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11 Feb

I poeti vivono nella Casa della Poesia

 

La poesia trova casa a Casa della Poesia. Non è uno scioglilingua, ma una realtà associativa che ha trovato da una cittadina del Salernitano – Baronissi – il modo di rapportarsi al mondo lungo le tracce del carme che accomuna l’umanità. Un progetto che nasce nel 1996 e crea anche Multimedia Edizioni, una casa editrice e un’organizzazione che promuove progetti culturali poetici di livello internazionale. Dalla A di Achmatova, pseudonimo di Anna Andreevna Gorenko, poetessa russa di cui la Casa si è occupata in diversi seminari di studio, alla Z di Zupan, autore sloveno di liriche che gli sono valse il premio Jenko, sono numerosissimi i poeti che hanno trovato spazio nelle attività dell’associazione. Provengono quasi tutti da aree ‘difficili’ del mondo, dove la libera espressione del pensiero o il dissenso vengono impediti dai regimi politici. Ed ecco che Casa della Poesia dà voce a poeti russi, libanesi, turchi, serbi, guatemaltechi, curdi, uruguayani, tunisini, nicaraguensi, marocchini. Di qui sono ‘passati’ autori straordinari come Jack Hirschman, Jorge Enrique Adoum, Tomaz Salamun, Josip Osti, Sinan Gudzevic, Ledo Ivo, Carlos Nejar, Sarah Menefee, Paul Laraque, Mumia Abu-Jamal, Martha Canfield, Maram al-Masri, Paul Polansky, Aharon Shabtai, Ismael Ait Djafer solo per citarne alcuni. Dal nucleo pulsante di Casa della poesia sono nati luoghi reali (una biblioteca, una mediateca, un centro di promozione della poesia internazionale e una casa alloggio per poeti di tutto il mondo) e virtuali come una poesia spedita ogni lunedì mattina in tutto il mondo agli amici della Casa, ma anche un sito web che raccoglie materiali – testi, registrazioni, riviste on-line, dirette audio e video – accessibili a tutti. Una poesia salverà il mondo? “Magari”, risponde Sergio Iaculli, fondatore insieme a Raffaella Marzano della Casa. “Di certo è una delle poche forme di resistenza verso la barbarie. Può contribuire come testimonianza e punto fermo nell’esserci. Solo i poeti sono in grado di raccontare quello che accade. Josip Osti, autore di Sarajevo, parla in una sua poesia della madre che continua a lucidare le posate – il cosiddetto servizio ‘buono’ – imperterrita, con la casa sventrata e sotto il fuoco dei bombardamenti. Un atto simbolico che è un atto di resistenza in attesa che il mondo torni ad essere civile e che la famiglia possa di nuovo riunirsi per vivere insieme un sereno atto conviviale”.

(Ritratto fotografico di Josip Osti)

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