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25 Ago

Artista della Settimana. Duo Rotondi-Cicchelli

Margherita Rotondi e Vincenzo Cicchelli sono due giovani artisti pugliesi, un mezzosoprano e un pianista, con una bella e intelligente carriera alle spalle e come duo Rotondi-Cicchelli danno il massimo di sé. E dopo molti anni e numerosi concerti fatti insieme, hanno deciso di lanciare nell’estate 2022 il loro primo lavoro discografico prodotto dall’etichetta Dodicilune e registrato proprio nella dimora storica di Palazzo Pesce a Mola di Bari di cui Margherita è direttore artistico degli eventi culturali e musicali. Il cd si intitola Canzoni di un lungo viaggio propone un “volo” intercontinentale che parte da Parigi, con le affascinanti e malinconiche melodie degli chansonniers, fa poi scalo in Sud America, per muoversi lentamente ai ritmi latini di rumba o tango e atterrare infine a Broadway, con le sue commedie musicali dal carattere brillante, ma non prive di venature sentimentali. «Alcune canzoni hanno il potere di restare impresse nella nostra memoria e riportarci alla mente ricordi indelebili», raccontano gli artisti nelle note di copertina. 
La loro storia inizia nel 2008 tra le aule del Conservatorio di Bari e da lì scocca la scintilla. Costanza, passione e ricerca contraddistinguono il loro cammino. Infatti da studenti, oltre a portare avanti un proprio percorso personale di perfezionamento, hanno approfondito insieme il repertorio liederistico, frequentando corsi invernali presso l’Accademia di Musica di Pinerolo masterclass estive a Bardonecchia, sotto lo sguardo prestigioso del Maestro Erik Battaglia. Poi, si sono lanciati.

(V) «Esatto. Con il Maestro Battaglia abbiamo approfondito un po’ di repertorio solistico e comunque, stando qui in Puglia, c’era capitato spesso di fare concerti insieme. Poi, poco a poco, abbiamo provato a spingerci un po’ fuori dalla regione e a proporci in giro».

Non è facile rimanere uniti e avere la stessa visione musicale ma dopo quattordici anni è finalmente arrivato il vostro primo disco.
(M) «Dopo tanti concerti fatti insieme, questo cd nasce proprio come una pietra miliare perché, appunto, quando ci veniva chiesto di esibirci in recital questi erano i punti di riferimento per poter metter su un programma. E siccome Vincenzo è bravissimo nell’individuare il filo conduttore e nella ricerca di chicche musicali (è anche un po’ un topo da biblioteca), la nostra sinergia si è davvero consolidata nel tempo. E poi l’idea del cd è proprio nata perché dopo tutti questi anni insieme ci siamo detti Vabbè, ma perché non lasciare un segno? e, in realtà, speriamo che questo possa essere il primo di una lunga serie di progetti che abbiamo in cantiere e che stanno già prendendo forma».

Negli oltre dieci anni di esperienza concertistica avete affrontato un repertorio ampio e variegato, dall’opera ai folk-songs, dalla musica sacra alla canzone napoletana. Ma questo cd parla di cinema.
(M) «Diciamo che la scelta di questi brani è nata per creare qualcosa che fosse di facile ascolto senza però rinunciare alla qualità e allaltezza artistica degli autori trattatiQuesto è stato sin da subito uno dei nostri programmi più richiesti e solo dopo averlo fatto nostro ce la siamo sentita di lasciare la traccia. Era veramente un giusto equilibrio tra l’essere molto conosciuto senza però venir meno a un discorso di grande levatura musicale».

Margherita Rotondi (Foto – Silvia Meo)

Quando è stato concepito il programma?
(V) «Il programma di preciso è nato due anni fa, nel settembre del 2021, e tra l’altro a me piace sempre ricordare che la prima esecuzione è stata particolarmente difficile perché eravamo all’aperto e ci siamo ritrovati pure con un grandissimo maestrale. Diciamo che il suo battesimo è stata una bella avventura! Ma è un programma che abbiamo eseguito molte volte, avendo avuto modo di vedere che ogni volta piace perché, come diceva Margherita, è davvero un punto in comune fra brani molto conosciuti e un approccio classico, dal punto di vista musicale intendo».

