A Palazzo Mazzetti, 75 opere – provenienti dalla prestigiosa raccolta dell’Association Peindre en Normandie di Caen -, raccontano l’epopea della pittura impressionista e i suoi legami con i paesaggi della Normandia, che ispirarono Monet, Corot, Renoir, Bonnard e molti altri, nella creazione di capolavori immortali. Fino al 16 febbraio 2020.
ASTI. In quella seconda metà d’Ottocento, i bagliori della nascente Belle Époque ancora non avevano gettata la società europea nel baratro dell’angoscia, e anche la pittura era specchio di una società più serena e spensierata. A riscoprire il paesaggio e la sua bellezza furono i pittori francesi, sulla scorta degli acquerellisti inglesi; in particolare fu l’Impressionismo a riportare la pittura di paesaggio ai fasti del passato, come riscoperta della bellezza della natura e della sua luce, in reazione allo storicismo accademico e tardo-romantico. Ma a ispirare Monet nell’inventare l’Impressionismo, fu l’autodidatta Eugène Boudin: nato nel 1824 a Honfleur da una famiglia di umili origini, si portò sempre dentro la fascinazione per la natura selvaggia della Normandia, e più in generale, per il paesaggio arioso e luminoso; una fascinazione che indirizzò il suo interesse per la pittura, che rappresentava la possibilità di fissare sulla tela quelle atmosfere uniche. E per farlo, Boudin sceglie un metodo che all’epoca rappresentò una sensibile innovazione: mentre la pittura d’accademia si concentrava nel chiuso degli atelier, lui scelse di dipingere all’aria aperta, di avere davanti agli occhi il paesaggio che voleva riprodurre, in modo da poterne apprezzare i colori, ma anche le variazioni di luce, i profumi, i rumori e i silenzi. Un approccio immersivo, il paesaggio naturale diventa un corpo vivo, ripreso non tanto in chiave strettamente realistica, quanto attraverso i cambiamenti cui è soggetto per tramite di semplici fenomeni fisici o atmosferici. Monet, che fu suo allievo, fece tesoro di questi insegnamenti, riuscendo a tradurli in un nuovo stile pittorico.
Per la prima volta, notava Maupassant, si avvertiva sulla tela la forza della pioggia e dei temporali, si poteva catturare la leggerezza dei raggi del sole, la spuma delle onde marine, l’umidità della sabbia. La Normandia è la protagonista di questa grande retrospettiva che cattura una delle fasi più poetiche della stagione impressionista, toccandone i lati mondani, sociali, naturalistici. La mostra astigiana si dispiega come un grande affresco capace di coniugare il mare, la pesca, le regate, i vaporetti e la mondanità.
Boudin, Corot, Courbet, precursori dell’Impressionismo, scoprirono e diffusero le ruvide tonalità normanne, gli azzurri venati di grigio dei cieli nordici, l’imponenza di quelle spiagge dove il mare si abbatteva furioso o dove la marea creava distese di sabbia tanto sconfinate quanto provvisorie. L’imponenza dei faraglioni e delle scogliere di Etretat, i tramonti eterei riflessi sulla superficie del mare, le barche dei pescatori che dondolano alla brezza estiva. Un mondo di colori, profumi, silenzi, fruscii, che trova sulla tela una sorta di esaltazione estetica. All’interno, invece, si dispiegava una campagna severa, fatta, notava ancora Maupassant, di “sentieri scavati ombreggiati dai grandi alberi cresciuti sulle scarpate. Casupole racchiuse nelle loro cinture di faggi slanciati”. Di questi paesaggi sono superbi cantori gli Impressionisti, con la pennellata pastosa ma gentile, gli effetti di luce, i fenomeni naturali di pioggia o nebbia.
Ma la Belle Époque significò anche l’inizio della moda della villeggiatura al mare, e di questo nuovo aspetto sociale la pittura fu un eccezionale specchio: Monet, da parte sua, immortalò i lussuosi alberghi in riva al mare e le promenade convenzionali. L’osservazione della società, però, non era dettata tanto da motivazioni sociali (come avveniva invece nel clima del “romanzo naturalista”), quanto da opportunità di carattere tecnico ed estetico; la folla in movimento costituiva infatti un’occasione per un andamento dinamico della composizione, per una sfolgorio di colori a contrasto con il paesaggio urbano.
Una mostra ampia e documentata, che va oltre i grandi nomi di Monet, Renoir, Courbet, ed è anzi occasione per ammirare i cosiddetti “minori”.
In copertina: Charles Angrand, Il Ponte di Pietra a Rouen, 1881 Collection Association Peindre en Normandie, Caen
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