PISTOIA. Pur nell’oscuro panorama seicentesco della Controriforma e della dominazione spagnola, gli ingegni e le personalità di rilievo non mancarono neppure in Italia, dove ancora, a differenza dell’Europa protestante, stentava ad affermarsi un ceto “borghese”, e la nobiltà era prevalentemente dedita al latifondo. La Toscana si distingueva assieme al Piemonte e alla Lombardia per una certa dinamicità dell’aristocrazia, sovente occupata al servizio dello Stato. Il gentiluomo pistoiese Ignazio Fabroni (Pistoia, 1642-1693), Cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano, si distinse come membro di questo particolare corpo di marina militare voluto dal Granduca Cosimo de’ Medici nel 1562 e concesso con Bolla Papale da Pio IV. La nascita di questa milizia era stata dettata dall’esigenza di contrastare gli assalti e le razzie che la pirateria barbaresca compiva anche sul litorale toscano. Si trattava, in pratica, di un corpo di marina militare a tutti gli effetti, impegnato nel pattugliamento del Tirreno e di buona parte del Mediterraneo, anche in alleanza con altri Stati italiani, in particolare la Repubblica di Venezia. Il Fabroni fu uomo di nobili natali, educato nel collegio pistoiese dei Gesuiti, e oltre a dedicarsi all’impegno militare ricoprì alcune cariche pubbliche nella città natale, fra cui quella di Sindaco dei Priori; ovvia attenzione pose anche sull’amministrazione del vastissimo patrimonio fondiario familiare, costituito da numerosi poderi e fattorie distribuiti fra la pianura e la collina, fra cui la Fattoria di Celle in prossimità di Santomato, dimora preferita dove era solito trascorrere lunghi soggiorni fra una missione militare e l’altra.
La mostra Istantanee dal Seicento, ospitata nella magnifica Biblioteca Fabroniana e curata dalla storica Anna Agostini, è incentrata sul quaderno di disegni che il Fabroni compilò nel corso della sua vita; circa ottocento bozzetti dedicati alle sue esperienze nella marineria, così come ai paesi stranieri visitati e alla campagna pistoiese. Il percorso espositivo, allestito nelle storiche sale della settecentesca biblioteca, propone una scelta di riproduzioni dei disegni del quaderno, articolati in sezioni tematiche, e accompagnati da interessanti notazioni di carattere scientifico, natu
ralistico, sociale; il titolo della mostra è un giusto richiamo alla freschezza di questi disegni, così come all’accuratezza delle notizie fornite dall’autore. Si tratta di documenti interessanti per più ragioni: documentano usi e costumi della campagna pistoiese del tardo Seicento, così come la situazione patrimoniale dei Fabroni, con i bozzetti dedicati alla vita rurale, gli scorci delle fattorie e del paese di Santomato, le figure dei contadini ritratti nei loro abiti da lavoro, delle anziane donne che filano la lana; bozzetti graziosi e vivaci, che pur non realizzati da un artista di genio, rivelano però l’attenzione e il rispetto con cui il ritrattista si avvicinava loro. Da un altro punto di vista, data la sua varietà, il quaderno è anche una testimonianza utile a conoscere meglio la vita a bordo delle galere della marineria toscana, grazie anche ai brevi testi di accompagnamento; con occhio attento, per riempire le lunghe ore di navigazione altrimenti per lui oziose, Fabroni ritrae i compagni di viaggio, dagli ufficiali ai mozzi ai rematori, nei momenti di vita quotidiana: chi gioca a carte, chi legge un libro, e chi fatica per mantenere la nave in movimento.
I disegni realizzati nel corso delle spedizioni in Dalmazia, le isole greche e la Morea, costituiscono una sorta di diario visivo dell’esperienza del Fabroni, e la curatrice ha svolta un’approfondita ricerca che lascia emergere l’attenzione e la curiosità con cui Fabroni osservava i popoli e i Paesi che incontrava. Colpisce il suo sguardo oggettivo, senza pregiudizi di sorta, né di razza né di religione, né di genere; ritrae quindi donne, schiavi (anche di colore), moschee, con la stessa naturalezza con cui presta la matita per i nobili e i suoi commilitoni. E ancora, suggestive sono le sue vedute dei porti, da Livorno ad Alghero, a quelli minori della costa toscana o greca. Particolarmente approfondito il lavoro di documentazione in Morea, della quale ci fornisce interessanti notizie sulle condizioni delle città, degli abitanti, lo stato della campagna, dei commerci, degli usi e dei costumi locali, spingendosi persino a deplorare le stragi di civili perpetrate dalle bombarde del Morosini (il Doge veneziano che guidava la campagna contro gli Ottomani). Più che del militare, il suo è lo sguardo dell’intellettuale viaggiatore, dell’umanista e del gentiluomo, che anticipa di un paio di secoli la fascinazione per l’Oriente di tanti pittori, anche italiani, tra cui Fausto Zonaro e Alberto Pasini. In omaggio anche alla tradizione accademica per gli studi scientifici che fiorì nel Seicento, Fabroni dedicò attenzione alla riproduzione di pesci, insetti, uccelli, e se i disegni storico-geografici rivelano una mano meno accurata, quelli botanici e zoologici sono caratterizzati per contrasto da una notevole perizia del colore e del particolare.
Le foto sono di Riccardo Cocchi.
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