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3 Giu

Il tabacco in tavola

Tra infusioni e affumicature, scopriamo che le foglie di questa solanacea non finiscono solo nelle pericolose sigarette, ma hanno anche scritto una pagina importante (e innocua per la salute) della storia gastronomica mondiale.

Creazione di Domenico Stile ©aromi.group

Fiutato, fumato, masticato, ma anche in qualche modo mangiato. Dal suo arrivo in Europa, dove all’inizio spopolò come droga ricreativa, il tabacco ha vissuto di successi e cadute. Se oggi se ne combatte la dipendenza anche attraverso la Giornata mondiale senza tabacco, che si celebra proprio il 31 maggio, è vero anche che la sua origine vegetale ha tanto da dare soprattutto a tavola. Lo aveva capito benissimo Davide Scabin, tra i primi a stupire con le affumicature, ma lo sanno bene anche le nuove generazioni che stanno esplorando fin dove possono spingersi tra infusioni e foglie fresche.

Che cos’è il tabacco
Il tabacco è una pianta che appartiene alla specie delle Solanacee. Il primo vegetale di tale famiglia a giungere in Italia dall’Oriente è stata la melanzana. Dopo molti secoli, dal Nuovo Mondo, sono arrivate le patate, il pomodoro, il peperone e il tabacco. Ben presto e con le dovute cautele, gli europei hanno familiarizzato con questi prodotti, tabacco compreso. È stato fumato, fiutato, masticato e mangiato, con successi alterni e fisiologici abbandoni.

È bene puntualizzare che i piatti al tabacco non sono dannosi per la salute. La nicotina è presente anche nelle altre solanacee, quindi c’è anche nella melanzana, la patata, il peperone e il pomodoro. Il basso dosaggio di questo alcaloide in questi alimenti ha solo un effetto stimolante, perché è la combustione della nicotina a far danni.

Nel 2001 il cuoco Marco Fadiga di La pernice e la gallina dichiarò che chi prova la crema leggera al rum con infuso di sigaro e croccante alla frutta secca, non la abbandona più. Negli stessi anni lo chef Filippo Chiappini dell’Antica Osteria del Teatro di Piacenza usò il tabacco in infusione per aromatizzare una salsa di accompagnamento a un pesce leggermente affumicato. A MasterChef 4 Nicolò Prati presentò un raffinato filetto in crosta di tabacco. Nel 2006, da El Celler de Can Roca, Jordi Roca propose A Trip to Havana. Il dessert si presentava come un sigaro fumante, completo di cenere, il cui il sapore del tabacco che brucia era stato messo in infusione con la crema.

Aimo e Nadia Moroni scelsero il tabacco da pipa, morbido e più piacevole in bocca, per realizzare un dessert con tre mousse di diversi tipi di cioccolato. «La cosa particolare è che il tabacco si percepisce 20 secondi esatti dopo aver assaggiato il primo boccone», spiega Nadia Moroni. «Lo chiamiamo, dessert a tempo, la gente si stupisce, apprezza, continua a chiedercelo». In quel periodo il gastronomo Andrea Grignaffini parlò di “tabacco chef”, dicendosi grato per aver accolto questa spezia nei ricettari dell’alta cucina.

Chi lo usa oggi e come
Per Massimo Viglietti, resident chef del ristorante Taki Off di Roma (Miglior Novità dell’anno per la Guida “I Migliori Ristoranti di Roma 2021” del Gambero Rosso), il tabacco è “una sfida, un elemento divertente di innovazione”. La sua cucina è un laboratorio dove le idee e le fantasie prendono forma, la gastronomia è un’arte libera in cui utilizzare gli ingredienti spingendosi oltre i limiti del gusto per stimolare sempre nuove sensazioni e generare nuovi ricordi.

Come i Moroni, Viglietti preferisce le note più dolci e morbide del tabacco da pipa, le infusioni in materie grasse, come latte o panna che ne attenuano la carica amara e pungente e le affumicature per le patate e le carni di pesce, come nel suo sgombro affumicato al tabacco servito con gelato ai gamberi. Il tabacco gli ha fornito innumerevoli spunti, il più audace è forse stato un dessert in cui la degustazione di un gelato al profumo di Fisherman’s accompagnato da un’acqua profumata alla menta terminava con una boccata di sigaretta al mentolo.

Il tabacco come spezia piace molto anche a cuochi giovanissimi e di grande talento, come il pugliese Leonardo D’Ingeo, chef di Ca-Ri-Co, a Milano. Si è approcciato alle foglie attraverso il mondo vegetale, usandole per creare pomodori affumicati in aceto di tabacco. Anche Domenico Stile, il più giovane chef stellato di Roma per Enoteca La Torre, ha inserito l’infusione di tabacco tra i suoi capisaldi gastronomici. Viene usato per creare una spuma, lasciando le foglie in infusione nella panna prima grazie a un roner (30 minuti, a 60 gradi), poi per una notte in frigo, in modo da scaricare il profumo del tabacco, ma senza il suo piccante e l’amaro. Lo stesso procedimento viene usato per fare il gelato: il tabacco viene messo in infusione nella base.

Diego Beretta, chef del ristorante storico a San Lorenzo Il Barrocciaio 1964 (che di recente ha subito un restyling di proprietà, sala e menu), propone una sua personale versione di cacio e pepe: La Cacio, Pepe e Tabacco, ossia pasta alla chitarra fatta in casa, cacio e pepe al profumo di toscanello.

Il dessert è la parte della carta in cui il tabacco ha trovato una sua collocazione più proficua. Sembra che, nonostante i decenni trascorsi dalle prime sperimentazioni, la tradizione culinaria italiana sia così vasta e noi così ancorati a determinate remore di gusto, da non accettare facilmente nuovi elementi. Ma che la pasticceria resti ancora uno spazio libero, dove poter esercitare creatività e tolleranza.

E a proposito di dolci, il tabacco sembra intrigare più di un cuoco. Lo Chef Matteo Fronduti di Manna è diventato famoso anche per il suo Merenda hardcore, un dessert a base di cioccolato fondente, whisky, tabacco. Nel 2016 Chef Cristoforo Trapani, al Magnolia dell’Hotel Byron di Forte dei Marmi, creò un dolce che voleva essere un omaggio al cioccolato e al sigaro toscano. In un un gioco di consistenze unì la gelatina al rum, fogli di cioccolato che richiamavano le foglie del tabacco per forma e un crumble di cioccolato, introduzione al gelato al tabacco, responsabile di una piccantezza particolare, amarcord di tutte le prime sigarette della nostra vita.

E se con quelle, forse, per fortuna, abbiamo smesso (o è meglio farlo al più presto), con il tabacco a tavola c’è ancora molto da scoprire.

 

Stefania Leo

Da Linkiesta

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