La prima grande retrospettiva da 50 anni sul celebre couturier basco Cristobal Balenciaga, incentrata su 90 abiti che raccontano il legame fra le sue collezioni e l’arte spagnola dal XVI al XX Secolo. Con abiti in prestito dal Cristóbal Balenciaga Museo di Getaria, dal Museo del Traje di Madrid e dal Museu del Disseny di Barcelona. Fino al 22 settembre 2019, al Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid.
MADRID. Pupillo della Marchesa Blanca Carrillo de Albornoz y Elio de Casa Torres, Cristobal Balenciaga Eizaguirre (1895-1972) fece il suo esordio nel mondo della moda ad appena dodici anni, disegnando un abito proprio per la nobildonna, che da qualche mese gli aveva permesso di studiare il suo guardaroba; il giovane Balenciaga poté così familiarizzarsi con tessuti antichi e preziosi, ispirati a un’epoca ormai tramontata ma che la moda riesce a mantenere in un certo senso in vita.
La mostra, curata da Eloy Martínez de la Pera, si sviluppa secondo il criterio cronologico delle opere d’arte che hanno ispirato Balenciaga: dalla fine del Cinquecento con El Greco, fino al primo Novecento della Belle Epoque, e ognuno di questi dipinti dialoga con un abito creato dallo stilista. Emergono connessioni fra arte e moda basate su elementi concettuali, su forme e volumi architettonici e su echi cromatici che formano un affascinante percorso museale sui generis immerso nella bellezza. Un dialogo con opere di El Greco, Velázquez, Murillo, Carreño de Miranda, Zurbarán, Goya, Madrazo e Zuloaga, che lascia riaffiorare l’anima sussiegosa, malinconica, fatalista, ma paradossalmente anche calda e sensuale della Spagna, la cui millenaria cultura ha avuto nei pittori più che negli scrittori i portavoce e i propagatori più attenti e raffinati. E se la moda è l’autoritratto di una società, Balenciaga è stato a suo modo valente ritrattista, attingendo ora al fasto cinquecentesco di González e Sánchez Coello, ora al misticismo di Francisco de Zurbarán, ora alla drammatica eleganza di Francisco Goya.
Attraverso le sue creazioni, Balenciaga rende contemporaneo il passato, i riferimenti all’arte e alla cultura spagnola sono presenti in tutte le sue creazioni: le linee semplici e minimaliste dei severi abiti religiosi della Controriforma ritornano nei tubini degli anni Cinquanta; i volumi “architettonici” dei broccati e dei velluti nobiliari, o il fluttuare dello strascico di un costume da ballerina di flamenco, si riflettono nelle balze di alcuni dei suoi abiti da sera; il luccichio di un costume da torero riecheggia magistralmente nella paillette ricamata di una giacca bolero. E ancora, negli abiti di Balenciaga rivive la Belle Epoque sensuale di Raimundo de Madrazo y Garreta, mentre l’abito a tunica del 1955 ricorda quelli dipinti da Julio Romero de Torres all’inizio del Novecento; attraverso questi accostamenti, nasce un dialogo fra moda e arte dove quest’ultima può essere letta come una “fucina creativa” laddove tessuti, decori, nastri, orlati, pieghe, volumi, drappeggi, trovano un’eco naturale di specchio della società. Si riscopre quindi, anche nella pittura, l’importanza dell’abbigliamento, che contrassegnava l’importanza dei personaggi ritratti, in particolare nella fastosa epoca barocca, di cui la Spagna è stata la culla.
Lo spazio espositivo rende omaggio al nero, uno dei colori iconici di Balenciaga, e al designer come “architetto dell’haute couture”, un concetto da lui inventato che è sopravvissuto fino ai giorni nostri in forza dell’utilizzo delle forme pure nelle sue creazioni, come il vestito semi-aderente, la gonna ampia, la tunica e l’abito a sottoveste, culminati con l’astrazione negli anni Sessanta.
Abiti affascinanti non soltanto per la preziosità dei materiali o l’eleganza della linea, ma anche per l’afflato storico che possiedono, legati come sono alla grande tradizione artistica spagnola.
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