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5 Ott

Anita.

Non vorresti mai smettere di parlare, scambiare opinioni con Anita Rachvelishvili e, alla fine dell’intervista la senti un’amica, non un personaggio. Un’intelligenza interpretativa straordinaria, una modernità nell’accostarsi ai diversi ruoli, una gamma di sfumature e colori nella voce, l’artista georgiana è considerata fra i migliori mezzosoprani al mondo, la migliore in assoluto verdiana. Anita Rachvelishvili è Amneris in “Aida” in forma di concerto al Teatro alla Scala da stasera 6 ottobre (repliche 9, 12, 15, 19); con lei Saioa Hernández, Francesco Meli, Enkhbat Amartuvshin, sul podio il Maestro Riccardo Chailly. Simpatica e autentica la cantante di Tblisi si racconta.

Bambina come si sarebbe immaginata da grande?

«Giudice, ne ero proprio sicura. Adoravo i film con protagonisti avvocati, ero molto interessata alla legge, al diritto. Così mi sono iscritta alla facoltà di giurisprudenza e l’ho frequentata per un anno»

E poi cos’è successo?

«Una sera un amico di mio padre, dopo avermi ascoltato in una canzone di Whitney Houston, mi ha detto che la mia voce era adatta alla lirica. Decisi di fare un’audizione con un professore del Conservatorio, lui confermò le mie capacità e mi suggerì di studiare con un’insegnante privata per preparami all’esame di ammissione in Conservatorio, avevo 18 anni».

Quando ha capito di avere una bella voce e deciso di farne una professione?

«L’ho sempre saputo, a quattro anni cantavo in famiglia, a sei inventavo canzoni personalissime che cantavo accompagnandomi al pianoforte; mi è anche sempre piaciuto esibirmi in brani di cantanti jazz e soul. Quando sono entrata in Conservatorio ho subito capito che il canto sarebbe stata la mia professione».

Cosa crede di aver ricevuto dalla Georgia, e dall’Italia?

«La Georgia è la mia casa, lì ci sono gli affetti più cari, la mia famiglia.  Nel mio Paese, ho imparato il valore della cultura, delle tradizioni, della famiglia, ad amare la mia Patria e il mio popolo. Mi ha trasmesso il senso dell’umiltà, la capacità di rimanere sempre con i piedi per terra senza dimenticare da dove provengo, le tante difficoltà che la mia gente ha dovuto attraversare. L’Italia è un grande amore, la mia seconda casa: tutto ciò che oggi possiedo lo devo alle mie esperienze qui e alla generosità di tutti voi che mi seguite. In Italia mi sento completa».

Quest’anno ha debuttato al Festival Verdi di Parma. Come si è trovata nella città del compositore?

«Benissimo, è  magnifica. Sono rimasta stupita dalla grande passione per l’opera che si avverte in ogni strada, ogni persona che s’incontra durante il festival. Sono stata molto felice di essere riuscita a collaborare con il Regio, spero di poter ritornare presto».

Fra gli autori che interpreta quali sente più vicino alla sua personalità?

«E’ difficile dirlo. Tutto ciò che decido di cantare è nel mio cuore!»

In quale ruolo si riconosce maggiormente?

«Metto una parte di me stessa in ogni ruolo, impossibile rispondere a questa domanda».

Quale vorrebbe interpretare e non è ancora riuscita?

«Charlotte nel “Werther” di Massenet. Era previsto a maggio al Teatro Nazionale di Atene ma poi è saltato per l’emergenza sanitaria, adesso stiamo cercando di trovare una nuova data».

E’ sposata con Oto Maisuradze, come vi siete conosciuti?

«Su Facebook avevamo amici in comune e siamo entrati in contatto. Un giorno lui mi ha mandato un messaggio su Messenger e abbiamo iniziato una lunga corrispondenza durata tre mesi, lui era in Georgia, io ad Amsterdam finché ci siamo finalmente incontrati. Siamo felicemente sposati da quattro anni».

Brava, bella, di successo. Le è rimasto un sogno?

«Vorrei avere dei figli, ci mancano, speriamo arrivino presto».

 

Chi è.  Anita Rachvelishvili è nata a Tbilisi, la capitale della Georgia. Ha studiato pianoforte e canto al Conservatorio della sua città, ottenendo anche una borsa di studio dal presidente della Georgia, Mikheil Saakashvili, e il Premio Paata Burchuladze. Ancora studentessa ha debuttato all’Opera di Tbilisi come Maddalena in Rigoletto e Olga in Evgenij Onegin, entrando poi a far parte dell’ensemble del teatro. Nel 2007 è stata invitata a partecipare all’Accademia del Teatro Alla Scala, lì è stata ascoltata da Daniel Barenboim che l’ha poi invitata a cantare nella nuova produzione di Carmen che ha aperto la stagione 2009/2010 della Scala. Da allora è iniziata una strepitosa carriera internazionale che l’ha portata a diventare una delle interpreti di riferimento dell’opera di Bizet. Tra gli altri suoi ruoli, la Principessa di Bouillon in Adriana Lecouvreur, Isabella in L’Italiana in Algeri, Orfeo in Orfeo ed Euridice di Gluck, Lyubasha ne La sposa dello zar, Amneris in Aida, Azucena ne Il Trovatore, Konchakovna in Prince Igor di Borodin, Santuzza in Cavalleria rusticana.

 

Grazia Lissi, fotografa e giornalista, inizia a lavorare a Parigi, effettuando reportage e ritratti di personaggi, attori, scrittori, artisti. Sue le foto del libro Diario di bordo di Vasco Rossi (Mondadori). Ha realizzato la mostra fotografica e il volume L’ora della luce. La preghiera dei monaci (Ancora). Con il biblista Bruno Maggioni ha pubblicato il libro Solo il necessario. Per Longanesi ha pubblicato Il coraggio di restare. Storie di imprenditori italiani che ancora scommettono sul nostro Paese, vincitore premio Circolo dei Lettori al Premio Biella Letteratura Industria 2016. Collabora con diversi periodici e con Qn-Il Giorno, Treccani Atlante, ilsole24ore.com. È nata a Como dove vive.

 

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