Una grande mostra nella doppia sede delle Gallerie d’Italia e del Museo Poldi Pezzoli racconta in 200 opere la corrente del Romanticismo, che ebbe in Milano una delle sue capitali. Da Hayez a Corot, da Turner a Molteni, opere note e meno note, di cui circa 30 inedite, illustrano un periodo intenso della storia dell’arte. In esposizione fino al 17 marzo 2019.
MILANO. Pur sottomessa alla severa dominazione austriaca che gravò sulla Lombardia dal primo Settecento al 1859, la regione ne giovò a livello amministrativo e culturale. Fra le molte testimonianze, quella di Carlo Cattaneo, che nelle sue celebri Notizie naturali e civili sulla Lombardia, pubblicate nel 1844, rievocava la crescita di una città dalla prospettiva europea, in parte grazie alle innovazioni amministrative e civili portate da Napoleone e restate in vigore, in parte per l’efficienza del governatorato asburgico; grazie a questa duplice combinazione, in Lombardia e in particolare a Milano, stava nascendo una società borghese che aveva nell’agricoltura e nell’industria le sue fonti di reddito, che in parte veniva investito anche nell’arte e nel collezionismo. Considerando come a Milano giungesse l’eco delle esperienze artistiche straniere, è facile comprendere come pittori quali Hayez, Molteni, Giuseppe e Luigi Bisi, Podesti, Inganni, Domenico e Gerolamo Induno, e scultori come Bartolini, Fraccaroli, Strazza, Vela, vi approdassero con entusiasmo per affinare la loro tecnica e ampliare la loro fama di artisti. In quegli anni, nella musica come nella pittura, nella poesia come nella letteratura, da Parigi a Londra, da Monaco a Berlino, si andava affermando la nuova tendenza artistica del Romanticismo, nata in reazione all’Illuminismo e alla sua traduzione artistica, quel Neoclassicismo che aveva accompagnate le gesta napoleoniche e aveva avuto nella bellezza classica il suo punto focale. I Romantici vollero che a riprendere il sopravvento fossero la fantasia, l’intimità e la partecipazione emotiva dell’artista con quanto raffigurato, scritto, scolpito, o musicato. L’atmosfera cambiò radicalmente, e nacque un rapporto emotivo fra l’opera d’arte e l’osservatore, grazie, ad esempio agli effetti di luce che per la prima volta assumono un carattere prevalente all’interno dell’opera.
Il Romanticismo non fu un movimento omogeneo, interessò Paesi e regioni dalle differenti condizioni storiche e sociali, dalla Francia all’Inghilterra, dall’Austria all’Europa Orientale, fino alla Spagna e all’Italia; e quella curata da Ferdinando Mazzocca rappresenta la prima rassegna sul contributo italiano alla “rivoluzione” romantica, in rapporto all’omologo contesto di altre città europee come Londra o Parigi, e attraverso le sue ampie e approfondite sezioni documenta la nuova sensibilità artistica e i cambiamenti occorsi rispetto al secolo precedente. In primo luogo, la pittura romantica supera l’esigenza del “bello filosofico” per avvicinarsi all’infinito, ma anche alla sfera civile dell’individuo. Una doppia valenza mistica e terrena, che ha uno dei suoi cardini, ad esempio, nel cosiddetto “culto delle rovine” che arricchì la pittura di paesaggio: il rudere storico non aveva più un carattere scientifico, come, ad esempio, ai tempi delle vedute romane di Piranesi, bensì vi succede un sentimento intriso di malinconia e nostalgia; dalla Sicilia a Roma, passando per la Tuscia, e naturalmente coinvolgendo anche Milano con il suo suggestivo Duomo gotico, il paesaggio romantico, di natura o architettura, è vasto e intimo insieme, e trasmette un senso di continua inquietudine e struggente tensione, che spinge l’osservatore a oltrepassare i limiti della realtà terrena a riflettere il proprio io nella natura, che ne diventa la manifestazione oggettiva. Andrea Carnovali e Ippolito Caffi (quest’ultimo fra i capiscuola dell’orientalismo), apportarono fondamentali innovazioni al paesaggio romantico, inserendovi accurati effetti di luce, anche in differenti condizioni atmosferiche, che sembrano precorrere l’Impressionismo. Da questo punto di vista, interessante il confronto, ad esempio, con gli analoghi esperimenti di William Turner o Camille Corot (che più tardi ispirerà anche i Macchiaioli).