A parte il cinema, c’è qualche altro filo che lega questi quindici brani?
(V) «Un po il tema del viaggio. In realtà il tema del cinema è nato un po’ da solo, noi non ci avevamo pensato. Ci siamo resi conto nella scelta di questi brani che ognuno di questi era inserito in qualche pellicola e per questo era anche particolarmente celebre. Però all’inizio non avevamo pensato al fatto del cinema, abbiamo pensato solo a fare un percorso, un viaggio, appunto, con brani francesi nella prima parte, poi in lingua spagnola e di compositori sudamericani, per poi finire con gli Stati Uniti e cioè con i musical e brani tratti dalle colonne sonore di Hollywood. Direi che più che altro è il viaggio il tema che ha collegato un po tutti i brani, anche il tema del ricordo perché in molti dei brani si parla di ricordipiacevoli, spiacevoli, malinconici, che sono tutti collegati da un luogo, una persona, una situazione
(M) Un viaggio e forse lo definirei anche una colonna sonora, non solo legata al cinema ma alla vita stessa; sono brani che davvero hanno accompagnato l’esistenza di tutti, perlomeno delle ultime quattro o cinque generazioni, che sono stati molto presenti nella storia della musica internazionale».

Come avete gestito tra di voi la stesura del programma?
(M) «Sicuramente la prima cernita l’ha fatta Vincenzo e una delle caratteristiche era proprio quella di toccare più nazioni e lingue. Poi io ovviamente ho cercato di capire quello che fosse più in sintonia con il mio modo di essere e la mia vocalità, quindi siamo andati a sgrossare il vastissimo repertorio che Vincenzo aveva individuato per trovare proprio quei brani perfetti per noi due».

Vincenzo Cicchelli (Foto – Lino Paglionico)

Brani che sono fra i più iconici di quelli utilizzati dal grande schermo, la cui fama è stata amplificata dal successo dei film a cui appartengono. Li avete scelti perché sono quelli che amate di più o perché sono quelli che il pubblico ama di più?
(V) «Abbiamo scelto principalmente ciò che piaceva a noiNaturalmente sapevano che erano brani così celebri da piacere tanto anche al pubblico, probabilmente abbiamo scelto quelli che più piacciono a noi fra quelli che di certo piacciono al pubblico. Ecco, potremmo dire che c’è stato un incontro di gusti».
(M) «Sì e poi abbiamo dosato il posizionamento. È stato veramente studiato a tavolino come orchestrare e organizzare i brani. C‘è un piccolo crescendo già all’interno di ogni micro sezione e ogni ciclo è pensato con un inizio e una fine poi, in maniera relativa, tra di loro sono pensati sempre in quest’ottica perchébisogna pur strappare l’applauso, no? 
(V) C’è anche una simmetria all’interno delle due parti che compongono il programma, quando lo eseguiamo nella prima parte abbiamo pezzi francesi e sudamericani e nella seconda parte quelli in lingua inglese. E quindi c’è anche una proporzione che riguarda la quantità di brani in ogni lingua che rende poi bene anche l‘esecuzione dal vivo».

Quanto è importante la canzone d’autore nella colonna sonora? Riesce a vivere di vita propria oppure rimane sempre legata alla sua origine?
(M) «Assolutamente. Proprio perché i brani d’autore sono brani che sia dal punto di vista del testo che della musica sono di altissimo pregio, riescono a creare una storia o un piccolo film nella semplice durata del brano. In quei tre-quattro minuti si entra in un’atmosfera nuova che inizia, vive e finisce con il brano e quindi sì; noi come esecutori lo sentiamo e anche il pubblico riesce a percepirlo». 

