A trent’anni dalla scomparsa, la mostra Robert Mapplethorpe. L’obiettivo sensibile alle Gallerie Nazionali di Arte Antica ricorda, in 45 opere, il fotografo newyorkese che fu protagonista della controcultura americana dalla fine degli anni Settanta. A cura di Flaminia Gennari Santori, in collaborazione con la Robert Mapplethorpe Foundation di New York, è esposta fino al 30 giugno 2019.

Robert Mapplethorpe, Self portrait, 1988 © Robert Mapplethorpe Foundation
ROMA. Innovativo e controverso maestro della fotografia del secondo Novecento, Robert Mapplethorpe (1946 – 1989) ha caratterizzato la sua opera con numerosi e colti richiami alla storia dell’arte, in particolare al classicismo e al Rinascimento italiano, particolarmente interessato alla plasticità del corpo umano, al punto che, come lui stesso dichiarò in un’intervista degli anni Ottanta, “Se fossi nato cento o duecento anni fa, sarei stato sicuramente scultore, ma la fotografia è un modo rapido di vedere e di scolpire”. Lo affermò confermando il suo approccio “michelangiolesco” all’antropomorfismo.
Mapplethorpe non è stato fotografo di paesaggio, di situazione o di reportage; fu cantore di un modo di essere, ovvero del lato trasgressivo degli anni Ottanta, espresso attraverso un immaginario fatto di nudi, fiori, ritratti e sesso estremo; un poetico racconto per immagini di un alternativo stile di vita e di pensiero. A suo modo interpretazione moderna del concetto di classicità, bianco e nero degli scatti di Mapplethorpe, si muove sui criteri compositivi di simmetria, euritmia e varietà compositiva, e in virtù di ciò si presta a un affascinante dialogo con la collezione permanente di arte antica della Galleria Corsini, fatta di statue e dipinti, che vanno dal ritratto alle scene bibliche, dai muscolosi atleti greco romani alle natura morte barocche. Il bianco e nero di Mapplethorpe è più espressivo di un arcobaleno, definisce il corpo e la sua armonia geometrica, e insieme ne esalta certe caratteristiche anatomiche, le quali perdono qualsiasi elemento di volgarità, mostrandosi al pubblico in una forma di mediata accettabilità. La composizione di Mapplethorpe è costantemente geometrica, rivelatrice della profonda influenza che lo studio delle avanguardie artistiche del Novecento ebbe su di lui, negli anni del college, accanto alla statuaria classica.

Robert Mapplethorpe, Female torso, 1978 © Robert Mapplethorpe Foundation
A differenza di Nan Goldin, che documenta gli eccessi newyorkesi fra coca-party e orge improvvisate in squallidi appartamenti di Queens o del Bronx, Mapplethorpe utilizza un approccio assai più distante e raffinato, costruendo in studio ogni singola fotografia, studiandone i migliori effetti di luce, i contrasti, le proporzioni prospettiche. Così facendo, suggerisce un mondo e le sue problematiche, e per farlo sceglie il bianco e nero, evitando scene di vita reale o foto di gruppo, al contrario preferendo ritratti singoli, realizzati con un’estetica che ricorda la statuaria greco-romana, così come quella rinascimentale di Michelangelo, ma solo a livello estetico; perché se il David è il simbolo della forza dell’ingegno (di cui i muscoli sono metafora), i robusti soggetti di Mapplethorpe richiamano sì l’armonia estetica classica e rinascimentale, ma non ne possiedono quella concettuale. Dai suoi scatti emerge il lato oscuro dell’edonismo reaganiano e della società americana, con il bondage e le scene sadomaso, le notti dove tutto poteva accadere ed effettivamente accadeva. Situazioni che, detto per inciso, riportano alla mente anche alla licenziosa Roma papalina, dei Barberini come di tanti altri cardinali notabili di Curia. Mapplethorpe non è comunque mai volgare, si muove fra ironia e sottile provocazione, con l’intento non soltanto di affermare diritti ma anche di sensibilizzare la coscienza di una società, non soltanto americana. La scoperta della sieropositività, a metà degli anni Ottanta, non fece venire meno il suo impegno artistico, che prese una piega di attesa contemplativa, come testimonia l’Autoritratto del 1988, con atmosfere che rimandano al Barocco spagnolo.
La mostra romana, suggestiva e raffinata, propone Mapplethorpe a confronto con l’arte antica, rivelandone la capacità di studio e osservazione, l’erotismo talvolta soffuso talvolta esplicito, vicino ai maestri pittori del Cinquecento e del Seicento; non soltanto trasgressione, ma il racconto di un moderno edonismo.
In copertina: Robert Mapplethorpe, Marcus Leatherdale, 1978 © Robert Mapplethorpe Foundation
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