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20 Dic

Canova tra innocenza e peccato al MART

In occasione del secondo centenario della morte dell’artista, il Mart celebra l’eredità di uno dei più importanti maestri della scultura di tutti i tempi: Antonio Canova (1757 – 1822). Una grande esposizione esplora l’attualità della sua opera nei linguaggi contemporanei, dalla fotografia alle esperienze scultoree più recenti, mettendo in luce nessi, dialoghi, continuità e contrapposizioni.

Con la sua opera Canova ha incarnato l’ideale di una bellezza eterna, fondata su principi di armonia, misura, equilibrio, affermandosi come massimo esponente del Neoclassicismo italiano. La sua ricerca, ricca di rimandi al passato, si apre al futuro, lasciando in eredità un ideale estetico che continua a vivere fino a oggi.
Con oltre 200 opere la mostra indaga come questa eredità abbia influenzato i linguaggi contemporanei, presentando alcune tra le più significative esperienze artistiche nel campo della fotografia e della scultura, alla ricerca di un ideale di bellezza che lungo il percorso espositivo trova declinazioni diverse: dall’imitazione alla celebrazione, fino alla messa in discussione e alla negazione.

In un allestimento nel quale predominano il bianco e il nero, il vero protagonista è il corpo. Se alcuni degli artisti in mostra scelgono di idealizzarlo o estetizzarlo, altri descrivono una bellezza anti-canonica e “anti-canoviana” che contempla e contiene il suo contrario. In entrambi i casi, il corpo è icona.
La mostra si snoda in cinque sezioni nelle quali convivono opere di Canova e di artisti contemporanei. Nei lavori di alcuni artisti attivi nell’ultimo secolo, la pratica della scultura diventa esercizio di maestria ed espressione di una ricerca che rinnova e rende attuale il canone canoviano. L’ambiente centrale della mostra presenta suggestivi dialoghi tra Canova e i più grandi fotografi di nudo del Novecento: Helmut Newton; Jean-Paul Goude, Robert Mapplethorpe, Edward Weston, Irving Penn, Horst P. Horst. Una vera e propria indagine sulla perfezione della tecnica e della forma. A questi fanno da controcanto i fotografi che hanno perseguito ricerche di segno opposto, come Miroslav Tichý, Jan Saudek e Joel-Peter Witkin. Infine, una sezione è dedicata ai fotografi che hanno prestato il loro obiettivo alla documentazione e all’interpretazione dell’arte di Canova: i fratelli Alinari, Aurelio Amendola, Paolo Marton, Massimo Listri, Luigi Spina.

Nella piazza del museo al centro della fontana il pubblico incontra l’opera dello scultore Fabio Viale che da alcuni anni sovverte, tatuandoli, i capolavori dei maestri classici.

Mart di Rovereto: Canova tra innocenza e peccato - Arte Magazine

IL PERCORSO ESPOSITIVO ATTRAVERSO LE SEZIONI DELLA MOSTRA

Introduzione
L’esposizione Canova tra innocenza e peccato prosegue l’indagine su un’arte senza tempo che valica i limiti cronologici e supera le definizioni accademiche. Il vasto influsso esercitato da Antonio Canova, massimo interprete del Neoclassicismo, può essere riassunto nei due termini antitetici scelti per il titolo. Innocenza e peccato sono due caratteri che attraversano sia l’opera di Canova, sia la selezione di opere moderne e contemporanee poste in dialogo con le sculture provenienti dalla Gypsotheca di Possagno. Da tale confronto scaturiscono affinità e contrasti, facendo emergere diverse declinazioni del concetto di bellezza, in sintonia con i principi di armonia, equilibrio e grazia che contraddistinguono la scultura neoclassica o, all’opposto, apertamente in conflitto con essi.
Protagonista della mostra è il corpo umano, raffigurato plasticamente nella scultura o attraverso l’uso sapiente della luce nelle immagini di alcuni dei maestri della fotografia del XX secolo. Da una parte il corpo perfetto e divino delle opere di Canova, a cui sembrano guardare alcuni scultori del nostro tempo e i fotografi che hanno saputo esaltare le linee e le forme statuarie del corpo nudo. Dall’altra gli artisti che hanno “tradito” Canova preferendo indagare l’espressività di corpi imperfetti, ma non per questo privi di fascino.

Canova tra innocenza e peccato. Al Mart un dialogo con i grandi fotografi  del XX secolo - Trento - Arte.it

Antonio Canova (Possagno 1757-Venezia, 1822)
Dopo aver concluso il suo apprendistato nella bottega dello scultore Giuseppe Bernardi, detto Torretti, Canova muove i suoi primi passi nell’ambiente artistico veneziano prima di trasferirsi definitivamente a Roma, nel 1781. Qui ha modo di approfondire la sua conoscenza dell’arte classica e di affermarsi precocemente come il più acclamato interprete degli ideali neoclassici teorizzati da Winckelmann e Mengs. Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, Canova riceve importanti commissioni dalle principali corti europee, nonché nomine prestigiose come l’incarico del Papa a negoziare il rientro in Italia dei capolavori antichi trafugati dalle truppe napoleoniche.
Un’efficiente organizzazione del lavoro nel suo studio romano gli permette di far fronte ai numerosi impegni. Canova elabora l’ideazione della scultura attraverso disegni e bozzetti in argilla, quindi realizza in dimensioni reali il modello in creta, dal quale i suoi assistenti ricavano il calco e il modello in gesso. Come si può vedere in Amore e psiche stanti, sul modello in gesso vengono applicati i chiodini di bronzo che servono a trasferire, con un pantografo, le misure e le proporzioni della figura dal gesso al marmo. Il blocco di pietra viene sbozzato e lavorato in fasi successive da artigiani sempre più esperti, fino alla rifinitura a opera dell’artista.