Qual è il vostro approccio nell’interpretare queste canzoni?
(V) «Abbiamo dato un taglio classico, diciamo liederistico, cioè ci è piaciuto proprio cucirceli addosso e in particolare a me cucirli addosso alla vocalità di Margherita. Di molti brani abbiamo recuperato la tonalità originale, penso ad esempio a quelli di Gershwin che sono poi diventati degli standard jazz e sono stati eseguiti in mille modi. In realtà nascono nella tonalità precisa in cui noi li eseguiamo, tra l’altro Summertime nasce all’interno di un’opera proprio per una voce lirica. Quindi in alcuni versi e per alcuni brani abbiamo riportato l’esecuzione alle origini, a come sono state pensate dal compositore prima di avere i mille arrangiamenti nei mille stili che ci sono stati. Mentre nel caso degli altri brani, li abbiamo proprio risistemati, nel senso che anche la parte pianistica non è esattamente quella che si trova scritta sullo spartito ma io ho cercato un po’ di ricamare qualcosa, di cambiare qualche ritmo, qualche sfumatura, mantenendo sempre questo aspetto che potremmo appunto definire cameristico. Quasi come se stessimo eseguendo un Lied di Schubert, per dire, badando sempre all’equilibrio fra la voce e il pianoforte, le sonorità, il fraseggio, i crescendo da fare insieme, i respiri».

E come reagisce il pubblico con il tipo di vocalità, cioè una voce non pop?
(M) «Assolutamente entusiasta e in molte occasioni abbiamo avuto anche la standing ovation, soprattutto in situazioni più calde e più raccolte. Le persone si sono commosse, si sono alzate in piedi, perché comunque sono brani che portano emozioni e poi la voce lirica è una voce che arriva all’anima. Anche la voce più bella del pop, a causa della dell’amplificazione, risulta sempre un po finta e artefatta. Invece la voce lirica, proprio per come è strutturata e per la tecnica che viene utilizzata, sicuramente arriva e il pubblico clo restituisce».

Canoni di un lungo viaggio - copertina fronte e retro

Canoni di un lungo viaggio – copertina fronte e retro

Parliamo un attimo della registrazione. Perché la scelta di registrare in presa diretta presso la Sala Etrusca di Palazzo Pesce e non in studio? Forse avrebbe facilitato qualcosa.
(V) «Anche questo è dettato da una scelta stilistica perché ci piaceva proprio restituire anche all’ascoltatore del disco e non solo a quello del concerto l’impressione e la sensazione di un’esecuzione molto colloquiale, come se mettendo il disco noi due fossimo lì in salotto con lui ad eseguire in quel momento quei brani, mentre quando si esegue in stanze separate si sente che l’audio è stato modificato. 
(M) È stata una decisione fatta insieme all’etichetta proprio per dare un senso alla nostra scelta musicale sposata con il nostro duo ovvero Chissà quanta gente avrà registrato così questi brani? Noi abbiamo voluto dare questo taglio cameristico e abbiamo deciso questa registrazione audiofila proprio per mandare un messaggio chiaro e dare una personalissima interpretazione di questi brani. Diciamo che in studio avrebbe perso un po il senso la nostra operazione».

Concluderete il tour, finora tutto italiano, al festival En Clau de Sor, un piccolo e sofisticato festival a Maiorca, e so che siete molto attesi. Pensate di cambiare qualcosa al programma? Come intendete conquistare il pubblico?
(V) «Sì, abbiamo dato una particolare declinazione al programma scegliendo di togliere un brano da ogni gruppo e di aggiungere una piccola parte di quattro brani italiani proprio per portare un po di noi stessi nel posto in cui andiamo, dunque sarà leggermente variato rispetto al programma del disco. In tutti i posti dove l’abbiamo eseguito finora, qui in Italia e in Svizzera, l’abbiamo fatto così come nel disco ma per la Spagna abbiamo pensato a questa piccola parentesi italiana e napoletana: ci saranno due canzoni classiche italiane e due napoletane, proprio come omaggio alla nostra terra».

