Lucio Fontana (Rosario di Santa Fe 1899 – Comabbio 1968) è tra i pionieri e maestri indiscussi dell’arte del XX secolo, figura carismatica radicale e dirompente, costante punto di riferimento per gli artisti delle generazioni successive. Promotore di numerosi manifesti del Movimento Spazialista, a cominciare dal Manifiesto Blanco del 1946 – dove si afferma che “la materia, il colore e il suono in movimento sono i fenomeni, lo sviluppo simultaneo dei quali sostanzia la nuova arte” – avvia un processo che lo porterà all’idea di introdurre una nuova, inedita dimensione nelle sue opere.
Egli è uno sperimentatore totale; dopo i lavori in marmo, gesso e ceramica del primo periodo e la costante attività di dialogo con prestigiosi architetti, nel 1949 inizia i suoi rivoluzionari lavori con i “Buchi” che perforano la tela; nel 1951 realizza la celebre Struttura al neon per la IX Triennale di Milano, passando, pionieristicamente, dai lavori concepiti appositamente per trasmissioni televisive sperimentali (1952) e approdando ai celeberrimi “Tagli” nel 1958. Nel suo complesso e proficuo percorso ha esposto nelle più autorevoli sedi museali e istituzionali internazionali, partecipando a numerose edizioni della Biennale di Venezia e di Documenta di Kassel.
“La scoperta del cosmo è una dimensione nuova, è l’infinito, allora buco questa tela, che era alla base di tutte le arti e ho creato una dimensione infinita, un’x che, per me, è la base di tutta l’arte contemporanea. Sennò continua a dire che l’è un büs, e ciao.”
dall’intervista a Lucio Fontana di Carla Lonzi in Autoritratto, 1969
Composta di circa cinquanta opere, la mostra si tiene alla Villa dei Capolavori, sede della Fondazione Magnani-Rocca a Mamiano di Traversetolo presso Parma, dal 12 marzo al 3 luglio 2022, ed è curata da Walter Guadagnini, Gaspare Luigi Marcone, Stefano Roffi.
La mostra Lucio Fontana. Autoritratto si origina dal rapporto tra l’artista, maestro assoluto dello Spazialismo e dell’arte del XX secolo, e la storica dell’arte Carla Lonzi, allieva del grande Roberto Longhi, che ha rivoluzionato l’idea della critica militante con il suo volume di interviste Autoritratto. Accardi Alviani Castellani Consagra Fabro Fontana Kounellis Nigro Paolini Pascali Rotella Scarpitta Turcato Twombly edito da De Donato, Bari, nel 1969. Dal 12 marzo al 3 luglio 2022 alla Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo, Parma.
Carla Lonzi (Firenze 1931 – Milano 1982) inizia il proprio percorso collaborando con celebri gallerie e periodici, presentando poi il lavoro di Carla Accardi alla Biennale di Venezia del 1964. Nello stesso periodo, inizia a raccogliere interviste ad artisti con l’ausilio di un registratore (strumento innovativo per la critica d’arte dell’epoca) poi trascritte e riassemblate per essere edite appunto nel volume Autoritratto del 1969. Ogni artista parla in prima persona – vi sono discorsi colloquiali senza filtri e quasi senza vincoli – esponendo articolate riflessioni sulle proprie ricerche, sul sistema dell’arte nonché sulla propria vita privata. Emergono le idee di partecipazione e di complicità tra il critico e l’artista, che scardinano la visione della critica ufficiale del tempo, con giudizi molto schietti da parte di Fontana su grandi artisti come Jackson Pollock e Robert Rauschenberg. Autoritratto è anche una soglia che segna l’uscita di Carla Lonzi dal sistema dell’arte per fondare, l’anno seguente, il gruppo Rivolta Femminile.
L’esposizione dunque segue, narrativamente, la conversazione tra Fontana e Lonzi, permettendo la realizzazione di un percorso antologico, ma non dogmatico, con lavori che toccano i momenti salienti e peculiari della ricerca fontaniana, un itinerario nel pensiero e nella pratica di un artista che riteneva che l’arte dovesse essere vissuta attraverso una nuova dimensione, all’interno della quale entravano anche nuove tecnologie e materiali. Vengono esposte opere di vari periodi, dalle sculture degli anni Trenta ai “Concetti spaziali” (“Buchi” e “Tagli”) dagli anni Quaranta ai Sessanta, oltre ai “Teatrini” e alle “Nature” bronzee; spettacolari sono l’enorme New York 10 del 1962, pannelli di rame con lacerazioni e graffiti, in dialogo con la luce a evocare la sfavillante modernità della metropoli, e la potentissima La fine di Dio, 1963, grande opera realizzata a olio, squarci, buchi, graffiti e lustrini su tela, emblematica della concezione spazialista e insieme religiosa dell’artista.
Il percorso si chiude con opere di Enrico Baj, Alberto Burri, Enrico Castellani, Luciano Fabro, Piero Manzoni, Giulio Paolini, Paolo Scheggi, provenienti dalla collezione personale di Fontana, artisti più giovani da lui seguiti e promossi. Particolarmente suggestive le serie fotografiche scattate da Ugo Mulas a Fontana, del quale sono esposte anche due opere appartenute al grande fotografo; di una di esse è esposta la documentazione fotografica dell’intera genesi, dal primo “buco” all’opera compiuta, un unicum sia nella storia del fotografo sia in quella dell’artista.
Una peculiarità del progetto è l’aver recuperato gli audio della conversazione originale e integrale, dove si può ascoltare la diretta voce di Fontana che parla del suo lavoro, della sua vita d’artista, della sua attività di collezionista ma anche di esperienze e avventure quotidiane (Lonzi pubblicherà nel volume del 1969 solo una parte della lunga intervista). Le parole di Fontana vengono utilizzate sia come installazione sonora sia come filo narrativo lungo tutto il percorso della mostra Autoritratto.
La mostra si fregia del supporto e del prestito di un importante nucleo di opere della Fondazione Lucio Fontana di Milano. Altre opere di grande rilievo vengono prestate dal Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, dal Museo Novecento di Firenze, dallo CSAC, Università di Parma, dalla Collezione Intesa Sanpaolo, dal Patrimonio Artistico del Gruppo Unipol, dalla Collezione Barilla di Arte Moderna, dall’Archivio Ugo Mulas, dalla Biblioteca Fondazione Cariparma, Donazione Corrado Mingardi e da altri prestigiosi Archivi e collezioni private.
Il catalogo (Silvana Editoriale) è curato, come la mostra, da Walter Guadagnini (già curatore di due prestigiose mostre presso la Villa dei Capolavori), Gaspare Luigi Marcone (storico e curatore di numerosi progetti sugli artisti italiani del XX secolo), Stefano Roffi (direttore scientifico della Fondazione Magnani-Rocca). Oltre a quelli dei curatori, contiene contributi di Paolo Campiglio, Mauro Carrera, Lara Conte, Maria Villa, con la riproduzione di tutte le opere esposte.
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