La prestigiosa Reggia borbonica accoglie, fino al 16 gennaio 2020, la collezione di Cesare Lampronti, antiquario romano legato all’arte da un amore viscerale e non solo economico, che considera la propria galleria come “una finestra di cultura della nostra arte nel mondo internazionale”.
CASERTA. La bellezza è concetto estetico dalle implicazioni filosofiche, che dà la cifra della grandezza della natura e degli uomini. E del bello l’Italia è stata a lungo luogo d’elezione, il Bel Paese che attraeva letterati, artisti, pensatori, alla riscoperta di tesori d’arte d’ogni genere incorniciati all’interno di paesaggi idilliaci inondati di sole. Di questa sublime epoca storica è specchio mirabile Da Artemisia a Hackert. Storia di un antiquario collezionista alla Reggia, con capolavori dalla collezione Lampronti, che attraversa due secoli di storia dell’arte e d’Italia, dai caravaggeschi a Vanvitelli. Quasi due secoli di pittura dall’afflato grandioso e teatrale, che salta corpi, passioni, emozioni, fiori, frutti, paesaggi, architetture, attraverso i grandi nomi dell’arte italiana ed europea: Artemisia Gentileschi, Canaletto, Bellotto, Guardi, Salvator Rosa, Mattia Preti, Gherardo delle Notti, Gherardo Seghers, Vanvitelli.
Protagonista della mostra, l’Italia, con i suoi aneliti mistici di matrice spagnolesca: santi, martiri, pellegrini e penitenti. Accanto al celeberrimo Cagnacci, autori minori del Seicento italiano ci restituiscono l’atmosfera mistica di un popolo immerso nel grigiore della Controriforma, da cui si cercava evasione con i temi mitologici; e rispetto al Rinascimento, non si può non notare la mancanza di quella grazia che aveva reso grandi Raffaello e Leonardo: adesso domina una certa qual sguaiatezza, una teatralità che va oltre la plasticità formale e si fa lussuria della mente e del corpo, in un eccesso di esaltazione mistica di cui Caravaggio fu il massimo rappresentate, ma anche i suoi seguaci ne offrono buoni esempi. Più aggraziata la maniera dei tardo-caravaggeschi, nei quali albeggiano le linee diafane del Rococò.
Invece, nelle tele dei caravaggeschi olandesi calati a Roma per carpire i segreti del Merisi, si può trovare l’altra faccia dell’Italia della Controriforma: questi artisti infatti ci restituiscono l’atmosfera zingaresca, erotica, misera ma gaudente della capitale papalina, fra bari, prostitute, zingare, taverne, giocatori di dadi e musicanti. Gherardo delle Notti fu uno dei capiscuola, nonché assiduo frequentatore delle taverne romane, come dimostrano le sue tele.
Colpisce per intensità la bellezza delle nature morte, sfarzoso trionfo del mondo vegetale la cui opulenza di colori è pari all’opulenza delle tavole aristocratiche sulle quali quei frutti troneggiavano alla fine di ogni pranzo. Frutti in gran parte antichi, e che ancora oggi suscitano curiosità per un patrimonio agro-alimentare che è a buon titolo parte della cultura del nostro Paese.
Non solo pittura di figura, ma anche di paesaggio, con le vedute dei luoghi che sarebbero diventati celebri con il Grand Tour, da Firenze, a Roma, a Napoli e i suoi dintorni. Protagonista di questa sezione della mostra, il Vanvitelli, olandese naturalizzato italiano che amò il Belpaese e contribuì con le sue vedute a “promuoverlo” fra i letterati del Nord Europa. Napoli fu uno dei suoi luoghi elettivi, vi soggiornò a lungo e dalle sue tele ci restituisce angoli come la salottiera Posillipo, la maestosa Darsena con i velieri all’ancora e scorci inconsueti come la Grotta di Seiano. La mostra prevede anche l’esposizione di ulteriori quadri di vedute di Napoli e della Campania, realizzati da pittori presenti nella collezione della Reggia.
Con questa mostra, Lampronti concepisce l’arte quale un mezzo per rendere ognuno partecipe della bellezza, che è un concetto basilare per qualsiasi civiltà. Dalla bellezza scaturiscono quelle riflessioni sulla base delle quali negli anni Venti, Gabriele D’Annunzio espresse il seguente pensiero: “Una nazione sarà grande per quanto il popolo e si suoi politici sapranno amare quella stessa nazione”. Difficile non pensare alle sconfortanti condizioni in cui versa l’Italia, sfregiata dalla speculazione edilizia, dall’inquinamento delle ecomafie, abbandonata a sé stessa da una classe politica corrotta e non all’altezza dei propri compiti. La mostra nasce dall’idea di avvicinare il mondo del collezionismo privato e delle gallerie d’arte a quello dei musei, intesi come luoghi deputati alla fruizione e alla valorizzazione culturale per “pubblici” sempre più eterogenei, ma è anche occasione per riscoprire a capire il bello. Lampronti, antiquario della vecchia scuola, offre alla visione del grande pubblico un’importante collezione che dal Barocco arriva al Settecento. Un periodo complesso e sofferto per il nostro Paese, stretto sotto il giogo spagnolo, eppure vivace nelle manifestazioni più genuine del popolo, ma soprattutto ancora ricco di paesaggi incontaminati che deliziavano artisti e intellettuali stranieri; una maniera per riflettere sul patrimonio andato perduto, e meglio tutelare quello ancora esistente.
In copertina: Jakob Philipp Hackert. Il Porto di Salerno visto da Vietri, 1797
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