La seconda, struggente Belle Époque europea, fra le macerie della Grande Guerra e la tragedia della Seconda Guerra Mondiale. La moda e la pittura raccontano la progressiva affermazione sociale della donna, nelle opere di Oppi, Casorati, Carena, Martini, Funi, e gli abiti di Coco Chanel. Ospitata fino al 13 aprile nella Basilica Palladiana, la mostra Ritratto di donna. Il sogno degli anni Venti e lo sguardo di Ubaldo Oppi è parte di un progetto di rilancio dello storico edificio, destinato a ospitare esposizioni di rilevanza internazionale.
VICENZA. Nonostante le ferite e le distruzioni della Grande Guerra, la crisi economica e i gravi disordini sociali che scossero l’Europa degli anni Venti, quel decennio rappresentò un esaltante momento di vivacità artistica e culturale, ma soprattutto segnò l’inizio delle definitiva emancipazione femminile che si sarebbe poi affermata su larga scala negli anni Sessanta. Ritratto di donna. Il sogno degli anni Venti e lo sguardo di Ubaldo Oppi ricostruisce la storia di quei cambiamenti sociali raccontati e certe volte anche coadiuvati dall’arte, ma anche dalla moda e dalla letteratura. Sono gli anni dei romanzi di D’Annunzio, che con Fiume conosce l’apogeo della sua carriera estetico-politica, e le donne, almeno quelle di più elevata condizione, imitano a occhi chiusi frasi, atteggiamenti, modi di vestire, delle sue eroine. Rispetto all’anteguerra, il clima sociale è radicalmente cambiato: dopo le esperienze di lavoro nelle fabbriche e nelle opere assistenziali per i soldati al fronte negli anni della guerra, il ruolo femminile nella società ne esce profondamente cambiato. Mal rassegnandosi a riprendere il posto di “angelo del focolare”, la donna di città sfoga la sua voglia di emancipazione sociale: sfoggia acconciature e abiti pratici e androgini, e fuma le prime sigarette.
La scena culturale europea conosce un’autentica “esplosione” della presenza femminile, nei più svariati settori: dalle viaggiatrici ed esploratrici Amelia Earhart, Ella Mallart e Annemarie Schwarzenbach, alla stilista Coco Chanel, alle scrittrici Djuna Barnes e Virginia Woolf; anche l’Italia fa la sua parte, con la pittrice Carol Rama, la scrittrice Grazia Deledda, l’intellettuale Margherita Sarfatti.
Più ancora dei Futuristi, che degli anni Venti raccontarono il lato tecnologico e “guerriero”, lo spirito più intimo e vero del decennio è incarnato dalle opere degli appartenenti al Realismo Magico, che soprattutto in Italia ebbe esempi di alto livello, fra cui Ubaldo Oppi, Mario Cavaglieri, Felice Casorati, che trassero ispirazione anche dalle precedenti esperienze pittoriche europee che per prime avevano indagato in profondità la donna e la sua psiche. La mostra si apre infatti con Gustav Klimt e la sua suggestiva Giuditta, specchio di un’epoca di angoscia, quando l’Europa correva verso la Grande Guerra. Gli anni Venti rappresenteranno un periodo di illusoria tranquillità, quando il patto Briand-Kellog sembra mettere al bando la guerra come soluzione per le controversie fra Stati. Ma la politica vessatoria verso la Germania sconfitta farà esacerbare il nazionalismo e aprirà la strada a Hitler. In Italia invece, la mancata soluzione al problema dei reduci è una delle cause principali dell’avvento del Fascismo, ma a differenza di quanto accadrà nella Germania nazista, l’arte godrà sempre di una certa libertà d’espressione.
Lo prova il fiorire del Realismo Magico, movimento all’interno del quale Ubaldo Oppi è cantore delicato della moderna femminilità, sospeso fra il richiamo ai Primitivi Senesi e le atmosfere rarefatte dei Fauves e degli spiritualisti, che conobbe nel corso di un lungo soggiorno a Parigi. Fra le opere più significative in mostra, Le amiche (1924), immortala sulla tela un’amicizia che cela una relazione saffica, simbolo non solo di provocazione ma di un’epoca che avanza. La Fiume dannunziana stava facendo scuola in fatto di tolleranza di costumi. La pittura che Oppi riserva alla donna ha la cadenza narrativa di un romanzo di Moravia o di Virginia Woolf. Intrisa di malinconia à la page, avvolta in eleganti tubini sul modello di Chanel e discreti gioielli che rivelano il minimalismo del nascente design moderno, le donne rivelano personalità complesse, sono amanti del bello e dell’arte, spregiudicate e intraprendenti come avrebbero potuto essere Margherita Sarfatti o Paola Masino. Una libertà di atteggiamento che anche la nuova moda sembra favorire: a Parigi, Coco Chanel ha abbandonate le pesantezze vittoriane per regalare alle donne abiti eleganti ma pratici, su quelle linee minimaliste che riecheggiano il design moderno del Bauhaus.
La mostra inquadra la pittura di Oppi nel contesto artistico del periodo, con interessanti confronti con Cagnaccio di San Pietro, Achille Funi, Piero Marussig, Mario Cavaglieri, Guido Cadorin, e incursioni europee con Klimt e Van Dongen. Oltre a offrire al pubblico alcuni esemplari dei superbi abiti di Coco Chanel. Arte e moda per raccontare gli ultimi bagliori del Vecchio Continente prima che i totalitarismi e la Seconda Guerra Mondiale sconvolgano la scena e releghino l’Europa in secondo piano a favore degli Stati Uniti.
In copertina: Ubaldo Oppi, L’adriatico, 1926, Vicenza, Accademia Olimpica
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