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22 Mag

Magistretti alla Triennale

«Semplicità, eleganza e genio sono le tre grandi componenti nel DNA progettuale di Vico Magistretti – attivo nel design, nell’architettura, negli interni e negli allestimenti –, tra i principali artefici di quella storia straordinaria che grazie al fecondo dialogo tra progettisti e imprenditori illuminati, ha proiettato dal secondo dopoguerra il design italiano da Milano nel mondo intero». Così Stefano Boeri, architetto, urbanista, accademico e presidente della Triennale di Milano presenta la figura di Vico Magistretti. E lo fa per l’apertura, avvenuta lo scorso 11 maggio, della mostra “Vico Magistretti. Architetto milanese” dedicata all’architetto e designer milanese nato 101 anni fa, che doveva aprire lo scorso anno. 

Vico Magistretti e Rosario Messina

Ed è proprio la Triennale di Milano che allestisce questa esposizione monografica (che si chiuderà il 12 settembre) che ripercorre tutta la sua carriera. La mostra, organizzata con la collaborazione della Fondazione studio museo Vico Magistretti (e curata da Gabriele Neri), è suddivisa in sezioni tematiche, e presenta l’opera di Vico Magistretti per la prima volta in maniera unitaria e intrecciata, così da restituire l’ampiezza della sua attività e offrendo un’interpretazione critica aggiornata ed estesa oltre la celebrazione delle sue icone più famose: dall’allestimento di mostre al disegno urbano, dall’arredo al design del prodotto, dalla prefabbricazione all’architettura degli interni, dalla committenza borghese alle “case per tutti”, dai materiali tradizionali a quelli industriali, dal rigore geometrico agli espressionismi figurativi.

Ludovico “Vico” Magistretti nasce a Milano nel 1920 e proprio in Triennale, negli anni del secondo dopoguerra, inizia la sua carriera ottenendo i primi riconoscimenti per il suo lavoro. Nella Milano della ricostruzione realizza molti progetti di architettura, tra cui la Chiesa di Santa Maria Nascente al QT8 (1947-55, con Mario Tedeschi), la Torre al Parco in via Revere (1953-56, con Franco Longoni) e il palazzo per uffici in corso Europa (1955-57). Fuori dal capoluogo lombardo ebbe modo di eseguire interventi di particolare rilevanza, tra i quali la Casa Arosio ad Arenzano (1956-59), il Golf Club di Carimate (1958-61), la casa Bassetti ad Azzate (1959-62), il Municipio di Cusano Milanino (1966-69), la Facoltà di Biologia dell’Università di Milano (1978-81) e la Casa Tanimoto a Tokyo (1985-86). Come designer Magistretti ha lavorato con le più importanti aziende del settore, tra cui Cassina (alla quale è storicamente legato sin dal 1960, e per cui ha firmato numerosi progetti come ad esempio il divano Maralunga nel 1973 e la libreria Nuvola Rossa nel 1977), Artemide, Campeggi, De Padova, Flou, Schiffini Mobili Cucine, Fritz Hansen, Kartell e Oluce.

Casa in piazzale

La mostra della Triennale ha anche l’obiettivo di evidenziare il valore internazionale di Magistretti. Considerato come una delle figure più rappresentative della cultura progettuale milanese della seconda metà del Novecento, ebbe infatti stretti legami con l’estero – in particolare Inghilterra, Giappone e paesi nordici – che influenzarono molto il suo lavoro, lasciando a sua volta il segno in tali contesti. A questo riguardo nell’esposizione milanese sono presenti le testimonianze – sotto forma di “omaggi a Vico” – dei designer Konstantin Grcic e Jasper Morrison, suoi allievi al Royal College of Art di Londra, il cui approccio al design è stato profondamente influenzato dall’incontro con Magistretti.

La mostra allestita alla Triennale presenta anche una caratteristica tipica della figura di Magistretti. «Il filo narrativo dell’allestimento è il colore rosso, – spiega Lorenza Baroncelli (Direttore artistico di Triennale Milano) – il suo preferito nelle grandi scelte e nei piccoli vezzi, come ad esempio quello di indossare solo calzini di questo colore. Il ‘rosso’ tiene insieme una inestimabile collezione di oggetti e ricordi, capace di raccontare in maniera sentimentale, ma allo stesso tempo precisa, la personalità dirompente, creativa e carismatica di Magistretti e la sua straordinaria sensibilità artistica”».

 

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