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23 Lug

Abigaille: Tout est comme du papier mâché

Ad Arezzo è un privilegio essere ammessi  a casa sua e non perché sia una snob ma perché è una signora  riservata, un po’ scontrosa, refrattaria al cicaleccio che anima la vita di società in provincia. Io  sono una delle privilegiate, vanto un’amicizia con lei e suo marito Carlo che si è rafforzata negli anni, da parte mia rinvigorita anche dal loro amore per la mia terra, i colori e i profumi del Sud, il sole amato e rincorso per tutto l’anno e preso con consapevole incoscienza. Maria Grazia, con la bellezza odierna che è la conferma della gran bellezza che è stata, è la custode della sua incredibile casa nel cuore di Arezzo, all’ultimo piano di un palazzo secentesco dal quale si può godere la vista ravvicinata del campanile ottagonale della Badia. Uno degli scorci più belli della città, nella strada più aristocratica.

Maria Grazia per quasi trenta anni  è stata “Abigaille”, un nome importante nella moda. Oggi è la signora della cartapesta. Amo questo materiale, la sua storia millenaria e la sua essenza polimaterica, il provenire essa da carta o stracci e il diventare commovente testimonianza di fede popolare o interessante sperimentazione di grandi Maestri. Da Vasari ho imparato che la “carta pista” trovò una prima vita artistica a Siena grazie a Jacopo della Quercia, per avere una definitiva consacrazione con Jacopo Sansovino. Avete presente la Madonna in cartapesta del Bargello? Insomma, ne ho una percezione da storica dell’arte. Perciò mi affascina l’immagine che ne ha creato Maria Grazia che – con l’istinto infallibile della donna di moda – l’ha saputa reinventare ed elaborare in bestiari ed erbari lussureggianti.

“Disegnavo ancora le mie collezioni quando acquistai alla Fiera Antiquaria di Arezzo due libricini in francese che spiegavano la tecnica del  papier mâché – mi dice lei illuminandosi tutta. Sai, ho studiato fino ai 18 anni all’istituto d’arte e poi subito al lavoro come stilista. Il professor Tenti voleva che continuassi per dipingere, ma avevo voglia e bisogno di lavorare e pareva che tutti volessero le mie creazioni di moda. Poi ho voluto una mia azienda, Abigaille, che mi ha assorbita ancora di più. Solo dopo, con la cessazione dell’attività, ho recuperato i due libriccini e, quasi per gioco, ho fatto i miei primi lavori, appunto giochi per i nipoti. Fu una rivelazione, piacquero tanto e soprattutto piacque a me impiastricciarmi le mani con acqua, colla e giornali, dare forma alla carta, seccarla e infine dipingerla. Così, grazie alla cartapesta, ho finalmente realizzato il mio sogno di gioventù, quello di dipingere, e ho dato vita a sculture dai colori sempre più sgargianti.”

In effetti, gli ultimi lavori che mi fa vedere, collocati tra le trouvailles e gli oggetti preziosi che si mescolano con sapienza nelle stanze e sul terrazzo della sua casa, sono un inno al colore e alla luce.

“Amo profondamente il colore, quello che è nei paesaggi mediterranei che frequento e quello che mi ha incantata nei Paesi dove ho molto viaggiato, soprattutto  Cuba e Messico. Una suggestione che si sposa bene con la mia ispirazione attuale, fatta di fiori, uccelli, insetti e rospi. Ultimamente anche di pesci. Ti piace il mio ultimo lavoro? Si chiama Mammapesce. Ma sono pronta per i visi e le figure, non vedo l’ora. Perciò torna fra qualche mese.”

Mentre parliamo Roberto, il fotografo, gira incantato per casa, afferra galli e galline di cartapesta  dalla livrea arcobaleno e non si capacita della durezza del materiale. Cerchiamo di farle qualche foto con le sue opere ma è dura, giusto un paio di scatti. Ancor peggio farla parlare della tecnica che sta alla base delle sue sculture. “All’inizio ho seguito le istruzioni dei miei libriccini in francese – mi spiega – ma ben presto ho trovato una mia strada anche tecnica, ora so cosa fare per creare sculture stabili di grosse dimensioni o foglie duttili come se fossero vive.”

Non c’è stato verso di saperne di più, ora è “Maria Grazia per Abigaille”, la scultrice che usa la cartapesta e che vuole mantenere vivo il nome della sua creatura di moda. Un nome preso a prestito da nonna Abigaille che invece se ne vergognava e si faceva chiamare Bille, ma che la nipote ha caparbiamente voluto imporre nel mondo della creatività.

 

Foto di Camera Chiara

(Per altre informazioni scrivere a pr@pressroom.cloud)

1Commento
  • Paola corda

    Il tutto sinonimo di bellezza e raffinatezza, complimenti

    29/11/2020 at 18:34 Rispondi

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