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21 Apr

Ingres al Palazzo Reale (pensando a Notre-Dame)

Un grande affresco storico, artistico e politico celebra la stagione napoleonica in Italia, e l’arte neoclassica che ebbe Ingres fra i suoi protagonisti. 150 opere, 60 delle quali del francese, fra sculture, dipinti, disegni, oggetti d’arte. Una mostra a cura di Florence Viguier-Dutheil, Conservatore Capo del Patrimonio e Direttrice del Musée Ingres di Montauban. Al Palazzo Reale di Milano, fino al 23 giugno 2019.

Ingres, Napoleone I sul trono imperiale, 1806, Parigi, Musée de l’Armée

MILANO. Nonostante la scia di guerre che si trascinò dietro e le decine di migliaia di vittime sul campo, l’Era Napoleonica, pur nella sua relativa brevità è stata per l’Europa un momento importante di progresso civile, in virtù delle molte riforme in campo amministrativo, sociale, religioso, che la Restaurazione del 1815 non poté cancellare completamente, e che ispirarono la nascita delle democrazie liberali. Anche l’Italia beneficiò di questo nuovo clima politico, dopo la travolgente conquista da parte dell’esercito francese guidato da Napoleone. Il quale dopo essersi autonominato imperatore, nel 1805 si recò a Milano dove cinse la corona di Re d’Italia e chiarì la sua volontà di assimilare la Penisola alla Francia. In particolare, la Milano napoleonica visse un periodo di grande prosperità: fu introdotto il catasto e riordinato il sistema di tassazione, furono aboliti molti dei privilegi ecclesiastici (fra cui le famigerate decime), ma soprattutto fu abbellita e riorganizzata la città stessa, con nuovi spazi verdi, nuove strade e nuove istituzioni, la più importante delle quali fu la Pinacoteca di Brera. Napoleone, pur dall’alto del suo piglio guerriero, era infatti un estimatore delle arti, oltre a capirne l’importanza per fini politici. All’indomani della conquista della Lombardia, avvenuta il 15 maggio 1796, lo Stato Maggiore di Napoleone commissionò al pittore milanese Andrea Appiani un dipinto allegorico che avesse il generale come protagonista. Nacque così Napoleone dopo la battaglia del ponte di Lodi, con il futuro sovrano raffigurato in conversazione con il Genio della vittoria. S’iniziò un lungo sodalizio fra il pittore e la Repubblica Cisalpina. Perché ogni epoca ha la sua iconografia, e quella imperiale fu assai maestosa. Il mecenatismo non era soltanto di matrice napoleonica, ma veniva anche da molti personaggi privati che sentivano il nascere di nuovi tempi e a loro modo volevano celebrarli: l’aristocratico Giovanni Battista Sommariva fu tra i più attivi nel commissionare opere. Nacque così una stagione artistica che ebbe, fra i suoi protagonisti, pittori e scultori italiani e francesi. Fra i primi, anche Antonio Canova, Carlo Finelli, Carlo Losi, Luigi Manfredini, mentre fra i secondi spiccano Jacques Louis David e Jean Auguste Dominique Ingres. Quest’ultimo, appena diciassettenne, nel 1797 è a Parigi allievo di David, e all’inizio del nuovo secolo, laureato con il Prix de Rome, giunse nell’Urbe dove affinò il suo precoce talento. Ingres è pittore capace di esprimere la magnificenza imperiale, la gloria militare e gli ideali della nuova Repubblica, presentando l’immagine di un sovrano che sia prode guerriero, ma anche saggio e misurato amministratore. Allo stesso tempo, però, è artista di ineffabile grazia, mutuata da Raffaello Sanzio che ammirava sin dagli anni giovanili. A Roma poté finalmente ammirare di persona i suoi affreschi e le sue pitture, ed è in virtù di questa ispirazione che Ingres è considerato il più moderno e il più sensuale dei pittori neoclassici. Quella grazia muliebre che prestava all’aristocrazia, la si ritrova anche nei ritratti delle giovani popolane, e si tratta dei primi segni di un’attenzione antropologica cui più tardi giungeranno Filippo Palizzi e la scuola naturalista. Il Neoclassicismo non fu soltanto la celebrazione di Napoleone, ma anche la riscoperta di quella bellezza che la teatralità del Barocco e del Rococò avevano in un certo senso sminuita e soffocata.

