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10 Lug

Col teatro nel sangue. Cristina Ferrari

Decisa, diretta e simpatica. Cristina Ferrari, direttore artistico del Teatro Municipale di Piacenza si racconta fra ricordi e, soprattutto, progetti e speranze.

Bambina come si sarebbe immaginata da grande?

«Ho studiato danza per dieci anni, Carla Fracci era il mio mito. Quando avevo sei anni al termine di uno spettacolo all’Arena di Verona ho potuto abbracciarla, un momento indimenticabile».

Poi cosa è successo?

«Parallelamente alla danza, dall’età di cinque anni ho iniziato lo studio del pianoforte. C’era una forte tradizione musicale in famiglia: il mio bisnonno materno, veronese di nascita, da grande appassionato d’opera frequentava il Festival areniano. È stato abbastanza naturale per me, respirando quest’aria fin da piccola, intraprendere un percorso musicale, prima in pianoforte al Conservatorio Nicolini di Piacenza e poi in canto, ramo didattico, al Conservatorio Boito di Parma».

Ha frequentato la facoltà di Giurisprudenza, cosa le hanno insegnato gli studi giuridici?

«Sicuramente il rigore e la necessità dell’approfondimento. Nella mia professione sono molto utili per ciò che riguarda gli aspetti amministrativi e organizzativi del lavoro, per saper gestire al meglio le risorse umane così come quelle economiche».

E quelli artistici?

«Fondamentali per poter svolgere ogni giorno con competenza, oltre che con passione, il ruolo di direttore artistico. Anche se un’ampia preparazione culturale e artistica è sicuramente importante, penso fermamente che la mia professione si apprenda principalmente con la “gavetta sul campo” e così è stato anche per me, frequentando il palcoscenico prima come pianista poi come maestro suggeritore, collaboratore di sala e alle luci».

È stata il primo direttore artistico donna in Italia. Gioie e dolori?

«Mai avvertito dolori, se ci sono stati, era talmente grande la gioia da farmeli subito dimenticare. Piuttosto, nei teatri in cui ho lavorato ho sempre notato una sorta di attesa nei miei confronti da parte del personale e delle maestranze, per capire quali strategie avrei messo in atto e di conseguenza quali risultati avrei poi ottenuto. Sono sempre stata una persona molto esigente, prima di tutto con se stessa, e pur non avendo mai considerato l’essere donna come motivo in qualche modo di differenza, sono orgogliosa del primato al femminile. Credo fermamente che questo sia giusto non perché si è donne, ma perché si deve smettere di pensare, in qualunque professione, a uomo o donna, per considerare, invece, solo le capacità della persona».

Cosa crede di aver ricevuto dall’esperienza genovese al Teatro Carlo Felice e oggi dal Teatro Municipale di Piacenza?

Al Carlo Felice è stata un’avventura intensa e appassionante pur nelle difficoltà, che mi ha lasciato comunque un bellissimo ricordo. Un’esperienza fondamentale che ho portato con me a Piacenza, dove oggi con soddisfazione vedo che il Teatro è amato e seguito con attenzione. Ho imparato che la fiducia da parte di chi lavora in teatro la conquisti giorno dopo giorno, “vivendo dentro”, andando a seguire ogni prova, girando spesso, dietro le quinte, dove c’è tanto lavoro, anche manuale e per questo non meno importante di quello artistico, parlando con tutti, nella consapevolezza che una produzione teatrale nasce dal contributo di tutti e dall’importanza del “fare squadra”.

La musica classica sta ripartendo. Quale sarà, secondo lei, il futuro dei Teatri in particolar modo quelli di tradizione?

«Sono strumenti importantissimi per la diffusione della cultura.  Oltre ad essere dei veri e propri gioielli architettonici svolgono un ruolo fondamentale per promuovere e coordinare le attività musicali nel territorio e delle rispettive Province. L’attività di produzione deve essere sicuramente incentrata sulla lirica, anche se bisognerà mettere in campo nuove sinergie e strategie di mercato per favorire nuovo pubblico e di conseguenza incentivare il turismo. Possono essere un’ottima palestra per i giovani artisti, sia cantanti che direttori d’orchestra che registi, insomma la loro esistenza è indubbiamente indispensabile».

