SAN MARINO (RSM). In un’epoca dominata dall’ebbrezza tecnologica, dal qualunquismo dei social network e da ignoranza diffusa, aprire un’istituzione culturale che possa diventare un punto di riferimento per i cittadini, nonché centrale d’irradiamento di una certa cultura estetica, cui si accompagnano innegabili benefici sociali, è certamente un’azione lodevole, necessaria a tamponare la decadenza sociale dei tempi. Ma il gesto in sé non è sufficiente, purtroppo. Le istituzioni culturali devono, o almeno dovrebbero, caratterizzarsi per una precisa identità, per la qualità delle opere d’arte che conservano ed espongono, per le riflessioni che per loro tramite possono innescare nel pubblico, che da ogni visita dovrebbe uscire arricchito, affascinato, desideroso di saperne di più.
Obiettivi che la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea della Repubblica di San Marino consegue soltanto a metà; certamente, non è semplice, oggi, costruire una collezione di alto pregio, sia perché le opere di artisti di fama planetaria per la maggior parte già si trovano in collezioni altrui pubbliche o private che siano, e le poche sul mercato raggiungono costi proibitivi per gli enti pubblici; sia perché, per altri motivi, l’arte contemporanea soprattutto in Italia sta attraversando dagli anni Settanta una fase di scarsa originalità. Non è quindi impresa agevole costituire, oggi, una collezione di alto livello.
La Galleria sanmarinese ospita una selezione di circa mille opere appartenenti alla collezione della Repubblica, che datano dal 1948 agli anni Duemila. Assai ristretta l’area geografica – fra San Marino e l’Italia, con minoritarie presenze di artisti europei ed extraeuropei -, e la maggior parte della opere sono state acquisite in occasione delle Biennali di San Marino, o di altre manifestazioni artistiche tenutesi nel territorio.
All’interno del raffinato palazzo progettato negli anni Trenta da Gino Zani, non sono molte le opere veramente significative, anche perché la collezione si concentra principalmente sull’asfittico e ideologizzato orizzonte artistico italiano dal 1948 agli anni Settanta. Che al pubblico ha sempre parlato con difficoltà, risentendo di quel “mal d’accademia” che anche in altri settori era ed è la dannazione della cultura italiana.
L’Arte Povera, l’Informale, l’Arte Cinetica, l’Arte Concettuale, sono state correnti artistiche del disagio, a disagio esse stesse, poco comprese dal pubblico e che poco fecero per farsi comprendere. Opere non facili da esporre, che per essere apprezzate al meglio potrebbero essere inserite in un percorso di avvicinamento pensato anche per il pubblico meno preparato, con un corposo apparato esplicativo.
Più interessanti, e qualitativamente migliori le opere in apertura di Galleria, del periodo del secondo dopoguerra, fra le quali primeggia La resa di Renato Guttuso, esemplificativa del difficile clima sociale e politico dell’Italia dell’epoca; un’opera che sintetizza l’impegno civico dell’artista con la sua ricerca verso un linguaggio pittorico moderno, libero dall’accademia e sensibile all’espressionismo picassiano di Guernica, all’epoca uno dei quadri più avanguardisti del mondo. Ma come detto, il prosieguo del percorso non mantiene il medesimo livello, e se qualche nome spunta, lo fa per tramite di opere minori, ad esempio The Arunta Boat di Corradi Cagli, non certo una delle sue migliori in fatto di ricerca sull’astrattismo.
Ampio lo spazio dedicato ai linguaggi artistici sperimentali, dalla fotografia alla performance all’istallazione. Essendo a San Marino, la figura principale della sezione è l’artista locale Patrizia Taddei, la prima del Paese a cimentarsi con la performance. Apprezzabile anche il progetto fotografico di Mimmo Jodice dedicato a San Marino, e realizzato nel 1990. Ma non certo fra i suoi capolavori, così come non lo sono i bozzetti di Spagnulo. La collezione riprende un certo vigore con la Transavanguardia, e lo splendido Prima Bella Mostra Italiana (1995) dipinta a quattro mani da Cucchi e Chia, che suggella questa terza sezione dedicata ai linguaggi sperimentali.
Completa la collezione un archivio performativo, che conserva la documentazione legata a conferenze, incontri, lezioni tematiche, performance artistiche, tenutesi a San Marino; un patrimonio “immateriale” della scena artistica, che diviene una sorta di museo a sé stante.
Pur tracciando uno spaccato cronologico della storia dell’arte italiana e sanmarinese dal dopoguerra al Duemila, la qualità delle opere d’arte della Galleria non è di primo piano. Tuttavia, se indirizzato a una politica di apertura verso mostre temporanee di artisti, soprattutto giovani, italiani e stranieri, e ospitare momenti dedicate anche ad altre discipline artistiche, come il cinema o il teatro (un po’ come accade con il Centro Pecci di Prato) il museo potrà diventare un punto di riferimento per San Marino e anche per le regioni italiane limitrofe. Viceversa, potrebbe essere destinato a rimanere una delle tante “cattedrali nel deserto”, dal polveroso odore d’accademia.
Nessun Commento