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16 Lug

Antonia Valente: siamo cresciuti con i Ritratti

Monopoli, la vivace cittadina pugliese, ma anche la tela su cui con estro e creatività la pianista Antonia Valente e il chitarrista Massimo Felici tracciano i loro Ritratti. Questo il nome del festival nato nel 2004 e divenuto un importante riferimento nell’estate musicale italiana. Giunto quest’anno alla sua 15esima edizione, Ritratti prevede, nel periodo tra il 14 e il 28 luglio, una ricca e coinvolgente programmazione di cui la direttrice artistica Antonia Valente riferisce con grande entusiasmo a PressRoom. Dal Sagrato della Cattedrale di Monopoli in cui i 70 musicisti dell’Apulian Youth Symphony Orchestra, orchestra di giovanissimi selezionati tra i migliori allievi dei conservatori di Puglia e Basilicata, coi solisti dell’Ensemble ’05, hanno  inaugurano il festival il 14 luglio, fino ai concerti nel Chiostro di Palazzo San Martino, la musica torna ad invadere gli spazi della cittadina pugliese che i greci vollero col suo nome definire “unica”. Studi di pianoforte sotto la guida di Benedetto Lupo e Roberto Bollea nel Conservatorio “Nino Rota” e in Germania presso la Hochschule fur Musik Freiburg, nella classe di Elza Kolodin. Fondatrice dell’Ensemble ’05, dal 2012 al 2016 ha collaborato con la Fondazione Paolo Grassi di Martina Franca e con il Festival della Valle d’Itria. Oggi è Direttrice del Festival Ritratti e vive e lavora a Madrid,  dove è pianista collaboratrice presso la Escuela Superior de Musica Reina Sofia.

Ritratti giunge alla sua 15esima edizione: “15 anni di Ritratti, 15 anni di Musica, 15 anni di impegno per Monopoli e la Puglia” ma come è nata l’idea? E perché Ritratti?

«Ritratti è la storia di un gruppo di studenti di Conservatorio iniziata meno di 20 anni fa: allora la situazione musicale era viva ma esistevano pochi contenitori per la musica dal vivo. Il Festival è nato senza alcun intento manageriale, con il supporto dell’Associazione Euterpe, un’associazione non radicata in Puglia con presidente il chitarrista Massimo Felici. I concerti nascevano in maniera spontanea ma il seguito divenne tale da determinare una vera e propria invasione di pubblico; infatti l’anno successivo pensammo a un biglietto popolare e da lì in avanti ogni anno è stata una sfida diversa. Monopoli non aveva allora luoghi deputati alla realizzazione di concerti al chiuso, solo nel 2018 è stato riaperto il teatro e ora la biblioteca. Oggi parliamo di diverse rassegne che si sviluppano in parallelo, con, tra gli altri, protagonisti come Benedetto Lupo e Beatrice Rana. “Ritratti” perché l’idea è stata fin dal principio quella del focus su un compositore, su uno stile, sul ritratto di un grande ospite o di un paesaggio sonoro. Si tratta di un titolo declinato in vario modo negli anni ma sempre attraverso la tematizzazione».

Bilanci ad oggi di questa importante kermesse musicale?

«Intravedo una prospettiva che è già realtà: la multidisciplinarietà del cartellone, così come il fuori festival, collaboratori, partner e iniziative di natura non solo musicale ma che partano sempre da contenuti musicali che inducano poi ad approdare ad altro. Laboratori vari che partono dall’ascolto musicale. Per esempio, tra le tante iniziative, abbiamo pensato di coinvolgere le attività commerciali delle vie del centro di Monopoli con “Ritratti in vetrina”, una serie di allestimenti a tema e, ancora, un laboratorio grafico per i bimbi. L’impostazione ha una fisionomia ufficiale, che quest’anno è parte del programma, una direzione e una rete di collaborazioni, che sarà motore per i prossimi anni, non solo con l’associazione Euterpe».

Ensemble 1918, Ritratti 2019

Novità per l’edizione prevista tra il 14 e il 28 luglio?

«Oltre a queste iniziative direi che lo stile degli ultimi anni si basa sulla presenza di ragazzi giovani accanto a tutor con grande esperienza coinvolti nell’ensemble in residenza del festival – a cui io stessa partecipo, mi riferisco all’Apulian Youth Symphony Orchestra. L’intento poi è quello di far circuitare i progetti nei vari cartelloni, produrre spettacoli a Monopoli e proporli ad altre stagioni».

Quali nella sua veste di Direttore Artistico i criteri fondamentali per una programmazione efficace e coinvolgente?

«Gli attributi coinvolgente ed efficace vanno intanto interpretati, cerchiamo di non partire mai dal chiederci “cosa può piacere al pubblico?” perché per esperienza abbiamo constatato che programmi complessi che comprendevano musiche di autori come Bartok o Ligeti hanno invece riscosso un grande entusiasmo da parte del pubblico. Poi ci interessa produrre spettacoli nuovi e non precostituiti. Siamo in Puglia tra le poche realtà, insieme al Festival della Valle d’Itria e Anima Mea, che si occupano di produzione. L’intento è quello di individuare filoni tematici e percorrere la strada della ricerca musicale, su cui investiamo molto anche grazie al supporto della Regione Puglia».

