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22 Gen

L’astrattismo spirituale di Paul Klee in mostra al Mudec di Milano

Una retrospettiva a cura di Michele Dantini e Raffaella Resch indaga la profonda spiritualità del pittore elvetico, esponente di un astrattismo alternativo a Kandinsky e al Bauhaus. Fino al 3 marzo 2019, al Mudec di Milano.

MILANO. Propugnatore di un personalissimo astrattismo di matrice spirituale, l’elvetico Paul Klee (1879-1940), a differenza degli avanguardisti storici, quali Picasso, Modigliani, Ray, Matisse, che trassero interesse dall’arte primitiva africana e asiatica, rimase affascinato da quella paleocristiana che scoprì nel corso di un viaggio a Roma nei primi anni del Novecento; non si tratta, come nel caso di quella africana, di un’arte che esprime la spiritualità con serenità e relativa spensieratezza: nel caso dell’arte paleocrisitiana si trattava di esprimere il proprio credo in clandestinità, con il pericolo delle persecuzioni e della condanna a morte, almeno fino all’esistenza dell’Impero Romano.

Ma quella vocazione al martirio rimase nell’arte paleocristiana ancora per diversi secoli.

Paul Klee, Sommo guardiano, 1940, @Image archive Zentrum Paul Klee

Dalla sua conoscenza, Klee sviluppò anche l’interesse per l’arte sacra in genere; in fondo, ritiene, alla base della creatività espressiva di ogni popolo sta la necessità di rappresentare la divinità, il suo rapporto con l’umanità, e l’armonia del cosmo a cui sovrintende.

Un approccio profondamente spirituale, che lo stesso Klee spiegava con queste parole: «Non appartengo solo a questa vita, perché io vivo bene con i morti, come con i non nati, più vicino di altri al cuore della Creazione, ma sempre troppo lontano». A ispirargli questi scuri pensieri, la sclerodermia da cui era affetto, e che ne causerà la morta prematura nel 1940, e darà alla sua vita un tono sempre precario, nell’attesa di una morte disgraziatamente non troppo lontana. In mezzo a questa sofferenza quotidiana, il suo talento artistico non venne mai meno, anzi l’universo fantastico, antropologico e stilistico dell’arte primitiva ispirò a Klee un dinamismo compositivo che conferisce alle sue tele un’atmosfera teatrale. Infatti, uno dei concetti centrali del suo pensiero artistico è la tragicommedia dell’esistenza umana, un po’ come nel teatro del contemporaneo Bertolt Brecht, dovuto alla scissione della mente dal corpo; da un lato si trova l’intelletto, che cerca di raggiungere altezze incommensurabili; dall’altra il corpo, che la forza di gravità àncora irrimediabilmente al suolo. Per Klee, il contrasto fra la situazione di fatto e l’utopia è stato il punto di partenza per riflettere su cosa significhi essere un artista.

Paul Klee, Senza titolo, 1939, @Image archive Zentrum Paul-Klee

Con gli anni Dieci, amplia il suo immaginario aggiungendovi ideogrammi, rune o elementi “alfabetici” da lui inventati, nel tentativo (riuscito) di condurre l’osservatore all’interno della difficile dinamica fra immagine e linguaggio, di spronarlo, come nella maieutica socratica, a interrogarsi sul senso di ciò che vede, a scorgervi la costante presenza del sacro in comunione con la dimensione terrena. In questo senso, l’arte bizantina fu per Klee una fonte importante d’ispirazione, così come quella rinascimentale tedesca, assai meno magniloquente di quella italiana, ma, grazie all’influenza di Lutero, assai più rigorosa e congiunta al concetto di “rivelazione”.

La pittura di Klee non si esaurisce nel semplice esercizio di stile, bensì sviluppa una profonda riflessione sulla condizione dell’essere umano, e per questo ricorda da vicino anche la narrativa di Hermann Hesse, che al lato spirituale affiancava anche una certa indagine dell’onirico. Il suo universo visivo è costantemente imperniato sull’astrattismo, e alterna paesaggi urbani a paesaggi naturali, plastiche raffigurazioni della figura umana e oniriche composizioni geometriche; sempre, sullo sfondo di queste opere, si percepisce il rapporto indissolubile fra pittura e musica, immagini e parole. Appassionato di musica, al punto da far parte  dell’Orchestra di Berna, Klee seppe conferire alle sue pitture un andamento polifonico, sia per la molteplicità dei richiami concettuali, sia per la giustapposizione cromatica che rimanda al dinamismo dei ritmi delle partiture.

L’intero suo percorso artistico è votato alla ricerca di una “barriera” contro l’avanzare della modernità, della civiltà tecnologica, e soprattutto del nazionalismo che avrebbe causato all’Europa due guerre nell’arco di venti anni. E principalmente Klee difese strenuamente l’importanza dell’intuizione, della libera associazione di pensieri; infatti, pur frequentando l’ambiente del Bauhaus, la sua visione artistica divergeva profondamente da quella di Gropius e Meyer, i quali enfatizzavano la stretta connessione fra arte e tecnologia, con la prima che doveva essere specchio della seconda. Klee, invece, rivendicava l’assoluta indipendenza dell’arte, e fu sempre capace di esprimere una poetica profonda, cui soltanto la morte prematura ha impedito di vedere il secondo Novecento, e di arricchire ulteriormente la storia dell’arte con le sue avventure nel mondo della spiritualità.

(In copertina: Paul Klee, L’occhio, 1938 @Image archive Zentrum Paul Klee)

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