Il Taurasi, principe dei rossi meridionali, il primo grande vino nella storia moderna del Sud. Una storia di passione tramandata di generazione in generazione, grazie al coraggio e alla lungimiranza di una delle dinastie più antiche dell’enologia italiana.
Mastroberadino, oltre un secolo di vita di una grande azienda depositaria di un patrimonio culturale che negli anni ha saputo conservare il valore e le peculiarità di un vitigno antichissimo come l’Aglianico da cui nasce un vino unico al mondo.
Il Taurasi è un rosso italiano elegante e raffinato che ha origine sulle fredde colline dell’Irpinia più di duemila anni fa e le cui doti venivano annoverate già al tempo dei Romani quando si parlava delle Vigne Optimae di Taurasia e di Vitis Ellenica, poste nei possedimenti di Livia Drusilla seconda moglie dell’imperatore Augusto. Una bevanda dionisiaca che regala ogni anno alla cantina avellinese una sfilza di premi e riconoscimenti per la capacità imprescindibile di realizzare bottiglie prestigiose che sopravvivono al declino del tempo. L’opera d’arte più recente è il Taurasi Radici Riserva 2009, un nettare uscito sul mercato nel mese di dicembre che ha subito incrociato il gusto di Gambero Rosso, Guida Essenziale ai Vini d’Italia di Daniele Cernilli, Guida Veronelli 2017, Annuario dei Vini Italiani di Luca Maroni, Bibenda e Vitae, ottenendo il sesto posto e il primo in Campania tra i migliori vini italiani nella Guida delle Guide 2017 di Gentleman.
Ma Radici Riserva 2009 è solo l’ultima punta di diamante di una collezione dal valore inestimabile. Mastroberadino ha il merito di aver fermato il tempo in una bottiglia. Parliamo di una delle poche realtà del Sud Italia che può vantare una cantina museo con bottiglie degli anni ’20 ancora straordinarie. O, come ama definirle il Professore Piero Mastroberardino (ordinario di Discipline manageriali all’Università degli Studi di Foggia), ultimo rappresentante di una tradizione iniziata nel 1878, “ancora godibilissime”.
“Sono bottiglie che danno un’ emozione – mi racconta l’imprenditore – la testimonianza del fatto che la sensibilità per la produzione di vini di pregio non è una peculiarità degli ultimi 40 anni, ma è una cosa che già un secolo fa la mia famiglia sapeva ben fare. Questi vini sono spettacolari, hanno avuto 99 centesimi dai più grandi degustatori al mondo che sono intervenuti alle nostre degustazioni. Mi piace parlarne come pezzi di storia, monumenti del vino con il pregio di essere ancora godibilissimi con il cibo”.
Basta visitare la cantina che ha sede ad Atripalda, in provincia di Avellino, per capire che dietro una bottiglia di vino non c’è solo la potenza di una famiglia icona nel Mezzogiorno, ma c’è la poesia di una terra, la vita avventurosa di imprenditori all’avanguardia che hanno attraversato gli oceani per rendere grande il nome del Taurasi e inscrivere l’Irpinia nelle mappe geografiche del settore vitivinicolo.
Se oggi possiamo gustare un buon calice di Taurasi il merito è da attribuire in toto al papà di Piero, Antonio Mastroberardino, il quale all’indomani della seconda guerra mondiale, giocò un ruolo chiave nel conservare e rilanciare i vitigni autoctoni, ormai in fase di estinzione, individuando le aree di produzione e la loro vinificazione in purezza.
“Il conflitto mondiale aveva prodotto un azzeramento di tutto quello che era stato in Irpinia – mi spiega Piero Mastroberardino – Mio padre aveva avanti a sé il compito di ripartire con dei vini i cui nomi si erano persi nelle nebbie della memoria. Il suo obiettivo fu subito chiaro: impegnarsi per il rilancio della viticoltura in Irpinia, combattendo nel nome e nel rispetto delle nostre radici. Fu un periodo drammatico e difficile, ma l’azienda riuscì grazie alla capacità di leadership a riaffermarsi sui mercati internazionali”.
Dagli anni ’50 in poi, Antonio Mastroberardino ricostruì l’apparato produttivo di un territorio devastato dalla guerra compiendo quello che fu definito il miracolo della viticoltura in Irpinia. Precursore di un’enologia senza compromessi, regaló alla sua città un successo dopo l’altro fino all’esplosione del Taurasi nei mitici anni ’90. Il rosso irpino si riafferma tra i grandi vini internazionali raggiungendo il riconoscimento DOCG, unico vino di tutto il Centro-Sud Italia fino al 2003. Una pratica presentata dallo stesso Piero Mastroberadino.
“Gli anni ’90 sono un punto di svolta. Reduci dai grandi obiettivi conquistati negli anni ‘80 con il progetto Radici con cui ripensiamo alla forma di allevamento prevalente nel vigneto, tramutandola in una viticoltura ad alta densità di impianto e a bassa resa quantitativa, nel decennio successivo avviene un’altra grande rivoluzione che riguarda le pratiche di cantina, in particolare i processi di macerazione. L’aglianico è una delle varietà a più elevato contenuto di tannini e polifenoli rispetto a qualunque altra e qui risiede la sua capacità di invecchiare. L’evoluzione nell’uso dei legni ci ha permesso di dare un contributo vincente al processo di invecchiamento del Taurasi”.
Il successo di Mastroberardino risiede proprio in questa capacità di guardare sempre oltre. Le dieci generazioni che si sono succedute hanno dimostrato in ogni caso intuizione, coraggio e saggezza. Una filosofia che ha permesso alla cantina di sfornare ottimi vini con una certa regolarità anche a costo di sacrificare i guadagni. Piero, oggi al timone della celebre griffe, continua con la stessa lungimiranza dei suoi avi a esaltare il Taurasi al rango di un vino di culto.
“Il Taurasi viene invecchiato prima dell’immissione al consumo per tre anni, di cui uno in botti di rovere – spiega il professore – Le migliori annate invecchiate per 4 anni vanno a Riserva. Rispetto al disciplinare noi usciamo molto più tardi, dovremmo essere fuori con un Riserva del 2012 e invece abbiamo appena vinto un premio per una bottiglia del 2009. Per noi non ha senso bruciare i tempi con un vino che ha un potenziale ottimo di invecchiamento e se l’annata non è all’altezza del vino preferiamo non uscire per niente. Certo penalizza le vendite nel breve, ma poi quando ti presenti riesci ad avere i premi che abbiamo detto”.
Oggi la viticoltura in Irpinia ha compiuto passi da giganti, dagli anni ‘90 in poi c’è stato il boom delle cantine, ma se il Taurasi Mastroberardino si conferma con continuità tra i migliori vini prodotti e assaggiati negli ultimi 100 anni è perché il miracolo dell’enologia si è compiuto nel solco tracciato dall’inossidabile lucidità di questa grande famiglia.
22
Mar
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