Se potesse tornare indietro cosa non rifarebbe?

«Ogni progetto mi ha comunque portato un grande arricchimento. Anche i problemi che ho dovuto affrontare hanno rappresentato un momento di crescita nella mia attività professionale. Col passare degli anni, come penso succeda a tutti, ho capito che si possono ottenere migliori risultati più con la diplomazia e il “self control” che con l’impulsività».

E cosa assolutamente rifarebbe?

«Il Progetto Opera Laboratorio per i giovani cantanti che a Piacenza dal 2013, con la direzione didattica di Leo Nucci, è stato e continua ad essere fucina di tanti talenti. Rappresenta la sintesi di tanti altri progetti che mi hanno vista coinvolta nel corso della mia professione, sempre nel segno della formazione e dell’attenzione ai giovani. Sappiamo bene come tra percorso di studi e professione manchi un passaggio fondamentale da coltivare ed accrescere. Possiamo definirlo master di formazione, o stage: un approfondimento che ogni giovane artista dovrebbe poter affrontare prima di misurarsi su un palcoscenico importante. I giovani vanno inseriti nel mondo dello spettacolo con gradualità e attenzione, per non bruciarli e non mandarli allo sbaraglio magari per sola opportunità economica».

Quali sono i compositori che maggiormente hanno segnato i suoi gusti musicali?

«Sicuramente, nata e cresciuta in terra verdiana, Giuseppe Verdi, ma soprattutto quella generazione di compositori italiani attivi nel periodo in cui è stato creato lo stile verista come Alfredo Catalani, Pietro Mascagni, Umberto Giordano e sicuramente Giacomo Puccini: in suo onore, del resto, mio figlio si chiama Giacomo».

Chi è. Musicista, organizzatrice teatrale e musicale, vive a Parma dove, dopo la maturità classica, frequenta la facoltà di Giurisprudenza. Compie gli studi musicali diplomandosi in Pianoforte al Conservatorio Giuseppe Nicolini di Piacenza e successivamente in canto, ramo didattico, al Conservatorio Arrigo Boito di Parma. È direttore artistico del Teatro Municipale di Piacenza dal 2012. Sotto la sua direzione, con la massima attenzione alla qualità artistica nel rispetto delle risorse a disposizione, il Teatro vede un forte incremento della produttività e un considerevole aumento di pubblico e di abbonati. Promuove e sigla sin da subito coproduzioni nazionali ed internazionali con altri Teatri e Festival portando così il nome di Piacenza e del suo teatro anche fuori dai confini regionali. Dal 2012 al 2016 è consulente artistico del Concorso Internazionale di canto “Voci Verdiane” di Busseto di cui è stato presidente onorario a vita Carlo Bergonzi. È stata primo direttore artistico donna in Italia di una fondazione lirico sinfonica, al Teatro Carlo Felice di Genova dal 2007 al 2009 dove, oltre alla programmazione delle stagioni, ha promosso e seguito il progetto “Laboratorio Lirica Junior” per giovani cantanti.

 

Grazia Lissi, fotografa e giornalista, inizia a lavorare a Parigi, effettuando reportage e ritratti di personaggi, attori, scrittori, artisti. Sue le foto del libro Diario di bordo di Vasco Rossi (Mondadori). Ha realizzato la mostra fotografica e il volume L’ora della luce. La preghiera dei monaci (Ancora). Con il biblista Bruno Maggioni ha pubblicato il libro Solo il necessario. Per Longanesi ha pubblicato Il coraggio di restare. Storie di imprenditori italiani che ancora scommettono sul nostro Paese, vincitore premio Circolo dei Lettori al Premio Biella Letteratura Industria 2016. Collabora con diversi periodici e con Qn-Il Giorno, Treccani Atlante, ilsole24ore.com. È nata a Como dove vive.

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