Un’antologica a cura di Denis Curti, Paola Bergna e Alberto Bianda, celebra, in circa 200 scatti, uno dei maestri della fotografia mondiale contemporanea, caratterizzato da un’ineguagliabile sensibilità poetica. Ai Musei di San Domenico, fino al 6 gennaio 2019.
FORLÌ. Ferdinando Scianna (Bagheria, 1943) concepisce la fotografia come una concatenazione d’incontri, azzardi, casualità che, saputi cogliere con la necessaria sensibilità, offrono all’obiettivo l’ispirazione per narrazioni dalla forte atmosfera verista, quasi fossero pagine tratte da Verga o Zola. Nel suo procedere, non interpreta ma esalta l’anima di luoghi e persone, confermandosi attento allievo di Henri Cartier-Bresson, per il quale il fotografo non dovrebbe mai intervenire per modificare la realtà che ferma sulla pellicola, ma lasciarne inalterata la sostanza e la poesia. Non ci sono giudizi di sorta in questi scatti, soltanto una profonda partecipazione che denota la coerenza intellettuale con cui si svolge la propria professione, investita non soltanto di aspetti tecnici, ma anche e soprattutto sociali: un’immagine è per sempre, e contribuisce a costruire il patrimonio della memoria, quello in assenza del quale l’umanità sarebbe irrimediabilmente più povera.
La mostra Ferdinando Scianna. Viaggio. Racconto. Memoria si snoda lungo un arco temporale di circa tre decenni, e un itinerario di sacro e profano, luce e ombra, gioia e dolore, Oriente e Occidente, che pur nel suo elegante bianco e nero, nella sua varietà può essere apparentato alla colorata tavolozza di Nolde o Matisse, tante sono le suggestioni che regala all’osservatore. In fotografia Scianna è “cittadino del mondo”, nel senso che rifiuta l’autobiografia e segue l’obiettivo lungo la china dell’attualità, della violenza della guerra, delle tradizioni religiose, della bellezza di paesaggi naturali remoti e suggestivi, e persino dell’alta moda. Ma nel suo cosmopolitismo, Scianna ha però nella natia Sicilia il luogo delle radici, della formazione di un patrimonio spirituale che lo accompagna e lo fortifica nel suo relazionarsi con il mondo. Per questa ragione, la memoria è una dimensione che per lui riveste carattere sacrale, non è soltanto una questione di conservazione di una testimonianza, bensì afferisce all’anima, del singolo individuo come di un intero popolo. Scorci di adolescenza degli anni Sessanta creano la poesia d’indelebili ricordi di vita, senza entusiasmi celebrativi bensì leggermente venati di quell’orgogliosa solitudine che è la caratteristica del siciliano, come magistralmente lasciò intendere Tomasi di Lampedusa in quel capolavoro che è Il Gattopardo. Negli scatti dedicati alla Sicilia, a distanza di anni, sempre ritorna questa condizione atavica, che nelle feste religiose trova una sua attenuazione; sono queste, infatti, una sorta di “stagione di voluttà” esistenziale, dove assaporare l’esistenza di una corporazione, di una classe, stretta attorno alla divinità, la cui protezione invocata è occasione di fasto materiale, ma anche verbale e gestuale, come emerge dagli scatti di Scianna, fotografo di un passato ancora attuale, tale perché sempre si rinnova e si trasmette alle future generazioni. Da questo mondo denso di suggestioni e sensazioni personali, Scianna parte per reportage che spaziano dalla realtà della guerra al mondo dell’infanzia, dai terremoti alle inondazioni, fino al patinato mondo della moda, e terminando con i ritratti di personaggi del mondo della cultura, molti dei quali suoi amici, fra cui Leonardo Sciascia e Gillo Dorfles. Il desiderio di vedere, conoscere, capire, è un fuoco che arde senza requie nell’animo del fotografo, e pur nell’intima e sincera vicinanza con i soggetti che sceglie, queste immagini sono caratterizzate da un realismo intriso di mistero, di atmosfere sospese: non c’è l’ossessione della ricerca estetica, nel metodo di Scianna; persino gli scatti di moda escono dalla tradizionale “ingessatura” patinata, superano il concetto di “modella” e raccontano la realtà della donna nella sua sensualità, nel suo atavico ruolo di custode della bellezza, della grazia, della vita. E ancora, la New York kitsch e un po’ sporca degli anni Ottanta, le guerre dimenticate dell’Africa sub-sahariana, scorci di vita quotidiana fra deserti, città, mare e montagna, panorami di natura selvaggia e imponente. Ovunque si posa l’obiettivo di Scianna, nasce la poesia. Legata all’umanità, legata all’indagine e alla comprensione di relazioni fra persone e paesaggi, sacro e profano, sempre rimanendo incantati dalla capacità umana di sopportare il dolore.
In copertina: Marpessa. Caltagirone 1987 © Ferdinando Scianna
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