Ingres, Raffaello e la Fornarina, 1848, Columbus, Museum of art

La mostra di Palazzo Reale, nel suo respiro di grande affresco dell’epoca napoleonica in Italia, comprende anche la cerchia degli altri artisti che gravitavano a corte, e dal loro numero si comprende come l’attenzione di Napoleone per l’arte sia sempre stata alta, a beneficio suo personale ma anche della sua numerosa famiglia, cui aveva procurato regni e principati in giro per l’Europa. Ma il Neoclassicismo non fu soltanto la celebrazione di un impero e di un imperatore. Fu anche, e forse soprattutto, una stagione artistica moderna, la prima, ad esempio, nella quale l’erotismo assume un carattere preminente, anche sulla scia delle trattazioni del “divino” Marchese De Sade, che legava la forma repubblicana alla liberalizzazione dei costumi.

E anche dopo la caduta di Napoleone, la stagione artistica neoclassica conservò il suo slancio, e molti dei suoi esponenti francesi rimasero in Italia, nello specifico a Roma. Ingres vi tornò nel 1834, dopo un soggiorno a Firenze, nominato direttore dell’Accademia di Francia; nell’Urbe poté continuare a sviluppare la sua pittura “raffaellesca”, fatta di grazia, eleganza, e semplicità, definitivamente libera da quegli orpelli barocchi che ancora appesantivano le opere del suo maestro David.

Al Neoclassicismo la storia dell’arte è debitrice di alcuni generi pittorici sviluppatisi in quegli anni. In primo luogo, il nudo divenne un soggetto assai diffuso che lasciava il campo della mitologia per “invadere” quello terreno delle donne reali. Celebri, infatti, le odalische di Ingres e David, con la loro sensualità orientale, la leggera pinguedine dei corpi morbidi e dalla pelle dorata, simboli di un Oriente fiabesco e misterioso.

Anche la pittura storica nasce in questi anni, in particolare per le esigenze di celebrazione delle imprese napoleoniche. Tuttavia farà sentire più avanti i suoi effetti sull’Italia, dando il modello per quella pittura patriottica che accompagnò le imprese risorgimentali. La prima ventata di libertà soffiò sull’Italia con Napoleone, e se non si trattò di indipendenza nel senso proprio, comunque gli italiani ebbero per la prima volta in mano quegli strumenti per costruire una coscienza civile su cui costruire il Risorgimento. Una ragione in più per riscoprire quella vivace stagione che dalla Francia investì anche l’Italia.

 

ULTIM’ORA

Civita devolverà 1 euro per Notre-Dame per ogni biglietto venduto
Dopo lo sconforto iniziale seguito all’incendio che ha devastato la cattedrale parigina di Notre Dame – si legge in una nota degli organizzatori – in tutta Europa è iniziata una gara di solidarietà e una raccolta fondi per la sua ricostruzione, a sostegno di un patrimonio della Francia e dell’intero continente. Anche Civita intende fare la sua parte, partendo da Milano. Ricordando il patrocinio concesso dall’Ambasciata di Francia e interpretando lo spirito di una mostra fondata sulla collaborazione italo-francese, a partire da sabato 20 aprile e fino alla chiusura della mostra, per ogni biglietto acquistato, Civita devolverà 1 euro per la ricostruzione della cattedrale“.

In copertina: Jeau Auguste Dominique Ingres, Dormeuse, 1820, Londra, Victoria and Albert Museum

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