E perché questi brani italiani non ce l’hanno fatta ad entrare nel disco?
(M) «Perché abbiamo in mente di fare Canzoni di un lungo viaggio – volume II” e lì assolutamente ci saranno!»

Siamo quasi alla fine della nostra chiacchierata, vi faccio una domanda a bruciapelo…qual è il vostro brano preferito del cd? 
(M) «Vincenzo vai». (risata nervosa)
(V) «È molto complicato, ma dico Over the Rainbow, che è il brano che facciamo come bis quando suoniamoo dal vivo eè appunto l’ultimo brano del cd, perché è una melodia bellissima e porta con sé un messaggio di speranza. Davvero è un modo di sognare una serenità e di augurarla anche a chi ci ascolta sul finire del concerto».
Margherita?
(M) «Penso di averne due, uno è Les feuilles mortes perché mi commuove sempre e amo moltissimo le note e il testo, poi Youkali perché è forse tra i brani più fedeli alla dimensione cameristica e comunque è di un grande autore e, lo stesso qui, sia il testo che la musica per me sono molto fortiQuando li canto devo sempre stare un po’ attenta a non emozionarmi troppo ma di cercare di restituire al pubblico lemozione che mi danno questi brani».

Vincenzo Cicchelli e Margherita Rotondi (Foto – Silvia Meo)

E ora un più cattivella, il brano che vi piace di meno? 
(li colgo un po’ all’improvviso, c’è silenzio per qualche secondo)
(V) «Vediamo un po’, se dovessi eliminarne uno forse sarebbe Douce France perché è un po’ più infantile, è una canzoncinaun ricordo d’infanziaComunque mi piace.»
(M) «Però ci siamo resi conto che questo è tra i pochi programmi dove ogni brano chiama l’altro e diciamo Non vedo l’ora di fare questo, non vedo l’ora di fare quest’altro! Ci piacciono tutti ed è veramente una goduria andare avanti nel programma, mentre capita spesso che nei programmi operistici qualche pezzo dia un po troppe preoccupazioni o non piaccia qui è veramente come le ciliegie: una chiama l’altra!».

Il vostro lungo viaggio non può finire qui: quali sono i progetti a breve e a lungo termine del duo Rotondi-Cicchelli?
(M) «Ci sono più cose in cantiere, innanzitutto il nostro lungo viaggio non finisce quest’anno, nel senso che abbiamo altre date l’anno prossimo e speriamo che in realtà ci accompagni sempre. E poi abbiamo in cantiere vari programmi, uno che già stiamo portando in giro che si chiama “In tono popolare” che ha la caratteristica di presentare dei brani rigorosamente cameristici – questa volta composti da grandi autori come Brahms, Mahler, Ravel, Britten – accomunati proprio da un testo o da una melodia di natura folkpopolare. E quindi attraversiamo moltissimi stati e lingue: in polacco con Chopin, in russo con Stravinsky e anche i vari dialetti italiani come il genovese, romanesco, napoletano o il veneziano…E poi c’è “Canzoni di un lungo viaggio” parte due».
(V) «Abbiamo anche eseguito l’anno scorso un programma natalizio che riprenderemo quest’anno e che include alcuni celebri brani tradizionali, quelli conosciutissimi come Stille Nacht e White Christmas, uniti ad alcune pagine più ricercate come un Lied di Grieg oppure un brano trascritto da Brittenun brano in catalano e altri arrangiamenti particolari. E quindi anche in questo programma abbiamo accostato ai grandi pezzi che tutti conoscono qualche pagina più ricercata. Abbiamo avuto modo di sperimentarlo e al pubblico piace e c’è sempre chi dice Ah che bello, questo pezzo non lo conoscevo! ed è una sensazione davvero speciale».

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