Vi sarà capitato di visitare tra il maggio e l’ottobre 2015 l’Expo tenutosi a Milano. A troneggiare nell’area espositiva situata a ridosso della periferia della città c’era (e ancora lo si può vedere illuminato prendendo l’autostrada verso Varese-Como) l’Albero della vita. Una struttura ideata da Marco Balich (direttore artistico del Padiglione Italia), progettata dallo studio Giòforma, finanziata e realizzata dal Consorzio Orgoglio Brescia. Si valuta che lo spettacolo di luci e musica, che a orari fissi, rendeva “vivo” l’Albero sia stato visto da 14 milioni di persone. Un numero incredibile, che ci fa capire che per quell’evento altrettanti spettatori hanno ascoltato le musiche scritte da Roberto Cacciapaglia apposta per lo spettacolo. Compositore e pianista milanese tra i più conosciuti e apprezzati in tutto il mondo, si è diplomato al Conservatorio di Milano, e ha collaborato, fin dai primi anni ’70, con le maggiori istituzioni musicali mondiali e artisti quali Franco Battiato e Giuni Russo, gruppi come Popol Vuh, Tangerine Dream, divenendo con il tempo uno dei maggiori esponenti del nuovo pianismo contemporaneo.
Al suo attivo ha la registrazione di parecchi dischi, musiche per il cinema e teatro, e pubblicità televisive. Il suo stile compositivo integra tradizione classica e sperimentazione elettronica, conducendo da tempo una ricerca sui poteri del suono, nella direzione di una musica senza confini che si esprime attraverso un contatto emozionale profondo. uno dei dischi manifesto della sua “poetica sonora” è certamente “Quarto Tempo”, che proprio nelle ultime settimane dell’anno scorso è stato riedito per festeggiare i 10 anni dalla pubblicazione. Nella nuova versione (deluxe in 2 cd) si può trovare il disco originale (suonato dallo stesso Cacciapaglia insieme alla Royal Philharmonic Orchestra) e un secondo cd con gli stessi brani interpretati per pianoforte solo, con in più la versione inedita di “The Boy who Dreamed Aeroplanes”.
In concomitanza con l’uscita di questa nuova versione di “Quarto Tempo”, Cacciapaglia il 6 marzo intraprenderà un tour che toccherà diverse città italiane e estere, e pubblicherà in autunno il suo nuovo lavoro in studio. Prendendo spunto da queste numerose novità, abbiamo contattato il compositore e pianista italiano per sottoporgli alcune domande.
Quale è il motivo che l’ha portato a ripubblicare, anche in una versione ampliata, Quarto tempo? E quanto è stato importante per la sua carriera?
“Quarto Tempo” è stato il mio primo lavoro realizzato con la Royal Philharmonic Orchestra nel 2007 a Londra. A seguire, con la Royal Philharmonic Orchestra, ho realizzato altri quattro CD, ma questo è stato il primo e lo considero un momento importante che ha segnato una svolta nella mia carriera. Avevo già in mente di realizzare una versione pianistica, cioè microcosmica rispetto al macrocosmo di quella con l’orchestra, e adesso, dopo dieci anni, sono tornato a Londra agli Abbey Road Studios con Andrew Walter, l’ingegnere del suono che ha lavorato con Rostropovich, Maria Callas, U2, The Beatles, Roger Waters, John Williams, e abbiamo lavorato senza utilizzare manipolazioni, senza equalizzazioni né altri processi artificiali. Il pianoforte è stato registrato con 18 microfoni e nel missaggio abbiamo cercato di ottenere un suono più puro e naturale possibile. Quindi ora il lavoro è completo: due CD, il primo per pianoforte e orchestra, il secondo per pianoforte solo.
Nei prossimi mesi pubblicherà un nuovo disco, ci può anticipare qualche notizia su di esso?
