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1 Nov

Giulio Romano, pittore europeo

Con il sostegno del Musée du Louvre di Parigi, una grande antologica indaga il talento innovatore di Giulio Romano, architetto e pittore già allievo di Raffaello, che dopo l’apprendistato a Roma portò a Mantova la “nuova maniera”, dando avvio alla seconda fase del Rinascimento.

A Palazzo Ducale, fino al 6 gennaio 2020

MANTOVA. Alla scuola del divino urbinate ebbe il privilegio di collaborare agli affreschi di Villa Farnesina, delle Logge e delle Stanze Vaticane, e da quella posizione privilegiata apprese i segreti dell’affresco, assorbì la delicatezza del maestro, entrò in contatto con il mondo del mecenatismo papale: respirò, insomma, l’aria di quel Rinascimento grazie al quale l’Italia era il faro d’Europa. E faro d’Italia erano le tante corti delle signorie cittadine, che da Milano a Firenze, passando per Verona, Urbino, Ferrara, e toccando anche la Roma papalina, dettero l’impulso allo sviluppo delle arti come della società civile. Mantova, retta dai Gonzaga, non faceva eccezione, e qui giunse nel 1524, su invito di Federico II, Giulio Pippi de’ Jannuzzi (Roma, 1492 o 1499 – Mantova, 1546), già allievo di Raffaello con cui si era formato nella città natale.

Giulio Romano, Nascita di Apollo e Diana, Parigi, Musée du Louvre

Con nuova e stravagante maniera. Giulio Romano a Mantova racconta in quaranta dipinti e circa settanta disegni la parabola artistica di uno dei più interessanti e innovativi pittori del Cinquecento italiano, capace di dare a ogni sua opera un carattere narrativo e teatrale, volto a raccontare la realtà delle passioni umane. Con il nuovo sentire filosofico di matrice neoplatonica, con l’allentamento del controllo ecclesiastico sull’arte e la cultura in generale, la società si secolarizza, così come il pensiero. La mostra è anche occasione per ammirare i settantadue disegni di Giulio concessi in prestito straordinario dal Louvre, dai quali è possibile ricostruire il lavoro di approfondimento dell’idea iniziale per una nuova opera: ogni disegno non è infatti una mera, necessaria “tappa tecnica” nella realizzazione del lavoro, ma per la perizia con cui è eseguito costituisce la vera e propria genesi dell’opera d’arte. L’interesse di Giulio per il disegno emerge anche nella pittura, nella quale mantiene quel segno inciso, quasi grafico, e una tavolozza fredda, come se avesse a disposizione solo sanguigne carboncino. Fra i disegni di Giulio eseguiti negli ultimi anni della sua permanenza a Roma vanno ricondotti lo studio per la Lapidazione di santo Stefano e i progetti per la decorazione della sala di Costantino in Vaticano, di cui l’artista riprese la direzione insieme con Giovan Francesco Penni, dopo la prematura scomparsa di Raffaello. È da qui che la mostra prende avvio, per poi illustrare, dopo la formazione a Roma, gli anni della maturità artistica a Mantova, dove Giulio svolse anche attività di architetto.

Giulio Romano e bottega, Orfeo ucciso dalle baccanti, Collezione privata

Il percorso espositivo si dispiega su opere sacre e profane, queste ultime ispirate al mondo della mitologia classica, il più apprezzato dai mecenati dell’epoca, anche di ambiente ecclesiastico, uomini gaudenti formatisi più su Platone e Orazio che sulla Bibbia e i Vangeli. Comunque fosse, in ognuna Giulio dispiegò quella “nuova maniera” di cui era diventato a sua volta maestro, con la quale portò a ulteriore progresso il livello già raggiunto da Raffaello, ritenuto “divino” per la delicatezza greca delle proporzioni e per la soavità dei colori. Una “nuova maniera” che sarà un riferimento anche per altri artisti, non soltanto in Italia, ma in Europa. La “grecità” di Giulio emerge anch’essa in quella proporzione espressiva delle anatomie umane, nel loro leggiadro plasticismo che tuttavia non è etereo, ma sottilmente carnale, vicino alla sensualità raffaellesca. Giulio costruisce un vero e proprio teatro dell’emozione, sostenuto dalle espressioni pensose o stupite dei protagonisti, con le bocche semiaperte in atto di assorta contemplazione della realtà, la mimica dei corpi al limite di una deformazione che ne accentua la carnalità e l’intensità. Dalla tela di Giulio scaturisce quindi l’umanità con le sue passioni, le sue aspirazioni, il suo dibattersi nelle questioni di pensiero. Alla luce di ciò, è quindi doverosa una rilettura dell’opera di Giulio, sin qui ritenuto per lo più artista “licenzioso”, in realtà molto più attento allo spirito di molti suoi contemporanei.

Non manca, infine, una considerazione sull’eredità lasciata dall’artista, con alcune pale d’altare eseguite da artisti della sua cerchia, esposte a fianco dei disegni originali del maestro.

Una mostra raffinata che celebra e allo stesso tempo riscopre uno degli artisti cardine del Rinascimento italiano.

 

In copertina: Giulio Romano e bottega, Diomede combatte Fegeo e Ideo, Mantova, Palazzo Ducale, Sala di Troia

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