Manuela Custer, Ritratti 2019

Uno sguardo nostalgico verso i primi anni di quest’avventura è ciò che emerge dalle sue parole “Penso a quegli anni in cui con niente si faceva tutto, con la follia utopistica, quella bella, quella vera”. Monopoli e la Puglia sono cambiate, come?

«Come accennavo, allora mancavano dei contenitori per gli spettacoli musicali, e ricordo con nostalgia intraprese quasi rocambolesche: abbiamo suonato negli scavi archeologici di Egnazia – grazie a canali preferenziali come beneficiari del Fus e perché ritenuti soggetti di una certa affidabilità. Ma, devo ammettere, provo una certa nostalgia se ripenso a quelle follie fatte in maniera quasi naïf. Era forse l’incoscienza della gioventù ma davvero non si conosceva preoccupazione…»

Il territorio pugliese è però ricco di un fermento di attività e iniziative culturali.

«Sono cresciuta con il Petruzzelli chiuso, da allora il cambiamento è stato epocale. Oggi vengono erogati fondi consistenti, si è vissuta una sorta di ubriacatura ma sono stati, a mio avviso, ben investiti nei sistemi e non sugli eventi. Pensando a creare strutture che potessero proseguire poi sulle proprie gambe. Proprio come avvenuto per il Petruzzelli o per il Teatro Radar di Monopoli, riaperto grazie a un grande intervento finanziario di Conservatorio e Regione Puglia. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un forte investimento finanziario verso eventi della tradizione come la Notte della Taranta e, ancora, il Medimex con, forse, una sproporzione dell’impegno economico verso altri operatori. Ma questi ultimi sono davvero una miriade e solo pochi si impegnano nell’aspetto della produzione. Vi è stato poi un tentativo di incoraggiamento del “fare rete” ma si è trattato di un esperimento ad oggi ancora poco riuscito».

Studi di pianoforte con Benedetto Lupo nella sua Monopoli, poi la collaborazione con il Festival della Valle d’Itria e la Fondazione Paolo Grassi di Martina Franca. Oggi è pianista collaboratrice della Scuola Superiore di Musica di Madrid. Cosa significa tornare ogni estate nei suoi luoghi d’origine?

«È indubbiamente una grande schizofrenia della mia vita: ogni volta che torno sono la ragazzina dell’inizio, anche se con energie differenti, però tutto ciò che è accaduto negli ultimi anni è esperienza acquisita e riportata qui. Sono mondi talmente diversi… Mi sento talvolta un’aliena ma è anche molto stimolante essere colei che può dire oggi qualcosa capace di incuriosire. E sento sempre di più il forte attaccamento ai luoghi delle mie origini, nonostante nei periodi di produzione mi lamenti 24 ore su 24 – sorride».

Enrico Bronzi, Ritratti 2019

Come vede da oltre confine la situazione musicale in Italia?

«Non facile per niente. Parlerei di un Paese frammentato in tante isole diverse (Milano, Roma, la Puglia…). Mi piacerebbe poter portare “Ritratti” in luoghi ricchi e vedo la drammatica situazione dei nostri Conservatori. Penso, per esempio, al sano entusiasmo dei ragazzi della Youth Orchestra e al fatto che non possono però essere “allevati” a suon di messaggi come “ti dovrai arrangiare” o “certo, ma sarà difficile”. Tra loro ci sono i talenti provenienti dai Conservatori della Puglia che per questo progetto suonano insieme a prime parti del Petruzzelli. Ma occorrerebbero loro stimoli e incoraggiamenti, parole come “potrete fare grandi cose”. Vedo un mondo esterno “scollato” e scuole che non propongono un’adeguata educazione musicale; anche per questo Ritratti promuove la diffusione fuori da contesti tradizionali. E vedo che, incredibilmente, spesso il pubblico non conosce neppure gli strumenti, cosa che certo non avviene in Germania o in Spagna. Si, ripeto, credo che il messaggio di incoraggiamento sia davvero importante!».

E, per concludere, sogni e speranze per la musica e per la vita in genere?

«È un momento particolare: sto tenendo i piedi sugli spilli… Abbiamo perso in questi giorni uno dei nostri primi violini, Antonio Anselmi, primo violino de I Musici, uomo di grande spessore e musicista eccezionale, e non faccio altro che pensare sinceramente a come rendergli omaggio. Si tratta di una tragedia che mi sta inducendo a relativizzare tutto, uno schiaffo per tornare alla priorità delle cose veramente importanti. Ecco, il mio desiderio ora è preservare le cose importanti, e far che la musica sia e rimanga lo scopo principale del Festival. L’ascolto dal vivo è la cosa in assoluto più importante, un’emozione necessaria e in questo momento l’attenzione di Ritratti su questo aspetto è altissima».

 

 

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