A dodici anni dalla mostra a Palazzo Reale di Milano, l’opera della Maggi torna a essere esposta al pubblico. Villa Borromeo d’Adda ospita fino al 26 luglio 40 dipinti che raccontano un talento che non riuscì a sbocciare.
ARCORE (Monza). La raffinata cornice della Villa Borromeo d’Adda ospita i dipinti di un’artista la cui brevissima carriera fu interrotta dal clima sociale della sua epoca. Carla Maria Maggi (1913-2004) era una discendente del letterato milanese Carlo Maria Maggi, ma a differenza dell’illustre avo non ebbe la possibilità di sviluppare la sua carriera e mostrare al mondo il suo talento: infatti le convenzioni borghesi, ancora negli anni Trenta non concepivano l’indipendenza della donna, e non bisogna dimenticare che la retorica del regime fascista rafforzava queste convinzioni con l’immagine della donna “angelo del focolare”. Pur a malincuore, la giovane Carla Maria fu costretta a cedere: figlia unica di una famiglia dell’alta borghesia, rompere i rapporti e lasciare la casa paterna sarebbe stato un atto di particolare gravità agli occhi della chiusa società dell’epoca; e si deve anche considerare come la sua vita si fosse sin lì trascinata fra agi, mondanità e piacevolezze di ogni genere. La vita dell’artista l’avrebbe sicuramente privata – almeno per un po’ e comunque fino a quando non fosse riuscita ad affermarsi (cosa all’epoca quasi impossibile per una donna) – degli agi di cui aveva sin lì goduto. Una scelta non facile da compiere, per la quale le mancò il coraggio. Ma considerando che all’epoca una donna era costretta a pagare con sacrifici la sua libertà, quella scelta è del tutto comprensibile. E quindi, pur a malincuore, si rassegnò a essere soltanto moglie e madre, e tutto sommato la sua esistenza fu abbastanza felice. Ma la forza dei suoi dipinti lascia un certo rammarico per una carriera che sicuramente sarebbe stata luminosa.
Carla Maria Maggi, l’artista ritrovata, a cura di Simona Bartolena, racconta in 40 opere quel tardo impressionismo scapigliato che fu specchio di una personalità complessa e sensibile, ma anche talentuosa: già a quattordici anni fu allieva di Giuseppe Palanti (essendole stato vietato dai genitori di frequentare l’Accademia di Brera), che con Antonio Ambrogio Alciati e Giuseppe Amisani era fra i più importanti esponenti della pittura milanese di ritratto. E il ritratto rimase costantemente l’interesse principale per Maggi, che immortalò sulla tela corpi femminili di levità parigina, volti leopardianamente lieti e pensosi, che sono specchio anche dei suoi travagli interiori: le gioie familiari da un lato, l’amarezza per il non poter fare dell’arte una vera carriera, come invece stava già accadendo in altri Paesi europei (Vienna e Monaco di Baviera sono due città emblematiche da questo punto di vista). Da una parte il bel mondo dell’alta borghesia milanese, divisa tra la città e i luoghi di villeggiatura: ne scaturisce un racconto sociale per immagini non dissimile da quello che Boldini aveva a suo tempo realizzato a Parigi.
Ma lo sguardo di Maggi coglieva anche quel mondo d’artista al quale sperava (purtroppo invano) di appartenere un giorno: e quindi, ritrasse anche le atmosfere scapigliate degli ambienti di Brera e della Scala, liberi e pieni di stimoli per tutti coloro che cercavano di fare dell’arte una ragione di vita.
L’opera di Carla Maria Maggi è oggi visibile al pubblico grazie all’impegno del figlio Vittorio, che, appassionato d’arte, ha voluto indagare il passato della madre dopo aver rinvenuto le sue opere seminascoste nella soffitta di casa; e decidendo di mostrarle finalmente al mondo, ha restituito alla madre quella notorietà che le convenzioni borghesi a suo tempo le negarono. E visitare oggi la retrospettiva su Carla Maria Maggi è anche un modo per riflettere (e se possibile trarne monito) su come la società abbia sempre posto ostacoli e creato pregiudizi, alle donne ma non solo. Per questo, conoscere le difficoltà che le artiste hanno dovuto affrontare (e in qualche caso anche superato) può essere utile per le donne di oggi per capire i progressi fatti e i diritti ottenuti, e quanto ancora invece resta da ottenere.
In copertina: Carla Maria Maggi, Nello studio, 1938
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