In questo tour che hanno definito “Piano Mondiale”, perché tocco vari stati e continenti, farò due brani del nuovo lavoro di cui uscirà un singolo in maggio seguito poi dal CD in settembre. Posso dire che è una conseguenza di quello che stiamo facendo oggi, in concerto utilizziamo dei software che lavorano con una tecnologia “naturale”, sull’essenza del Suono, quindi nel rispetto della natura del suono. C’è un incontro tra natura – quindi acustica – e tecnologia, che in questo caso non sono in antitesi ma anzi vanno a braccetto, e questa è una bella indicazione anche per il futuro, non solo della musica. Questi suoni sono come dei raggi che partono e portano alla luce quelle componenti sonore che di solito non sono udibili a orecchio umano, quei suoni armonici che Pitagora definiva essenza dell’Universo. Il percorso della propagazione del suono nello spazio, il processo delle onde sonore, che sono come delle autostrade energetiche che ci permettono di comunicare, lo possiamo seguire per un certo tratto, ma in realtà vanno avanti all’infinito. E questo ci sarà anche nel prossimo lavoro, fa parte della ricerca che sto facendo da qualche anno e che continueremo. Ci saranno alcune sorprese ma preferirei non anticiparle oggi.
La ripubblicazione di Quarto tempo ha qualche legame con la nuova produzione?
Certamente c’è un legame tra “Quarto Tempo” e il mio prossimo lavoro. E forse è anche per questo che ho deciso di celebrare il decimo anniversario del disco con la Royal Philharmonic Orchestra, perché esso è stato importante per l’aspetto della “presenza” nel suono. Oggi si parla molto di mindfulness, nell’atto di comporre e anche di suonare, e “Quarto Tempo” è stato il manifesto di questo principio: durante l’esecuzione pianistica il dito schiaccia il tasto, il tasto mette in azione il martelletto, il martelletto batte sulla corda e la corda fa partire una vibrazione. Vibrazione che va a colpire l’ascoltatore. Se questo processo è fatto con “presenza”, le vibrazioni sono ricche di un contenuto che, come una freccia, tocca e risuona uguale sia nell’interprete sia nell’ascoltatore.
Lei sta partendo per un nuovo tour in Italia e nel resto del mondo, che rapporto riesce a instaurare tra la sua musica e il pubblico italiano e straniero? Ed è differente?
“Quarto Tempo – Celebration Tour 2018″ mi entusiasma perché attraverserò vari continenti, entrando in contatto con pubblici molto diversi per clima, per età, per storia, per tradizione, per tutto. Però devo dire che la cosa interessante è che quello che trovo in questo contatto col pubblico, per esempio a Mosca ormai è il quinto anno che torno e quindi li conosco molto bene, è il desiderio di avere con la musica un rapporto profondo, che passa attraverso l’emozione; e che vede nella musica una porta, un contatto con qualcosa al di là, che magari difficilmente riusciamo a contattare in questa vita contemporanea un po’ caotica, dove si vive in superficie. Io a volte dico che è uno sguardo, oppure potrei dire un ascolto, un rito musicale, che è uguale in tutto il mondo e che ha questo di caratteristico: sono tutte persone che vanno in una direzione, che vogliono andare verso la musica con una serietà e con un’attitudine di entusiasmo e di consapevolezza.
Come viene accolta all’estero questo tipo di musica, a volte osteggiata nell’ambiente della musica classica, ma anche a volte snobbata dal mondo della popular music?
È una domanda molto interessante, grazie. Penso che le persone che vengono ai miei concerti arrivino da tanti territori musicali diversi, ma sicuramente hanno un’attitudine molto libera nei riguardi della musica; persone che si sono lasciate alle spalle divisioni e conflitti. È un pubblico che penso rappresenti la nostra condizione di oggi, un’epoca in cui, grazie anche alla comunicazione totale, riusciamo a utilizzare influenze di molti tipi. La musica è un’arte libera perché non detta condizioni, è spazio puro. È inutile volerla costringere in una gabbia o volerla sottomettere a ideologie o a una presunta giustizia, invece può essere un terreno di grande scambio e di libertà di espressione. Soprattutto e ovunque c’è l’idea che la musica possa essere un mezzo di evoluzione e non fine a se stessa, per cui benvenuti tutti!
Per chi volesse ascoltare Cacciapaglia dal vivo, segnaliamo che il tour inizierà il 6 marzo da Bolzano, per poi proseguire a Roma (13 marzo), Bologna (16 marzo), Milano (17 marzo), Verona (19 marzo), Torino (20 marzo) e Fasano (13 aprile); per spostarsi poi all’estero con le date di New York, San Francisco, Los Angeles, Toronto, e in Cina nel mese di agosto.
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