www.ladigetto.it - Al Mart: Canova tra innocenza e peccato – Di Daniela  Larentis

Guardare Canova
Dopo la morte di Antonio Canova, le opere che si trovavano nel suo studio romano vengono trasferite a Possagno, nella casa natale dell’artista e in un nuovo edificio fatto costruire dal fratellastro, il vescovo Giuseppe Sartori. Nella galleria progettata dall’architetto veneziano Francesco Lazzari trovano posto soprattutto i modelli in gesso e i calchi delle opere spedite ai committenti: una collezione che testimonia, così, gran parte della produzione canoviana.
Le sculture conservate a Possagno sono protagoniste delle fotografie scattate da Paolo Marton negli anni Ottanta e da Luigi Spina dal 2019. Se Marton ravviva l’opacità dei gessi con particolari effetti di luce, immergendo le sculture in atmosfere colorate, Spina si concentra, invece, sulla fragilità e porosità di quel materiale, così diverso dalla nitidezza marmorea, evidenziandone le imperfezioni e scegliendo inquadrature inconsuete che esprimono la vita e l’instabilità delle forme.
Il confronto tra le fotografie dei fratelli Alinari, di carattere puramente documentario e illustrativo, e gli altri scatti esposti in questa sezione evidenzia come la fotografia sappia ormai offrire inedite visioni della scultura di Canova. Nei lavori di Aurelio Amendola, ad esempio, i marmi della Ninfa dormiente o della Venere italica appaiono sensuali e palpitanti di vita, ricordandoci quanto le sculture del maestro del Neoclassicismo non siano solo un esempio di algida perfezione bensì espressione di sentimenti ed emozioni.

Canova. Tra innocenza e peccato | APT Rovereto e Vallagarina

Il corpo scultoreo
Il cuore della mostra è dedicato alla rappresentazione scultorea del corpo umano, in un confronto serrato tra le sculture di Antonio Canova, le immagini di alcuni dei più grandi fotografi del XX secolo e una selezione di sculture moderne e contemporanee.
Gli scatti di Irving Penn, Horst P. Horst, Carla Cerati ed Eikoh Hosoe inseguono l’eredità canoviana condividendone il desiderio di grazia e armonia, mentre i grandi nudi di Helmut Newton o il perfetto controllo del bianco e nero nei ritratti di Robert Mapplethorpe riabilitano in chiave statuaria la forza espressiva del corpo.
Nell’ampio spazio centrale il dialogo tra l’artista neoclassico e la scultura figurativa più recente è introdotto dalle opere di Adolfo Wildt, Leone Tommasi, Francesco Messina e, a ritroso, dai bozzetti ritrovati di Giuseppe Torretti, primo maestro di Canova.
Tra le opere degli artisti contemporanei spiccano le opere di Livio Scarpella, Massimiliano Pelletti e Giuseppe Bergomi: vere e proprie variazioni canoviane. Quelle di Giuseppe Ducrot, Filippo Dobrilla, Elena Mutinelli, Ettore Greco e Igor Mitoraj sono, invece, contraddistinte da una tensione più genericamente classicista. Infine, l’accostamento delle fotografie di Alain Fleischer e della scultura di Attilio Pierelli è volto a esaltare l’eredità di Canova in quel ripensamento delle forme che nel Novecento accomuna l’arte e il design, trasfigurando e attualizzando la perfezione della sua arte plastica.

Mart di Rovereto: Canova tra innocenza e peccato - Arte Magazine

Tradire Canova
Il magistrale classicismo dell’opera di Antonio Canova ha definito un canone artistico che nel corso dei decenni è stato oggetto di appassionata ammirazione ma anche di convinti tradimenti. Questa sezione è dedicata a un nucleo di opere in cui l’eredità canoviana emerge, paradossalmente, nella trasgressione formale e visiva dei suoi canoni estetici.
A partire dagli anni Sessanta, Miroslav Tichý ruba immagini di corpi femminili usando di nascosto una rudimentale macchina fotografica fatta di cartone, cemento e tappi di bottiglia. Questo strumento artigianale e impreciso conferisce alle sue opere un’imperfezione che sottolinea il carattere spontaneo, formalmente scomposto e perciò decisamente anti-canoviano dell’opera di Tichý. L’eccesso o la storpiatura fisica sono al centro dell’opera di Jan Saudek e di Joel-Peter Witkin, due artisti che si rifanno a modelli classici rivisitandoli, però, secondo una logica che esalta le difformità del corpo e dello spirito. Anche nei corpi fotografati da Sally Mann, Mustafa Sabbagh e Nadav Kander, o in quelli scolpiti da Aron Demetz e Fabio Viale – dove la levigata superficie del corpo classico viene intaccata dalla bruciatura o dal tatuaggio – si può riconoscere l’oscillazione tra opposte polarità, in un dialogo continuamente rinnovato tra ordine e disordine, integrità e disfacimento, classicismo e contemporaneità.

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