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15 Ott

Mr & Mrs Clark e la loro Swinging London in mostra a Prato

Il Museo del Tessuto, in collaborazione con la Fondazione Sozzani e l’Archivio Massimo Cantini Parrini, dedica la prima mostra finora mai realizzata in Italia al designer di abiti Ossie Clark e alla sua compagna di vita e di atelier Celia Birtwell, due assoluti protagonisti della scena londinese e della cultura pop degli anni Sessanta e Settanta del Novecento.

JimLee, OssieClark. Aeroplane, 1969

Partendo da un primo importante nucleo di abiti provenienti dall’archivio di Massimo Cantini Parrini, arricchito di ulteriori prestiti provenienti dalla collezione americana di Lauren Lepire e dagli archivi della famiglia Clark e della stessa Celia Birtwell, la mostra – curata da Federico Poletti – presenta una serie di inediti abiti caratterizzati dalle stampe iconiche di Ossie e Celia, raccontandone anche il contesto e l’evoluzione tramite video e videointerviste, foto, editoriali e disegni originali.

Con uno stile inconfondibile – il flower power – anticipatore di tendenze, Ossie era definito “King of Kings Road” per i suoi abiti di ispirazione Venti e Trenta dal taglio slanciato, che rivelavano il décolleté tra movimenti sensuali e giochi di trasparenze. Una carriera breve, ma molto intensa, che ha lasciato un segno nella Londra nel periodo compreso tra la minigonna di Mary Quant e il movimento punk sovversivo di Malcolm MacLaren e Vivienne Westwood, dal 1965 al 1974.

Allestimento mostra

La Mostra

La prima parte è dedicata interamente alla figura di Ossie Clark. Qui sono esposti per la prima volta i suoi preziosi sketchbook, dai primi disegni di ammissione al Royal College of Art di Manchester del 1962 – da cui si rileva già un precoce talento – fino a quelli del periodo d’oro (1968-69) dove il segno di Ossie si fa più spigoloso e astratto, giocando sulle forme di abiti a vita alta, i “botticelli dress” e i pantaloni svasati con pattern floreali, che diventeranno i must have dell’epoca. Questa sezione testimonia anche il suo interesse durante gli studi per la couture anni Venti e Trenta francese e per le collezioni del Victoria & Albert Museum, dove si sofferma sull’abbigliamento degli anni prebellici della couture francese, quelli degli anni Quaranta, tenendo come riferimento lo stile dei figurini della Gazette du Bon Ton.

JimLee, OssieClark. Plane Crash, 1969

La seconda parte del percorso racconta il mondo artistico di Celia Birtwell, che si forma alla Salford Art School di Manchester. Si diploma in Textile Design trasferendosi presto a Londra nei primi anni Sessanta, dove produce i primi tessuti per arredamento in stile op-art. Il punto di partenza per capire le sue stampe si trova guardando le sue illustrazioni, conservate nei preziosi taccuini esposti e digitalizzati per l’occasione. Un repertorio che testimonia l’ampiezza dei suoi riferimenti artistici: dalle collezioni del Victoria & Albert Museum ai costumi di Leon Bakst e Sergej Djagilev per i Balletti Russi, dal Cubismo e Pointillismo agli arazzi medievali fino alle fantasie ispirate alla Natura.

Dopo il doppio percorso su Ossie e Celia, si entra nel cuore della mostra con la scenografica esposizione dei 35 look disposti su pedane in ordine cronologico, dal primo abito a pois del 1965 per arrivare alle creazioni del 1974, data che segna la loro ultima collezione: da quel momento le strade di Ossie e Celia si dividono per continuare in modo autonomo.

Allestimento mostra

Sono stati selezionati i capi con i pattern divenuti cult, dalla Lamborghini Suit del ’69 e il completo di ispirazione orientale (1968) indossato da Amanda Lear, il mini dress “aeroplane” (del 1969 e fotografato da Jim Lee) e quello con stampa Monkey Puzzle, ispirato dai tappeti medievali; diversi gli abiti fluidi in chiffon e moss crepe con le stampe Candy flowers e Mystic Daisy (1970), Tulips (1972), tra cui anche i modelli con taglio a sbieco e l’abito floreale realizzato con la tecnica della stampa a riserva. Non mancano inoltre gli abiti con decorazione più astratta e geometrica, come quelli ispirati all’avanguardia russa e Kandinsky (1974) passando per i modelli dove è protagonista il color block, come il celebre abito “semaforo-traffic light” (1972) e altre creazioni della linea Ossie Clark/for Radley, che presentano solo stampe nella parte superiore.

Allestimento mostra

Una rassegna davvero completa per comprendere lo stile, i materiali e la tecnica sviluppata da Ossie e Celia in questo cruciale decennio. Completano la sala i tavoli sospesi dove si possono vedere una serie di numeri di Vogue, che testimoniano il successo del brand, oltre alla grande proiezione con i video dei loro fashion show: dalle prime sfilate del 1968 con Alice Pollock al Revolution night club, dove nel pubblico vediamo John Lennon e Geoge Harrison, fino alla sfilata di Londra del 1973 alla London Fashion Fair.

Ultima parte da scoprire di questo ricco itinerario è il guardaroba che comprende 8 abiti di carta, che rappresenta l’espressione perfetta di quel senso di rinnovamento culturale e sociale che incalzava negli anni Sessanta e che divenne un fenomeno di massa che si diffuse negli Stati Uniti d’America e in Europa. Bidimensionale, coloratissimo ed economico, l’abito di carta divenne presto uno strumento di merchandising in grado di veicolare lo stile della moda del momento, ma anche messaggi politici e culturali del tempo. Fu questo grande potenziale espressivo, che spinse molte aziende a collaborare con stilisti per la progettazione e realizzazione degli abiti di carta. Ossie Clark, nel 1966, collaborò con Zika Ascher alla produzione dei primi abiti di carta, con stampe progettate da Celia Birtwell e stampati su un tessuto in cellulosa e cotone. Questa piccola esposizione – un vero unicum – è stata resa possibile grazie a Massimo Cantini Parrini, che ha collezionato prima di tutti queste speciali creazioni, oggi diventate introvabili.

Credito fotografico: Marco Badiani e Mario Ciampi

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