Altra tematica fondamentale, il corpo femminile, sulla scorta delle innovazioni scultoree di Lorenzo Bartolini, inventore del “bello naturale”, assume una rinnovata grazia. Bartolini fece scuola in tutta Europa, e la sua plastica scultorea influenzò anche numerosi pittori. Fra questi, Francesco Hayez, che dopo una formazione neoclassica a Venezia, si scoprì romantico a Milano, dove si specializzò nella pittura storica (anche a sfondo patriottico) e nella ritrattistica. La pensosa sensualità che dona ai suoi soggetti femminili ne fa uno dei massimi esponenti del Romanticismo italiano, in diretta competizione con quel Giuseppe Molteni che non tralasciò di frequentare anche atmosfere orientali, sulla scia dell’interesse per quell’area geografica che aveva avuto in Alberto Pasini appunto il caposcuola dell’Orientalismo: le sue odalische sono meno sensuali, ma più pensose, di quelle di Ingres o David.
Come accennato in materia di paesaggio, anche nel rappresentare l’individuo il pittore romantico si discosta dalla perfetta aderenza alla realtà fisica, preferendo un accostamento che sia il più possibile legato alla sfera psicologica della persona ritratta. Non si celebra più il censo o la ricchezza materiale, bensì si preferisce un ritratto che abbia carattere “narrativo”, e sia capace di raccontare l’anima del soggetto, di darne un’idea morale, come sosteneva quel Leopoldo Cicognara ammiratore di Canova e di Hayez. Un approccio che deriva dalla tradizione del ritratto rinascimentale, ma che con il Barocco era andata perduta. Pur se ancora lontana dal naturalismo del secondo Ottocento, i ritratti familiari documentano l’evoluzione della società italiana nei suoi caratteri borghesi, al passo con quella europea.
All’interno dello studio della figura umana, un’attenzione particolare riceve l’universo popolare quotidiano, esaltato anche da romanzi quali I Miserabili e I Promessi Sposi, che ebbero notevole successo in tutta Europa. Venditori ambulanti, sartine, spazzacamini (in particolare bambini), sono i protagonisti di opere che documentano le difficili condizioni dei ceti più umili, che però trovavano sollievo, anche se momentaneo, nelle feste e nei riti che ne scandivano il calendario.
Non bisogna infine dimenticare come l’eroismo romantico trovasse nell’Italia di quegli anni piena rispondenza nei moti antiaustriaci dei combattenti per l’Unità, ed episodi quali le Cinque Giornate di Milano, la sollevazione a Venezia pianificata da Daniele Manin, ma anche episodi di eroismo più umile, come il giovanissimo Righetto emulo tragico del genovese Balilla. Lo immortalò lo scultore Giovanni Strazza, mentre Ippolito Caffi e Luigi Querena hanno documentato i giorni difficili della Venezia sollevata. E se nel ’48 il moto indipendentista italiano doveva andare deluso, non sarà così nel 1861, ed è stato anche grazie alla cultura e all’arte che l’Italia, negli anni del Romanticismo, ha preso coscienza di sé, costruendo una sua identità nazionale che è poi sfociata nel sentimento risorgimentale.
In copertina: Giuseppe Pietro Bagetti, Notturno con effetto di luna, 1820-1830 Torino, Musei Reali, Palazzo Reale
1Commento