L’architetto e scrittore partenopeo accompagna il lettore alla scoperta di Napoli, attraverso un personalissimo itinerario, fra luoghi noti e meno noti. Tullio Pironti Editore, pp. 157, Euro 12.
NAPOLI – D’origine magnogreca, importante città romana e bizantina, capitale angioina, aragonese, borbonica, ferita dalla Seconda Guerra Mondiale e ancora in attesa di una rinascita definitiva, Napoli non manca di affascinare per la posizione geografica affacciata sul mare e il Vesuvio, per quella sospensione fra passato e presente, per quella commistione di storia e di storie, ma anche per il carattere chiassoso e colorato dei suoi abitanti. Davide Vargas, architetto e scrittore, ha instaurato con Napoli un rapporto viscerale, e lo racconta al lettore attraverso le pagine del romanzo breve L’altra città. Guida sentimentale di Napoli, accompagnandolo in un itinerario insolito, dal sapore crepuscolare, sorprendente per gli scorci inattesi che regala e la poesia di cui è intrisa una città che contrappone magnificenza e degrado, passione e indifferenza. Grazie alla penna dell’autore, Napoli ci sfila davanti come un’immensa macchina teatrale dal volto caleidoscopico, che spazia dalle imponenti vestigia borboniche al fascino sbreccato dei quartieri popolari, dai reperti del Museo Archeologico alle architetture della Mostra d’Oltremare.
Uno stile narrativo incalzante, coinvolgente – che riecheggia il ritmo della città di Napoli – e un linguaggio ora poetico ora crudamente realista, Vargas accompagna il lettore in un lungo itinerario che mostra la città da inconsueti punti di vista; lo sguardo dell’autore si sofferma su particolari architettonici nascosti ma emblematici, i suoi passi percorrono strade e stradette secondarie, sforando appena quelle principali, ma sempre restando immerso nella bellezza della città, della quale ci mostra i lati meno ovvi, e forse più poetici. Questa personalissima guida si apre con l’Accademia di Belle Arti, fondata nel 1752 da Carlo di Borbone, e ancora oggi polo d’attrazione per studenti da ogni parte del mondo; Vargas ce la racconta immersa in un dedalo fatto dei profumi delle vicine pasticcerie, delle ombre delle palme della piazza antistante, sfiorata dai turisti e dal traffico urbano. Un’immagine sospesa fra esotismo e classicità, e la magia prosegue con un giro nelle aule ancora vuote di persone ma piene di statue, bozzetti in gesso, disegni e dipinti; una città nella città, con abitanti modellati dall’ingegno dell’uomo, qui da secoli coltivato e che vide nascere la Scuola Napoletana di Palizzi, De Nittis, Gemito, Netti. Un luogo vivo, non più, a dispetto del nome, del cosiddetto Cimitero delle 366 fosse, un luogo che conferma il rapporto paradossale, epicureo e mistico insieme che la città di Napoli mantiene con il fenomeno della morte. Un cimitero voluto nel 1762 per garantire dignitosa sepoltura ai defunti indigenti, L’autore lo descrive nei tufi coperti di edera, nella larghezza delle folle, nelle dimensioni dei coperchi delle tombe. Il luogo è un qualcosa di più che una testimonianza del passato, anche se non più utilizzato è comunque parte della città, anzi è una città nella città, non lontano dalla tangenziale e dal Tribunale.
Con poesia e sensibilità, ma senza retorica, Vargas mostra al lettore gli aspetti controversi della quotidianità contemporanea, che purtroppo non risparmiano nemmeno Napoli: immigrati e senza tetto che sostano o mendicano sotto il Maschio Angioino o il Castello Aselmeyer, incastonati a loro modo in questa bellezza eterna, meno celebrata ma non meno imponente di quella di Roma. Ma Napoli non è soltanto passato, è anche città del presente, con un clima culturale particolarmente vivace. In fatto di arte contemporanea, ad esempio, non c’è soltanto il MADRE; la città stessa si fa museo, accogliendo, ad esempio, i murales di Banksy e Blu, che l’hanno resa una capitale mondiale della street art, e Vargas trasforma queste opere d’arte in autentici personaggi che dialogano con il paesaggio circostante, vi si immergono come vecchi amici, restano incantati in quel dedalo di colori, profumi, voci, commerci, in piena Spaccanapoli, da sempre uno dei luoghi più vivi e caratteristici della città. L’autore indulge con affetto sui mille particolari di questo mosaico che non ha eguali, vivace quanto la Sanità, un quartiere già caro a Luciano De Crescenzo, dal colorato e rumoroso mercato, cuore pulsante di un quartiere sempre in moto, percorso da un traffico spericolato, che conserva tesori come il settecentesco Palazzo Sanfelice dal fascino decadente, ma è anche lo scenario di vite difficili, così di eroismi quotidiani nel nome dell’arte e della civiltà, che denotano uno sconfinato amore per la città e la sue gente.
Nelle sue appassionate pagine, Vargas ci regala istantanee di vita cittadina che hanno il sapore di una commedia di De Filippo, allegre e crepuscolari insieme; pagine sensibili a una bellezza senza tempo, ma ancora di più alla gente che vi abita, al suo macrocosmo quotidiano reinventato che, come un teatro, è avvolto in mille colori, carico di entusiasmo e intraprendenza, così come di rabbia e velata nostalgia.
Impreziosisce il volume, una “mappa dei luoghi” costituita da disegni eseguiti dallo stesso Vargas, che hanno il sapore di delicati bozzetti cinquecenteschi all’acquerello.
(Tutti gli acquerelli sono di Davide Vargas. In testa all’articolo “Il Cimitero delle 366 fosse”)
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