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6 Feb

L’universo di Frida Kahlo in mostra a Milano

Un’approfondita mostra racconta Frida Kahlo oltre i cliché di una storiografia e di una critica spesso superficiali e demagogiche. Ad affiancare la mostra, un percorso fra i reperti archeologici messicani che hanno ispirato l’immaginario artistico della Kahlo. Un progetto in collaborazione con l’Instituto Nacional de Bellas Artes del Governo della Repubblica del Messico. Al Mudec, Museo delle Culture fino al 3 giugno 2018.

MILANO. Dal 2014, a seguito dell’antologica ospitata dalle Scuderie del Quirinale, l’opera di Frida Kahlo ha conosciuto una vasta diffusione in Italia, al punto che annualmente si ripetono gli appuntamenti che la riguardano. Con il rischio, forse, che la pittura messicana venga identificata con certi aspetti della sua opera, come accaduto a Bologna lo scorso anno, quando alla mostra dedicata alla collezione Gelman, buona parte del pubblico si lamentava delle troppe poche opere di Frida esposte a Palazzo Albergati. A questa percezione ha contribuito anche la pellicola interpretata da Penelope Cruz nel 2002; a prevalere sull’arte di Frida Kahlo è il personaggio che in parte costruì lei, e in parte le è stato costruito nei decenni successivi alla sua scomparsa.

La mostra milanese curata da Diego Sileo, va oltre la retorica e la demagogia, e sin dal titolo Frida Kahlo. Oltre il mito, si propone di analizzare le ragioni di un’arte non semplicemente autobiografica, bensì fortemente radicata nella cultura messicana, al suo patrimonio di credenze ancestrali e pagane, che convivono con il cattolicesimo introdotto in epoca colombiana. Di origini ebraiche ungheresi, si lasciò alle spalle il suo retaggio culturale per immergersi completamente nell’ambiente messicano. Pur segnata da una vicenda umana non semplice – l’incidente occorsole in gioventù che la lasciò menomata per tutta la vita e la tormentata relazione con il pittore Diego Rivera -, la Kahlo non cercò nella pittura soltanto un mezzo per accettare le sue sofferenze fisiche e sentimentali; dipingere fu per lei un modo per raccontare la cultura di un Paese, entrare nel suo immaginario onirico e ancestrale e portarlo agli occhi del mondo.

Sicuramente, il mito romantico dell’artista “bella di fama e di sventura” appartiene a Frida, e in parte ne spiega la personalità. La tenacia con cui seppe vincere le menomazioni fisiche, e la spregiudicatezza con cui visse la relazione con Rivera (e quelle con altri uomini), fecero di lei un’eroina del mondo dell’arte, ma anche un personaggio di riferimento per i movimenti femministi, che proprio fra gli anni Quaranta e Cinquanta muovevano i loro primi passi.

Frida Kahlo, Henry Ford Hospital, 1932

La mostra dedica ampio alla “donna Frida”, che mette e nudo il suo corpo e la sua sofferenza immortalandoli sulla tela, senza pudore, con il segreto compiacimento del dolore che da fisico si fa morale. Come nel caso dell’aborto avuto il 4 luglio 1932, e documentato nella tela Henry Ford Hospital; un’opera fortemente drammatica, che rende la misura della sofferenza di Frida, dal cui volto cadono grosse lacrime; il corpo martoriato lascia intendere un dolore fisico sopportato stoicamente, distesa su quel letto troppo grande che giace ai margini di una zona industriale. La città che segue il suo corso e la sua routine, incurante delle sofferenze altrui. Un quadro intimo, nato dal bisogno di idealizzare la sofferenza, denso di dignità femminile.

Frida Kahlo, Diego nella mia mente, 1943

Ma la pittura di Frida non è, appunto soltanto l’autobiografia di una condizione umana difficile. Il corpo femminile fu per lei un elemento di fierezza, e nella sua pittura si avverte la rivendicazione dell’uguaglianza di genere, in rottura contro l’arcaica società patriarcale. Il suo non è esibizionismo, ma un discorso socio-politico che la vede diretta e coraggiosa protagonista.

Persino l’amore è affrontato da lei in maniera viscerale, e diventa una sorta di religione personale. Diego nella mia mente (1943) la ritrae in costume tehuacano, sacerdotessa di un culto pagano e ossessivo, eppure dolcissimo, anzi “possente, dominator di mia profonda mente”, per citare Giacomo Leopardi.

Frida Kahlo, Bimba tehuacana Lucha María Sole e luna, 1942

Forte fu in lei il legame con il Messico, del quale esaltò gli elementi culturali legati alla donna: L’amoroso abbraccio dell’Universo (1949) di Frida Kahlo, è vicino per intensità alla Tempesta di Giorgione, nella quale  la donna è depositaria della forza naturale da cui scaturisce la vita; alle spalle di Frida – avvolta in un sensuale, sanguigno abito rosso -, una grande statua della Madre Terra, a sua volta compresa nell’abbraccio fra le componenti maschile e femminile dell’Universo, ovvero il Sole e la Luna, che celano anche richiami sessuali (ricorrenti nelle opere della Kahlo, come reazione alla sua sterilità causata dall’incidente). Un’opera emotivamente profonda, testimone del dualismo ancestrale del popolo messicano, mutuato dalla civiltà precolombiana. Struggente l’omaggio alla Bimba tehuacana (1942), per dare voce alle comunità agrarie oppresse dall’ingiustizia: Frida fu infatti una instancabile attivista marxista, assieme al compagno Diego Rivera e a colleghi come Orozco. Eppure, anche nelle opere più marcatamente politiche, non cede mai alla retorica dell’ideologia, ma si esprime attraverso una possente poetica pittorica intrisa di umanità, capace di estrinsecare la dignità del popolo e la vastità della sua cultura antica.

Frida Kahlo è simbolo della bellezza femminile messicana, bellezza che ha per sfondo il dolore: fisico, ma anche sentimentale, e più in generale esistenziale, vista la scia di lutti che attraversa il Messico del Novecento. Per suo tramite, e per tramite di quella pittura fisica e sensuale – da cui scaturisce il profumo appena acre della pelle di donna, e il fruscio della fine peluria creolo-ispanica -, si entra in contatto con

con un Messico affascinante e violento, sensuale e pagano, dove nei volti apparentemente miti e rassegnati degli individui si nascondono latenti istinti di ribellione.

A completare questa bella e non ovvia mostra, una sezione di oggetti antichi messicani della collezione permanente del Mudec, che ricreano l’atmosfera e il contesto storico cui Frida faceva riferimento per la sua pittura fortemente radicata in quella che considerava la sua vera patria.

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