TOP
5 Ott

Disobbedisco. A Trieste è in mostra la rivoluzione di Fiume

Fra politica e utopia, una mostra racconta il Centenario di Fiume

 

Nel Centenario dell’Impresa di Fiume, una mostra al Salone degli Incanti, curata da Giordano Bruno Guerri, celebra D’Annunzio e l’utopia che per oltre un anno animò la città dalmata rivendicata dai nazionalisti italiani all’indomani della Grande Guerra. Documenti, fotografie, cimeli d’epoca, le divise e gli oggetti personali del Vate, raccontano un periodo storico ancora oggi poco conosciuto e compreso. Fino al 3 novembre 2109.

Una divisa indossata da D’Annunzio a Fiume

Modello dell’aereo SVA 5 del volo su Vienna

Le donne di Fiume e l’emancipazione

TRIESTE. Gabriele D’Annunzio ha sempre guardato avanti: innovatore nel creare il personaggio, nel creare un’idea di mondanità che rispondesse al suo gusto raffinato e in cui potersi tuffare per ammirare ed essere ammirato. Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale e studioso del Vate, ha pensato e curato una mostra che celebra l’impresa politica e militare del settembre 1919, inserendola però nel contesto del pensiero e dell’estetica dannunziani, a cominciare dall’allestimento: un maestoso mezzo meccanico in pelle metallica, a metà fra dirigibile e sottomarino, che ricorda le imprese militari del vate, dalla Beffa di Buccari al Volo su Vienna, compiute durante la Grande Guerra; al suo interno, tra velluti e luci soffuse, fotografie, giornali d’epoca, divise e decorazioni militari, cartoline, cimeli vari – fra cui l’autovettura con la quale D’Annunzio fece il suo ingresso a Fiume, la maestosa bandiera tricolore che fu già del Maggiore Giovanni Randaccio, e con cui il Poeta coprì le bare dei caduti nel Natale di Sangue del dicembre 1920 -, ricostruiscono una vicenda che non fu soltanto un atto di nazionalismo, ma il tentativo di costruire, partendo da Fiume, una società nuova. Partendo da Ronchi con i suoi Legionari fra l’11 e il 12 settembre 1919, senza incontrare la resistenza dell’Esercito regolare (che anzi solidarizzò con l’impresa), D’Annunziò mostrò la vitalità di un’Italia che cercava e voleva la modernità, e non si limitava a quelle rivendicazioni di territori che gli accordi di Versailles del 1919 non riconoscevano come italiani. E nemmeno si voleva sovvertire l’ordinamento italiano (cui invece mirava Mussolini, sotto la bandiera del nazionalismo); lo scopo di D’Annunzio aveva una prospettiva più ampia, assai meno violenta, utopica se vogliamo, ma proprio per questo coraggiosa.

Da quest’ultimo punto di vista la mostra costituisce un interessante strumento di lettura, poiché intende approfondire le implicazioni “umanistiche” dell’Impresa di Fiume, ovvero la rivoluzione sociale,  artistica, giovanile e, soprattutto, l’emancipazione femminile. Percorrendo le sale, si percepisce la determinazione del Vate nel cercare di far nascere una società nuova, più che un nuovo Stato, vicina all’esperienza tedesca dei Wandervögel cui si affiancava una decadente raffinatezza. Fra ottuagenari veterani garibaldini, nobildonne, prostitute, avventurieri, militari e intellettuali (anche un giovanissimo Giovanni Comisso), cadono i tabù e si teorizza la società moderna; in quella Fiume controversa nacquero quei costumi libertari che avrebbero segnato il secondo Novecento. Una vicenda che dimostra come D’Annunzio capisse le istanze del suo tempo e cercasse di trasmetterle all’uomo comune per elevarne lo spirito. L’8 settembre, con la Carta del Carnaro, il Vate provò ad aggiungere un altro tassello al suo mosaico politico, immaginando la compenetrazione fra istruzione scolastica e addestramento militare, già teorizzata prima della guerra, ma da nessuno tradotta in formula politica. Inoltre, grazie al ruolo riconosciuto alle corporazioni, le categorie produttive assumevano un ruolo importante all’interno dello Stato, una novità assoluta nell’Europa moderna, che poi il Fascismo tenterà senza molto successo di fare propria. A Fiume, D’Annunzio provò a creare una sorta di nuova Atene in armi, si potrebbe concludere; armi che in realtà spararono poco, perché il culto patriottico fu in realtà il mezzo per anticipa le avanguardie, le utopie e le rivolte del Novecento.

 

Nessun Commento

Inserisci un tuo commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.