogarli. Questo è ciò che hanno detto gli artisti e i tecnici impegnati nella realizzazione della serata. E se ripartissimo da qui?
(Foto di Brescia e Amisano)
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